Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 6555 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 6555 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 12/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 18398/2021 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALECODICE_FISCALE che la rappresenta e difende;
-ricorrente-
contro
NOME COGNOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende; -controricorrente- avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di ROMA n. 1903/2020, depositata il 06/04/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 7/11/2023 dal Consigliere NOME COGNOME.
PREMESSO CHE
NOME COGNOME ricorre per cassazione avverso la sentenza n. 1903/2020 della Corte d’appello di Roma, depositata il 6 aprile 2020 e corretta con ordinanza della medesima Corte depositata il 9 luglio 2020.
La ricorrente aveva citato in giudizio davanti al Tribunale di Roma NOME NOME, deducendo di avere stipulato con il convenuto promittente venditore un contratto preliminare di vendita di un immobile, che il convenuto non aveva dichiarato nel contratto preliminare che sull’immobile gravava un’ipoteca in favore della banca Monte dei Paschi di Siena, che alla data fissata per la stipulazione del contratto definitivo il convenuto si era presentato senza avere provveduto all’estinzione del mutuo, così che il notaio si era rifiutato di rogare il contratto definitivo e che il convenuto si era pertanto reso inadempiente. L’attrice chiedeva quindi di trasferire l’immobile ai sensi dell’art. 2932 c.c. al prezzo indicato ‘dalla convenzione stipulata nel maggio 2004’. Il convenuto si costituiva, eccependo la nullità della domanda risarcitoria perché generica ed indeterminata e chiedendo di accertare la legittimità del preliminare di compravendita e, per l’effetto, di trasferire ai sensi dell’art. 2932 c.c. la proprietà dell’immobile al prezzo stabilito nel contratto preliminare, di accertare la tempestiva disdetta del contratto di comodato concluso tra le parti e di condannare l’attrice al risarcimento dei danni cagionati dall’occupazione abusiva dell’immobile. Il Tribunale di Roma ha dichiarato la risoluzione del contratto preliminare e ha condannato NOME a restituire in favore di COGNOME le somme versate in esecuzione del contratto medesimo; ha dichiarato la risoluzione del contratto di comodato, condannando COGNOME al rilascio immediato dell’immobile e al pagamento dell’indennità di euro 600 mensili per l’occupazione del medesimo dal 6 marzo 2009 fino all’effettivo rilascio.
La sentenza di primo grado è stata impugnata in via principale da COGNOME, che ha contestato la dichiarazione di risoluzione del contratto preliminare per inadempimento di entrambe le parti, essendo inadempiente soltanto il promittente venditore, la mancata pronuncia di cui all’art. 2932 c.c., l’avere riconosciuto come senza titolo l’occupazione dell’immobile da parte dell’appellante sin dalla data della comparsa di costituzione nel giudizio di primo grado. COGNOME ha proposto appello incidentale contestando anch’egli la dichiarazione di risoluzione per inadempimento di entrambe le parti, essendo a suo avviso ravvisabile il solo inadempimento della promissaria acquirente, la mancata pronuncia ai sensi dell’art. 2932 c.c. e il mancato riconoscimento della disdetta del comodato. La Corte d’appello di Roma ha ritenuto integralmente nullo il contratto preliminare e ha così condannato COGNOME all’immediata restituzione dell’immobile e COGNOME alla restituzione di tutti gli importi erogati in esecuzione del preliminare nullo, con decorrenza degli interessi dal 6 marzo 2009; quanto alla domanda di risarcimento del danno fatta valere da NOME, la Corte ha ritenuto che non fosse ravvisabile nessun inadempimento da parte di NOME e neppure un danno patito da NOME stante l’assoluta genericità della sua richiesta; sull’indennità di occupazione la Corte ha rilevato come fosse pacifica l’occupazione dell’immobile da parte di NOME fin dal 19 ottobre 2007, situazione che si era protratta sine titolo per effetto della disdetta inviata dal comodante, disdetta la cui data andava identificata nel 13 settembre 2008; la Corte ha poi escluso l’applicabilità dell’art. 614 -bis c.p.c., essendo il processo stato introdotto nel 2008.
Resiste con controricorso NOME COGNOME, che ha anzitutto eccepito l’inammissibilità del ricorso in quanto tardivamente proposto.
Con provvedimento dell’8 maggio 2023, il consigliere delegato ha proposto di definire il giudizio ai sensi dell’art. 380 -bis c.p.c.
La ricorrente, con atto del 18 giugno 2023, ha chiesto la decisione del ricorso ai sensi dell’art. 380 -bis c.p.c.
CONSIDERATO CHE
Il ricorso è articolato in due motivi:
il primo motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 35 della legge n. 865/1971 e dell’art. 1339 c.c., contestando la declaratoria di nullità integrale del contratto preliminare in quanto, se la clausola sul prezzo convenuta dalla parte nel contratto preliminare era una pattuizione nulla, si trattava però di una nullità parziale, così che il contratto doveva essere eterointegrato con il prezzo imposto dalla legge;
il secondo motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 1429 c.c., contestando quanto sostenuto dalla Corte d’appello, ossia che il venditore non avrebbe concluso il contratto se avesse conosciuto il prezzo imposto dalla legge, trattandosi di errore essenziale con conseguente nullità dell’intero contratto.
Preliminare all’esame dei due motivi di ricorso è la verifica della tempestività del medesimo. Il ricorso è stato notificato in data 25 giugno 2021 avverso la sentenza della Corte d’appello di Roma, che era stata depositata il 6 aprile 2020. Al caso in esame si applica il termine annuale, trattandosi di un processo instaurato prima del 4 luglio 2009, così che il termine per proporre l’impugnazione, tenuto conto del periodo di sospensione dei termini, stabilito dall’art. 83, comma 2 del d.l. n. 18/2020 e successivamente dal d.l. n. 23/2020 per l’emergenza epidemiologica da Covid -19, nonché della sospensione feriale dal 1° al 31 agosto 2020 ai sensi dell’art. 1 della l. n. 742/1969, scadeva in data 11 giugno 2021.
Il ricorso per cassazione è quindi stato proposto tardivamente. Non rileva al riguardo il fatto che la sentenza impugnata sia stata corretta con provvedimento depositato il 9 luglio 2020. È vero che, ai sensi dell’art. 288, ultimo comma, c.p.c., ove sia stata disposta una correzione le sentenze possono essere impugnate relativamente alle parti corrette nel termine ordinario decorrente dal giorno in cui è stata notificata l’ordinanza di correzione. Nel caso in esame, però, è stato unicamente corretto il dispositivo della sentenza, laddove aveva condannato COGNOME a restituire a COGNOME tutti gli importi da questa erogati in esecuzione del preliminare nullo, aggiungendo la condanna di COGNOME al pagamento dell’indennità per l’occupazione senza titolo dell’immobile per cui era causa, nella misura di euro 600 mensili dal 20 ottobre 2008 sino all’effettivo rilascio, con l’inserimento di un punto III nel suddetto dispositivo. La parte corretta non è stata oggetto di ricorso per cassazione, avendo i motivi di ricorso per oggetto la declaratoria di nullità dell’intero contratto preliminare e appunto non censurando la parte corretta della sentenza impugnata avente ad oggetto il pagamento dell’indennità per occupazione senza titolo dell’immobile nella misura di euro 600 e a partire dal 20 ottobre 2008 sino all’effettivo rilascio.
Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile.
3. Le spese seguono la soccombenza. Nel caso in esame è stata chiesta la decisione del Collegio a seguito di proposta di inammissibilità ai sensi del primo comma dell’art. 380 -bis c.p.c. Si pone quindi la questione dell’applicabilità del terzo e del quarto comma dell’art. 96 c.p.c., che l’ultimo comma dell’art. 380 -bis c.p.c. dispone trovi applicazione quando il collegio ‘definisce il giudizio in conformità alla proposta’. Come hanno sottolineato le sezioni unite di questa Corte (Cass. n. 27195/2023), nei casi di conformità tra proposta e decisione finale si è di fronte a ‘una valutazione legale tipica, ad opera del legislatore, della sussistenza
dei presupposti per la condanna di una somma equitativamente determinata a favore della controparte (art. 96, terzo comma) e di una ulteriore somma di denaro non inferiore a euro 500 e non superiore a euro 5.000 (art. 96, quarto comma); in tal modo, risulta codificata una ipotesi di abuso del processo, peraltro da iscrivere nel generale istituto del divieto di lite temeraria nel sistema processuale’. Ad avviso del Collegio nel caso in esame non si è però di fronte a una decisione conforme alla proposta. È vero che vi è stata proposta di inammissibilità del ricorso per cassazione perché intempestivo, ma non è stata trattata nella proposta la questione della possibile tempestività del ricorso alla luce del provvedimento di correzione della sentenza d’appello, profilo sul quale si è incentrata la richiesta di decisione. Il profilo della correzione era rilevante anche alla luce del provvedimento adottato in sede di correzione dalla Corte d’appello di Roma, che ha così statuito: la Corte, ‘visti gli art. 287 e segg. c.p.c. dispone la correzione del dispositivo della sentenza n. 1903/2020 nei seguenti termini’, riscrivendo l’intero dispositivo con l’aggiunta del numero III e rinumerando i paragrafi successivi, così potendo ingenerare il dubbio che la parte corretta non fosse solo quella relativa al pagamento dell’indennità per l’occupazione senza titolo dell’immobile, parte non impugnata con il ricorso per cassazione, ma l’intero dispositivo.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater del d.P.R. n. 115/ 2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 -bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio in favore del
contro
ricorrente, che liquida in euro 6.700, di cui euro 200 per esborsi, oltre spese generali (15%) e accessori di legge.
Sussistono, ex art. 13, comma 1 -quater del d.P.R. n. 115/2002, i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 -bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda