Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 10723 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 10723 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 23/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso 10380-2020 proposto da:
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ope legis dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia in ROMA, alla INDIRIZZO
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 3325/2019 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 10/10/2019 R.G.N. 743/2017; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
05/03/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME.
RILEVATO CHE
Oggetto
MANSIONI PUBBLICO IMPIEGO
R.G.N.10380/2020
COGNOME
Rep.
Ud.05/03/2025
CC
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con sentenza del 10 ottobre 2019, la Corte d’Appello di Roma confermava la decisione resa dal Tribunale di Roma e rigettava la domanda proposta da NOME COGNOME nei confronti del Ministero dell’Economia e delle Finanze, avente ad oggetto il riconoscime nto del diritto dell’istante alla ricostruzione della carriera ed al conseguimento della posizione economica denominata C Super, introdotta dal CCNL per il comparto Ministeri per il quadriennio 1998/2001 con condanna del Ministero alla corresponsione delle relative differenze retributive e al risarcimento del danno;
NOME COGNOME, dipendente dell’ente Poste italiane transitato nei ruoli del MEF, aveva ottenuto in sede giudiziale il riconoscimento del diritto ad essere inquadrato nella 7ª qualifica funzionale, corrispondente all’area C, posizione economica C1 ed aveva successivamente agito, facendo leva sul precedente giudicato, formulando le domande sopra indicate perché, a suo dire, il punteggio da riconoscere per il titolo di studio e per l’anzianità di servizio, gli avrebbe consentito di collocarsi in posizione utile in graduatoria;
la decisione della Corte territoriale discende dall’aver e questa ritenuto, una volta precisato che in grado di appello non era stata riproposta la pretesa risarcitoria, la domanda di attribuzione della posizione economica superiore e di riconoscimento delle conseguenti differenze retributive carente quanto ad allegazione e prova circa la ricorrenza dei presupposti cui la contrattazione collettiva, che escludeva ogni automatismo, subordinava il riconoscimento della rivendicata posizione economica, risultando smentito, sulla base della stessa disciplina contrattuale, l’essere stato il beneficio riconosciuto a tutti i funzionari e non risultando verificabile, per la mancata indicazione del punteggio ottenuto dal soggetto qualificatosi all’ultimo posto della relativa graduatoria, la
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circostanza, peraltro tardivamente dedotta solo in grado di appello, per cui il punteggio vantato dal COGNOME per i soli titoli relativi al titolo di studio ed all’anzianità di servizio erano tali da consentirgli il conseguimento della posizione economica in questione;
per la cassazione di tale decisione ricorre il COGNOME, affidando l’impugnazione a due motivi, cui resiste, con controricorso, il Ministero dell’Economia e delle Finanze;
il ricorrente ha poi presentato memoria.
CONSIDERATO CHE
con il primo motivo, il ricorrente, nel denunciare il vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione in una con la violazione e falsa applicazione dell’art. 17 del CCNL per il comparto Ministeri relativo al quadriennio 1998/2001, del CCNI del 20.3.2000 e delle circolari prot. n. 209986 del 7.6.2000 e prot. n. 504136 del 7.5.2001, imputa alla Corte territoriale la mancata considerazione dell’obbligo dell’Amministrazione di dare puntuale seguito al precedente giudicato, che implicava anche l’obb ligo di procedere alla ricostruzione della carriera e di rivedere le graduatorie formate all’esito di procedura selettiva alla quale era stata impedita la partecipazione per l’errore commesso nell’inquadramento ;
il ricorrente svolge considerazioni sul principio del neminen laedere e sull’obbligo della P.A. di astenersi da comportamenti dolosi o colposi e sostiene, poi, che il punteggio 31 sarebbe stato sufficiente a garantire l’attribuzione della posizione rivendicata, ottenuta da altri dipendenti in possesso di un punteggio inferiore;
con il secondo motivo, denunciando la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., NOME COGNOME imputa alla Corte territoriale l’ error in procedendo dato dall’essersi
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pronunziata in contrasto con il principio di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato;
sostiene che la domanda proposta era limitata alla ricostruzione della carriera, comprensiva della valutazione della posizione lavorativa del ricorrente ai fini del riconoscimento della posizione economica super, che avrebbe dovuto conseguire laddove all’esito di quella valutazione, resa doverosa dal precedente giudicato, il lavoratore fosse risultato in posizione utile nella relativa graduatoria;
addebita alla Corte territoriale di avere ritenuto erroneamente la domanda carente quanto alla allegazione ed alla prova dei fatti costitutivi;
i motivi, che possono essere trattati congiuntamente in ragione della loro connessione logica e giuridica, sono inammissibili dovendosi considerare, in primo luogo, che, ove anche l’azione originariamente proposta dal ricorrente fosse stata volta a contestare l’erronea ricostruzione della carriera a seguito della pregressa sentenza del Tribunale di Roma, comunque la contestazione si risolverebbe nella pretesa, chiaramente avanzata, di vedersi riconoscere la rivendicata posizione economica, con conseguente onere a carico dello stesso ricorrente di allegare e provare la ricorrenza delle condizioni alle quali la contrattazione collettiva subordina l’attribuzione della posizione superiore;
il ricorso con si confronta con il decisum della sentenza impugnata innanzitutto perché svolge considerazioni sull’applicabilità dell’art. 2043 c.c. quando la Corte territoriale ha escluso che fosse stata riproposta in appello la domanda risarcitoria, ed inoltre perché insiste nel sostenere che il punteggio 31 avrebbe permesso l’attribuzione della posizione superiore, senza misurarsi con l’affermazione, che si legge nella sentenza impugnata, in ordine all’inammissibilità delle deduzioni
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svolte al riguardo solo in appello ed alla insufficienza della documentazione prodotta a sostegno della domanda;
nessuna pertinente e specifica censura è poi formulata avverso il capo della sentenza impugnata che, sulla base della disciplina contrattuale, ha escluso ogni automatismo dell’attribuzione; nel giudizio di cassazione, a critica vincolata, i motivi devono avere i caratteri della specificità, completezza e riferibilità alla decisione impugnata, sicché la proposizione di censure prive di specifica attinenza al decisum è assimilabile alla mancata enunciazione dei motivi, richiesta dall’art. 366 n.4 cod. proc. civ., e determina l’inammissibilità, in tutto o in parte del ricorso, rilevabile anche d’ufficio ( cfr. fra le tante Cass. n. 9450/2024, Cass. 15517/2020, Cass. n. 20910/2017, Cass. n. 17125/2007, Cass. S.U. n. 14385/2007);
il ricorso va dunque dichiarato inammissibile;
le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in euro 3.000,00 per compensi, oltre al rimborso delle spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nell’adunanza camerale del 5 marzo 2025