Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 15600 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 15600 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 04/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso n. 19785/2019 proposto da:
NOME COGNOME, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO ed elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO;
-ricorrente –
contro
Regione Campania, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO ed elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO;
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della Corte d’appello di Napoli, n. 5727/2018, pubblicata il 20 dicembre 2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 5/04/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso depositato il 18 ottobre 2010 NOME COGNOME ha esposto di lavorare alle dipendenze della Regione Campania, nel ruolo della Giunta Regionale livello
esecutivo, sin dal 20 dicembre 1972, e di essere stata inquadrata, in seguito al superamento di concorso pubblico, nel V livello funzionale.
Essa ha riferito che aveva chiesto l’applicazione dell’art. 19, comma 1, legge Regione Campania n. 1 del 2007 e che la RAGIONE_SOCIALE le aveva negato la progressione ivi prevista.
La ricorrente ha domandato, quindi, al Tribunale di Napoli, di condannare la Regione Campania alla ricostruzione della carriera nella categoria C ex sesta q.f. con decorrenza dal 1° ottobre 1978 e nella categoria D ex settima q.f. dal 17 settembre 1982.
Il Tribunale di Napoli, nel contraddittorio delle parti, con sentenza n. 31719/11, ha rigettato il ricorso.
NOME COGNOME ha proposto appello che la Corte d’appello di Napoli, nel contraddittorio delle parti, con sentenza n. 5727/2018, ha rigettato.
NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione sulla base di un motivo.
La Regione Campania si è difesa con controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con un unico motivo la ricorrente lamenta la violazione degli artt. 115, 116 e 416 c.p.c., 12 preleggi, 19 legge Regione Campania n. 1 del 2007, 4 CCNL Regioni e autonomie locali del 31 marzo 1999, nonché del CCNL Enti locali 20022005, dichiarazione congiunta n. 1, e della legge Regione Campania n. 26 del 1982.
Essa espone che l’attestato del 16 settembre 2010 del Settore Stato giuridico della Regione Campania menzionato dalla Corte territoriale non sarebbe mai stato da lei prodotto, con la conseguenza che ne contestava l’esistenza e la conformità all’originale.
Inoltre, riferisce che, dall’attestato del 16 settembre 2010 da lei prodotto, proveniente dalla Giunta regionale e non dal settore Stato giuridico della
Regione, sarebbe emerso che essa, fino al 19 settembre 1982, sarebbe rimasta nel IV livello funzionale, ma che tale attestato sarebbe stato smarrito.
La ricorrente prospetta, altresì, di essere transitata solo dal IV al V livello funzionale, come certificato dal d.d. 233 del 19 giugno 2009 e riconosciuto dalla controparte, e che la delibera della Giunta regionale n. 2685 del 1987 non avrebbe mai ricevuto il visto della Commissione di Controllo Atti della Regione Campania, con la conseguenza che non avrebbe conseguito né il VI né il VII livello.
La lavoratrice contesta l’ulteriore affermazione della Corte territoriale, secondo la quale la delibera n. 2685 del 1987 sarebbe stata un provvedimento distinto dagli effetti del concorso interno.
Neppure avrebbe avuto rilievo, ai fini del rigetto della sua domanda, il fatto che la ricorrente avesse ottenuto la V qualifica sin dal DATA_NASCITA.
La doglianza è inammissibile perché si sostanzia nella richiesta a questo Collegio di riesaminare la documentazione agli atti e di sostituire una propria interpretazione a quella della corte territoriale, il che non è consentito nel nostro ordinamento.
Priva di rilievo è, poi, la contestazione dell’esistenza e della conformità all’originale dell’ attestato del Settore Stato giuridico della Regione Campania menzionato dalla Corte territoriale , atteso che la Corte d’appello di Napoli ne ha espressamente rilevato la presenza agli atti e che la ricorrente si è limitata a presentare una censura sul punto estremamente generica.
In particolare, la RAGIONE_SOCIALE non può rivalutare le affermazioni del giudice d’appello secondo cui:
la delibera n. 2685 del 1987 non avrebbe avuto nulla a che vedere con il concorso interno del quale avrebbe beneficiato la ricorrente;
la ricorrente, fin dal 1° gennaio 1983, avrebbe conseguito l’ulteriore passaggio al 6° livello, che avrebbe configurato un passaggio tra diverse aree professionali.
Il ricorso è dichiarato inammissibile.
Le spese di lite seguono la soccombenza ex art. 91 c.p.c. e sono liquidate come in dispositivo.
Si attesta che sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale (d.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater), se dovuto.
P.Q.M.
La Corte,
dichiara inammissibile il ricorso;
condanna la ricorrente a rifondere le spese di lite, che liquida in complessivi € 3.000,00 per compenso, oltre € 200,00 per esborsi, accessori di legge e spese generali nella misura del 15%;
dichiara che sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale (d.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater), se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della IV Sezione Civile, il 5 aprile