Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 11920 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 11920 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 06/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso 28125-2021 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
I.T.L. – ISPETTORATO TERRITORIALE DEL LAVORO DI
COGNOME in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso ex lege dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia in ROMA, alla INDIRIZZO
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 676/2021 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 04/06/2021 R.G.N. 1149/2020;
Oggetto
Opposizione ordinanza ingiunzione
R.G.N. 28125/2021
COGNOME
Rep.
Ud. 11/03/2025
CC
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 11/03/2025 dal Consigliere Dott. NOMECOGNOME
RILEVATO CHE
la Corte di Appello di Milano, con la sentenza impugnata, ha confermato la pronuncia di primo grado che aveva respinto il ricorso proposto da RAGIONE_SOCIALE avverso l’ordinanza con cui era stato ingiunto dalla Direzione Territoriale del Lavoro di Sondrio il pagamento di somme a titolo di sanzione amministrativa per avere assunto un dipendente senza la dovuta comunicazione al Centro per l’impiego;
in sintesi, la Corte ha preliminarmente disatteso l’eccezione di nullità della sentenza di primo grado per mancata lettura del dispositivo in udienza, osservando che la stessa era stata ritualmente celebrata con la trattazione scritta prevista dal rito cartolare vigente nel periodo di emergenza epidemiologica ex art. 221 l. n. 77/2020, con l’adozione all’esito del provvedimento decisorio, comunicato alle parti;
ha ritenuto, poi, come il primo giudice, che l’ordinanza ingiunzione risultava ritualmente notificata alla società per il tramite del servizio postale, con effetto dalla compiuta giacenza consumata in data il 5 giugno 2017, di modo che il ricorso di primo grado depositato in data 12 luglio 2017 si palesava tardivo rispetto al termine di trenta giorni stabilito dall’art. 6 del d. lgs. n. 150 del 2011;
per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso la società soccombente con tre motivi; ha resistito con controricorso l’amministrazione intimata;
all’esito della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nel termine di sessanta giorni;
CONSIDERATO CHE
i motivi di ricorso possono essere sintetizzati come di seguito;
1.1. il primo denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art.
145 c.p.c., eccependo la nullità della notifica dell’ordinanza ingiunzione ‘in quanto eseguita direttamente nei confronti della società in data 5 giugno 2017 avvenuta con avviso di deposito ex art. 8 legge n. 890/1992 e non già nei confronti della persona fisica legale rappresentante p.t. della società’;
1.2. il secondo motivo denuncia la nullità della sentenza di primo grado per omessa lettura del dispositivo in udienza, con violazione degli artt. 429 e 437 c.p.c.;
1.3. il terzo motivo denuncia: ‘omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia -omesso esame di un fatto storico -violazione e falsa applicazione dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c.’; si deduce che la Corte terri toriale non avrebbe ‘tenuto conto delle risultanze relative alle prove emerse nel corso del giudizio’;
il ricorso non può trovare accoglimento;
2.1. per ragioni di priorità nell’ordine logico -giuridico delle questioni deve essere esaminato innanzitutto il secondo motivo, che è infondato;
infatti, secondo questa Corte, la norma emergenziale di cui all’art. 221, comma 4, del d.l. n. 34 del 2020, conv. dalla l. n. 77 del 2020, si applica a tutte le udienze civili, ivi comprese le controversie di lavoro, sostituendo l’udienza in presenza con l’udienza cartolare (cfr. Cass. n. 13176 del 2024), con la conseguenza che il deposito telematico del dispositivo a seguito della camera di consiglio è equivalente alla lettura in udienza (Cass. n. 32358 del 2023);
2.2. il primo motivo è inammissibile per concorrenti profili;
in primis per il suo carattere di novità, atteso che, secondo giurisprudenza consolidata di questa Suprema Corte, qualora una determinata questione giuridica -che implichi un accertamento di fatto – non risulti trattata in alcun modo nella sentenza impugnata, il ricorrente che proponga la suddetta questione in sede di legittimità, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità, per novità della censura, ha l’onere non solo di allegare l’avvenuta deduzione della questione dinanzi al giudice di merito, ma anche di indicare in quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo alla Corte di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione, prima di esaminare nel merito la questione stessa (Cass. SS. UU. n. 2399 del 2014; Cass. n. 2730 del 2012; Cass. n. 20518 del 2008; Cass. n. 25546 del 2006; Cass. n. 3664 del 2006; Cass. n. 6542 del 2004; Cass. n. 32084 del 2019; Cass. n. 20694 del 2018; Cass. n. 27568 del 2017; da ultimo Cass. n. 18018 del 2024); onere nella specie affatto assolto;
inoltre, nell’illustrazione del la doglianza non viene neanche riportato il contenuto dei documenti posti a fondamento della censura, in violazione del canone della ‘specifica indicazione’ dei documenti sui quali si fonda il motivo di cui al n. 6 dell’art. 366 c.p.c.; in particolare, non si specifica se, nella relata di notificazione dell’ordinanza ingiunzione, fosse ro state indicate o meno le generalità o il recapito del legale rappresentante della società destinataria (cfr. Cass. n. 6654 del 2018);
2.3. il terzo motivo è inammissibile;
oltre ad invocare il vizio di cui al n. 5 dell’art. 360 c.p.c. secondo una formulazione non più vigente, trascura di considerare la preclusione derivante dalla cd. ‘doppia conforme’ (cfr. art. 348 ter, ultimo comma, c.p.c., in seguito art. 360, comma 4, c.p.c.,
per le modifiche introdotte dall’art. 3, commi 26 e 27, d. lgs. n. 149 del 2022) e non si confronta con la ratio decidendi della sentenza impugnata che sta nella conferma della tardività del ricorso in opposizione all’ordinanza ingiunzione piuttosto che nella valutazione delle prove;
pertanto, il ricorso deve essere respinto nel suo complesso, con spese che seguono la soccombenza liquidate come da
dispositivo;
ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, occorre altresì dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13 (cfr. Cass. SS.UU. n. 4315 del 2020);
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese liquidate in euro 1.800,00 per compensi professionali, oltre alle spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nell’adunanza camerale dell’11 marzo