Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 20249 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 20249 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 22/07/2024
Oggetto: Somministrazione – RAGIONE_SOCIALE
elettrica – Manomissione del contatore;
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 16964/2022 R.G. proposto da
RAGIONE_SOCIALE , in persona della omonima titolare, rappresentata e difesa dalle AVV_NOTAIO (pec: EMAIL) e NOME COGNOME, giusta procura speciale in calce al ricorso, con domicilio ex lege in Roma, presso la Cancelleria della Corte di cassazione, INDIRIZZO (pec: EMAIL);
-ricorrente – contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del rappresentante legale, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO, giusta procura speciale in calce al controricorso, con domicilio ex lege in Roma, presso la Cancelleria della
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r.g.n. 16964/2022
Pres. L. NOME COGNOME
RAGIONE_SOCIALE
Corte di cassazione, INDIRIZZO (pec: EMAIL);
-controricorrente –
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del rappresentante legale, rappresentata e difes a dall’AVV_NOTAIO , giusta procura speciale in calce al controricorso, con domicilio ex lege in Roma, presso la Cancelleria della Corte di cassazione, INDIRIZZO (pec: EMAIL);
-controricorrente – avverso l’ordinanza ex art. 348 bis c.p.c. della Corte di appello di Brescia n.994/2022, depositata il 29 aprile 2022 e avverso la sentenza del Tribunale di Bergamo n. 1170/2021, depositata il 15/06/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 2 aprile 2024 dalla Consigliera, dr.ssa NOME COGNOME.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. La Corte d’ Appello di Brescia ha dichiarato con ordinanza ex art. 348 bis c.p.c. l’inammissibilità del gravame proposto dalla sig. NOME COGNOME, nella qualità di titolare dell’ impresa individuale RAGIONE_SOCIALE, avverso la sentenza n. 710/2017 del Tribunale di Bergamo di rigetto della domanda di accertamento della non debenza della somma di euro 83.192,56, di cui alla fattura, emessa a suo carico dalla società RAGIONE_SOCIALE per i consumi ricostruiti dal 24.05.2014 al 22.05.2017; difatti, a seguito della verifica del 23.5.2017 effettuata da parte di RAGIONE_SOCIALE si era accertata la manomissione del contatore attraverso l’esistenza di un allaccio diretto alla rete elettrica mediante un cavo abusivo in bypass sulla presa di alimentazione del misuratore di proprietà di RAGIONE_SOCIALE; il Tribunale aveva, invece, accolto la domanda riconvenzionale proposta dal RAGIONE_SOCIALE, sul rilievo della accertata continuativa captazione abusiva di energia da parte della utenza intestata a COGNOME NOME, adibita a usi diversi dall’abitazione e aveva condannat o l’attrice al pagamento dell’importo
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RAGIONE_SOCIALE ricalcolato nell’importo di Euro 82.841,55, con condanna alla rifusione delle spese di giudizio nei confronti di entrambe le convenute RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE.
Avverso l’ordinanza della corte d’appello e la sentenza del tribunale, la COGNOME, nella qualità, propone ricorso per cassazione, articolato in tre motivi. Resistono con separati controricorsi la società RAGIONE_SOCIALE e la società RAGIONE_SOCIALE
La trattazione del ricorso è stata fissata in adunanza camerale ai sensi dell’art. 380 -bis.1. c.p.c.
Parte ricorrente ha depositato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso la ricorrente denuncia la ‘ violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., del principio di vicinanza della prova nonché dell’art. 1 15 c.p.c. ‘ ; i n particolare, censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto corretta la ricostruzione dei consumi da allaccio abusivo effettuata da RAGIONE_SOCIALE mediante il criterio della ‘potenza tecnicamente prelevabile’ quale calcolo matematico ‘arbitrario e del tutto avulso da ogni e qualsivolgia elemento fattuale’ (in ricorso pag. 11) , invocando la violazione dei principi di diritto in tema di onere probatorio; lamenta inoltre che il Tribunale di Bergamo ha omesso di valutare la sua istanza di ammissione della produzione documentale richiesta all’udienza del 12.2.2020 e reiterata all’udienza del 24.9.2020 concernente la documentazione relativa ai consumi successivi al distacco dell’allaccio abusivo .
Con il secondo motivo denuncia inoltre la ‘v iolazione e falsa applicazione della L.14.11.1995, n. 481 e degli artt. 9, 10 e 11 della Deliberazione 18 dicembre 1999, n.200/99 dell’RAGIONE_SOCIALE, Testo Integrato delle disposizioni per la regolazione dell’attività di misura elettrica 2016-2019, Allegato A alla Deliberazione 4 agosto 2016 458/2016/R/eel e successive modifiche ‘; nello specifico, la ricorrente contesta che la sentenza impugnata non
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RAGIONE_SOCIALE ha accolto la domanda dalla stessa proposta in primo grado in via subordinata, volta ad ottenere una rideterminazione del periodo oggetto di ricostruzione e quindi del quantum del credito vantato da RAGIONE_SOCIALE, sempre sulla base della documentazione offerta in produzione, ma non ammessa.
2.1. I motivi, che per ragioni di oggettiva connessione possono essere congiuntamente esaminati, sono inammissibili.
In primo luogo, nella parte in cui le censure, pur se prospettanti la violazione e la falsa applicazione della norma su ll’onere della prova , in realtà risultano volte a prospettare in termini di mera contrapposizione una rivalutazione delle risultanze processuali e probatorie in termini diversi da quella operata dalla corte di merito nella decisione impugnata invero inammissibile in sede di legittimità in quanto presupponente accertamenti di fatto preclusi a questa Corte.
Ad onta della formale intestazione, i motivi in esame, lungi dall’introdurre i vizi di violazione e falsa applicazione delle norme sostanziali e processuali indicate, tendono a inammissibilmente prospettare un nuovo giudizio di merito in contrapposizione a quello formulato dalla c orte d’appello, omettendo di considerare che tanto l’accertamento dei fatti, quanto l’apprezzamento – ad esso funzionale – delle risultanze istruttorie è attività riservata al giudice del merito, cui compete non solo la valutazione delle prove ma anche la scelta, insindacabile in sede di legittimità, di quelle ritenute più idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi (Cass. 04/07/2017, n. 16467; Cass.23/05/2014, n. 11511; Cass. 13/06/2014, n. 13485; Cass. 15/07/2009, n. 16499).
Ebbene, il giudice di primo grado ha affermato che in materia extracontrattuale il danno patrimoniale può essere determinato in via presuntiva e ha ritenuto «evidente la non arbitrarietà del criterio nella specie adottato, atteso che l’allaccio abusivo a monte del contatore (quest’ultimo regolarmente contrattualizzato) è a tutti gli effetti un allaccio diretto alla rete di e-RAGIONE_SOCIALE privo di contratto per il quale si applica, proprio secondo
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RAGIONE_SOCIALE quanto stabilito al punto 5.6 del documento ‘ Criteri di stima e ricostruzione dei dati di misura dell’energia elettrica ‘ prodotto da parte attrice sub. doc. 11, il criterio della ‘potenza tecnicamente prelevabile’ » (così test. pag. 5 sentenza del Tribunale di Bergamo).
In secondo luogo, non sussistono neppure le ulteriori violazioni e false applicazioni delle indicate norme, tenuto conto che il ricorrente invoca nuovamente quanto previsto da una delibera ARERA n. 200/99 (che limita in determinate ipotesi la ricostruzione dei consumi ai 365 giorni precedenti la verifica) non confrontandosi con quanto ritenuto dal Tribunale che ha escluso l’applicabilità della delibera in esame alla fattispecie, tenuto conto che non di malfunzionamento del contatore si trattava, ma di manomissione del medesimo (cfr. pagg. 5 e 6 della sentenza impugnata); pertanto, la ricorrente, lungi dal prospettare un vizio di violazione o falsa applicazione di legge, tende a reiterare le doglianze già proposte nel merito e a non confrontarsi con la ratio decidendi compiutamente esposta dal giudice di merito.
Con il terzo motivo di ricorso, avente ad oggetto la ‘ Violazione e falsa applicazione degli artt. 1226 e 2056 c.c. ‘, la ricorrente impugna la sentenza nella parte in cui la corte di merito ha ravvisato essere congrua e legittima la ricostruzione dei consumi effettuata da RAGIONE_SOCIALE mediante il criterio della ‘potenza tecnicamente prelevabile’, anziché quantificarli equitativamente ex art. 1226 c .c.
3.1. Il motivo è inammissibile.
Va osservato che anche in questo caso la ricorrente formula un motivo di ricorso solo formalmente volto a contestare una censura di violazione di legge, con cui tende, in concreto, a censurare un vizio di motivazione in cui sarebbe incorsa la Corte territoriale, censura inammissibile a norma della novella dell’articolo 360, primo comma, n. 5 c.p.c. dettata dal decreto-legge n.83/2012 conv. con modif. nella l. n. 134/2012 ed applicabile alle sentenze rese in grado d’appello a far data dal 11.9.2012.
In altri termini, sotto le formali spoglie del vizio di violazione e falsa applicazione delle norme richiamate la ricorrente in realtà insiste nel rivolgere
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al giudice di legittimità l’inammissibile richiesta di una nuova e diversa valutazione dei fatti così come ricostruiti in sede di merito, nonostante che, nella vicenda in esame, il tribunale bergamasco abbia spiegato in modo piano e coerente le ragioni per le quali ha ritenuto provato che nella fattispecie il risarcimento ( rectius il corrispettivo dell’energia elettrica fraudolentemente prelevata) è stato quantificato sulla base del criterio della ‘potenza tecnicamente prelevabile’ ; in definitiva, la censura costituisce una richiesta di una nuova valutazione istruttoria, che è inammissibile in questa sede perché riservata al giudice del merito.
Del tutto fuori fuoco la doglianza, qui reiterata e già esaminata e ritenuta inammissibile, come osservato a proposito dei precedenti motivi, secondo cui verrebbe così inflitto ‘un risarcimento di natura punitiva al debitore, slegato dalla prova del danno effettivamente patito e ancorato, unicamente, il criterio del massimo danno individuabile a livello teorico’ (pag. 23 in ricorso).
Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo in favore di ciascuna delle controricorrenti, seguono la soccombenza.
Ritiene il Collegio di disporre altresì la condanna della ricorrente al pagamento di un’ ulteriore somma -liquidata come in dispositivo- ex art. 96, terzo comma, c.p.c., sussistendone nella specie i presupposti di legge.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi euro 5.200,00, di cui euro 5.000,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge, nonché di euro 5.000,00 ex art. 96, 3° co., c.p.c., in favore di ciascuna delle controricorrenti.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, d à atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1bis del citato art. 13, se dovuto (Cass. Sez. U. 20 febbraio 2020 n. 4315).
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Così deciso nella Camera di consiglio della Terza Sezione Civile 2 aprile