Sentenza di Cassazione Civile Sez. L Num. 11943 Anno 2025
Civile Sent. Sez. L Num. 11943 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 07/05/2025
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 10853/2024 R.G. proposto da:
NOMECOGNOME rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME con domicilio digitale
-ricorrente-
contro
Ministero dell’istruzione e del merito, in persona del Ministro pro tempore , rappresentato e difeso ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui Uffici, siti in Roma, INDIRIZZO domicilia
-controricorrente-
avverso la sentenza della Corte d ‘ appello di Ancona n. 69/2024 depositata il 14/02/2024.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 02/04/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso; udito l’Avv. NOME COGNOME per la ricorrente.
FATTI DI CAUSA
La Corte d’appello di Ancona ha accolto il gravame proposto dal Ministero dell’istruzione e del merito e, per l’effetto , ha respinto l’originaria domanda proposta da NOME COGNOME per accertare l’illegittimità delle trattenute mensili operate dal l’amministrazione sulla retribuzione nella misura di euro 431,72 mensili fino alla concorrenza di euro 12.088,16.
La Corte territoriale ha premesso che la controversia nasceva dalla esecuzione della sentenza passata in giudicato emessa dal Tribunale di Urbino n. 87 del 2017 pubblicata il 24 marzo 2020, con la quale era stato dichiarato il diritto della docente a vedersi riconoscere per intero il servizio prestato, condannando l ‘ amministrazione resistente a inserire la docente nella relativa fascia di anzianità, oltre al pagamento delle somme spettanti a titolo di differenze retributive nel frattempo maturate. In esecuzione di tale sentenza, alla docente erano state corrisposte le differenze stipendiali pari a euro 6.018,82, dovute per il periodo pre-ruolo, ma l ‘ amministrazione aveva pure nuovamente provveduto alla ricostruzione della carriera dalla data di immissione in ruolo, con disapplicazione del sistema previsto dalla normativa nazionale e riconoscimento per intero dell ‘ anzianità pregressa in applicazione del criterio unionale; in tal modo, considerando esclusivamente i giorni di servizio pre-ruolo effettivamente svolti, alla data della conferma in ruolo (1° settembre 2002) la docente risultava avere un ‘ anzianità di servizio complessiva di anni dieci, mesi quattro, giorni undici, di contro ai dodici anni di anzianità già computati dall’amministrazione secondo la normativa nazionale, in base alla prima ricostruzione della carriera operata con decreto del 15 novembre 2016, dando luogo all’indebito , chiesto in restituzione ed oggetto della presente contenzioso.
2.1. Tanto premesso, la Corte di Ancona, richiamata la disciplina sulla ricostruzione della carriera di un docente all ‘ atto dell ‘ immissione in ruolo, si è chiesta se la seconda ricostruzione della carriera effettuata dall ‘ amministrazione scolastica trovasse copertura nella sentenza di Urbino, passata in giudicato, ovvero se, come ritenuto dal Tribunale di Pesaro in prima istanza, l ‘ amministrazione scolastica fosse andata oltre, disapplicando anche l ‘ art. 489 del d.lgs. n. 297 del 1994; i giudici d’appello
hanno risolto l’ interrogativo nel senso che, sebbene la questione non fosse stata espressamente affrontata dal giudice di Urbino, si doveva ritenere che la disposta disapplicazione dell ‘ art. 485 del medesimo d.lgs. conducesse, quale conseguenza logicamente e giuridicamente necessaria, anche alla disapplicazione dell ‘ art. 489, quale correttivo della regola sull’abbattimento prevista proprio dall’art. 485 . In questo senso, si assume nella sentenza impugnata che l’in debito si era creato per effetto dell ‘ applicazione del sistema di ricostruzione della carriera richiesto dalla docente e fatto proprio dalla sentenza di Urbino.
Avverso tale pronuncia propone ricorso per cassazione NOME COGNOME articolando due motivi, cui resiste il Ministero dell’istruzione e del merito con controricorso.
Il rappresentante del Pubblico Ministero ha depositato conclusioni scritte con richiesta di rigettare il ricorso.
La causa giunge in decisione all’esito della trattazione in pubblica udienza, nella quale sono intervenuti il difensore della ricorrente ed il rappresentante del Pubblico Ministero, che si è richiamato alle conclusioni già rassegnate nella memoria depositata.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1 . Con il primo motivo si denuncia l’e rrata, omessa, insufficiente e/o contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia.
Con il secondo motivo si deduce la violazione errata e/o falsa applicazione degli artt. 485 e 489 del d.lgs. n. 297 del 1994, dell’art. 11 della legge n. 124 del 1999 e dell’art. 4 del d.P.R. n. 399 del 1998.
I motivi sono illustrati congiuntamente come segue.
La Corte d’appello avrebbe errato nel ritenere che dalla sentenza del Tribunale di Urbino n. 87 del 2017 discendesse anche la disapplicazione dell’art. 489 del d.lgs. n. 297 del 1994, non menzionato e non considerato dal giudice. La motivazione sarebbe, quindi, viziata perché avrebbe determinato la disapplicazione di una norma che la sentenza ormai passata in giudicato non aveva disposto; la motivazione sarebbe, perciò anche contraddittoria nella parte in cui, dopo aver premesso di dover prendere
atto del giudicato, attribuisce al giudicato medesimo ciò che non è in esso affermato; infine, la motivazione sarebbe anche illogica nella parte in cui sostiene che l’effetto pregiudizievole si sarebbe verificato in virtù dell’applicazione del sistema di ricostruzione della carriera richiesto dalla stessa docente, in tal modo, peraltro, erroneamente applicando il principio di diritto affermato dalla S.C. (n. 31149 del 2019), che impone di comparare il trattamento applicabile al docente al fine di riconoscere quello più favorevole.
Il primo motivo è inammissibile, atteso che, com’è noto, i n seguito alla riformulazione dell ‘ art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., disposta dall ‘ art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 134 del 2012, non sono più ammissibili nel ricorso per cassazione le censure di contraddittorietà e insufficienza della motivazione della sentenza di merito impugnata, in quanto il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica della violazione del ‘ minimo costituzionale ‘ richiesto dall ‘ art. 111, sesto comma, Cost. (fra molte, Cass. Sez. 3, 12/10/2017, n. 23940).
Nella specie, la motivazione addotta si sottrae senz’altro a lle censure che ne consentono il sindacato nei predetti termini, non potendosi ravvisare neppure la denunciata intima contraddittorietà, atteso che i giudici d’appello hanno chiaramente motivato il proprio convincimento sulla base di quanto, a loro avviso, era deducibile dalla sentenza del Tribunale di Urbino.
Viceversa, proprio sotto il profilo della corretta interpretazione ed esecuzione del giudicato, è ammissibile il secondo motivo.
Infatti, la censura, benché priva di esatta indicazione numerica di una delle ipotesi espressamente e tassativamente previste dall ‘ art. 360, primo comma, cod. proc. civ., è sufficientemente chiara e specifica nel denunciare la violazione del giudicato deducibile dalla sentenza resa dal giudice di Urbino, nella parte in cui ha disapplicato l’art. 485 del d.lgs. 297 del 1994 ma non anche l’art. 489 , come invece ritenuto dalla Corte anconetana, e, sotto questo profilo, la doglianza prospetta un vizio riconducibile in maniera immediata ed inequivocabile ad una delle cinque ragioni di impugnazione
stabilite dalla citata disposizione (in tal senso, Cass. Sez. U, 24/07/2013, n. 17931; in senso conforme, più di recente Cass. Sez. 2, 07/05/2018, n. 10862). Il motivo, nei termini proposti, rispetta anche il principio di specificità, atteso che riporta espressamente il precetto sostanziale violato (in particolare, pp. 6-7 ricorso), in conformità ai requisiti di ammissibilità richiesti per il ricorso con cui venga denunciata la violazione del giudicato (in tal senso, Cass. Sez. U, 21/02/2022, n. 5633). Il ricorso è anche conforme al principio di localizzazione, di cui all’art. 366 n. 6 cod. proc. civ., nel senso che è stata specificata la sede processuale in cui il documento risulta prodotto ed è rintracciabile (cfr. p. 7 ricorso).
4.1. Vagliata positivamente l’ammissibilità della censura, ne va riconosciuta anche la fondatezza.
Il giudicato esterno, in quanto provvisto di vis imperativa e indisponibilità per le parti, va assimilato agli ‘ elementi normativi ‘ , sicché la sua interpretazione deve essere effettuata alla stregua dell ‘ esegesi delle norme (e non già degli atti e dei negozi giuridici), in base agli artt. 12 ss. disp. prel. cod. civ., con conseguente sindacabilità degli eventuali errori interpretativi sotto il profilo della violazione di legge (così già Cass. Sez. U, 09/05/2008, n. 11501; in senso conforme, fra molte, Cass. Sez. 3, 29/11/2018, n. 30838).
Nella specie, il dispositivo reso in udienza dal Tribunale di Urbino, per come riportato nel ricorso e per quanto di interesse, recita: « – dichiara il diritto dei ricorrenti al riconoscimento per intero del servizio prestato nella scuola relativamente ai periodi indicati da ciascuno di essi; dichiara il diritto dei ricorrenti alla valutazione dei suddetti periodi di servizio ai fini dell’anzianità di servizio e d ella retribuzione; per l’effetto, condanna l’Amministrazione resistente ad inserire i ricorrenti nella relativa fascia di anzianità ed al pagamento delle somme rispettivamente spettanti a titolo di differenze retributive nel frattempo maturate ». Pertanto, in base a quanto risulta testualmente dal dispositivo, il giudice di Urbino ha accolto la domanda di riconoscimento per intero del servizio prestato ai fini del calcolo
dell’anzianità di servizio e delle connesse conseguenze economiche, mentre nulla emerge in ordine alla disapplicazione dell’art. 489 cit.
Tale conclusione è avvalorata anche dalla disamina della sentenza in questione, ritualmente in atti, nella quale risulta disposta la disapplicazione delle « norme di diritto interno che prevedono l’abbattimento dell’anzianità riconoscibile dopo l’immissione in ruolo », mentre analoga valutazione non è espressa per il meccanismo di equiparazione all’anno scolastico intero, rinvenendosi, piuttosto, la seguente osservazione: « Inoltre, occorre aver presente che l’art. 11, comma 14, della legge n. 124/1999, intervenendo sul testo dell’art. 489 del T.U. citato (D.Lgs. n. 297/94), ha previsto l’equiparazione all’anno scolastico intero del servizio di insegnamento ‘se ha avuto la durata di almeno 180 giorni oppure se il servizio sia stato prestato ininterrottamente dal 10 febbraio fino al termine delle operazioni di scrutinio finale’ ». Peraltro, gli stessi giudici d’appello hanno sottolineato che il giudice di Urbino non si è espressamente pronunciato sulla disapplicazione del disposto dell’art. 489, reputando, tuttavia, che tale valutazione fosse implicita, perché tale disposizione è strettamente funzionale al meccanismo di abbattimento di cui all’art. 485, di cui costituisce un correttivo. Tuttavia, il convincimento cui è pervenuta sul punto la Corte d’appello non è conforme al primario canone dell’interpretazione letterale, e, in particolare, allo specifico criterio secondo cui l’ interpretazione della portata del giudicato, sia esso interno od esterno, va effettuata alla stregua di quanto stabilito nel dispositivo della sentenza e nella motivazione che la sorregge (in tal senso, fra molte, Cass. Sez. 6-3, 19/07/2018, n. 19252; Cass. Sez. L, 07/08/2019, n. 21165). Nella specie, come sopra evidenziato, sia il dispositivo che la motivazione depongono univocamente nel senso che fosse stato riconosciuto il diritto della docente al computo integrale del servizio prestato ai fini dell’anzianità di servizio e della retribuzione, senza alcun abbattimento e senza escludere l’applicazione del la fictio in contestazione.
La sentenza di Urbino non può, dunque, essere integrata ab extra , in virtù dei principi espressi da questa Corte a partire dalla decisione n. 31149
del 28 novembre 2019, in quanto le corrette modalità di comparazione, escludendo la regola dell ‘ equivalenza fissata dal richiamato art. 489, ai fini dell’effettiva disapplicazione dell’ art. 485 del d.lgs. n. 297 del 1994, possono valere, sul piano del trattamento deteriore eventualmente conseguente a carico del docente, solo se espressamente applicate, di talché possa anche postularsi a carico dell’interessato l’onere di impugna re una siffatta pronuncia potenzialmente sfavorevole.
Viceversa, nel caso in esame, passata in giudicato la sentenza di Urbino per la mancata impugnazione della stessa da parte del Ministero, l’amministrazione scolastica non poteva procedere ad una nuova ricostruzione della carriera in difformità dalla statuizione che vedeva vittoriosa l’odierna ricorrent e, così determinando in peius l’anzianità di servizio e dando origine alla richiesta di restituzione oggetto del presente contenzioso.
La sentenza impugnata va, pertanto, cassata in relazione alla censura accolta, e la causa va rinviata alla Corte d’appello di Perugia, che si atterrà all’interpretazione sopra indicata e d a cui si demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo motivo, inammissibile il primo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa alla Corte d’appello di Perugia anche per la regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Lavoro della