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Ricorso tardivo: quando è inammissibile l’appello?

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso tardivo di una lavoratrice contro la sentenza di licenziamento. La Corte ha negato la rimessione in termini, sottolineando che problemi di comunicazione con il proprio legale non costituiscono una causa di forza maggiore per giustificare il ritardo. La decisione ribadisce il rigore sui termini processuali e le conseguenze di un ricorso tardivo.

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Pubblicato il 15 ottobre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Ricorso tardivo: la Cassazione conferma l’inammissibilità per mancato rispetto dei termini

Il rispetto dei termini processuali è un pilastro del nostro sistema giuridico. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito questo principio, dichiarando inammissibile il ricorso tardivo presentato da una lavoratrice e negandole la cosiddetta “rimessione in termini”. Questo caso offre uno spunto fondamentale per comprendere i rischi legati al mancato rispetto delle scadenze procedurali e i rigidi presupposti per poterle superare.

I fatti del caso

Una lavoratrice, dopo essere stata licenziata per giusta causa da una grande azienda nazionale per aver presumibilmente utilizzato un certificato medico contraffatto, impugnava la decisione. Mentre in primo grado le sue ragioni venivano accolte, la Corte d’Appello ribaltava la sentenza, ritenendo legittimo il licenziamento. La comunicazione ufficiale di questa sentenza di secondo grado avveniva in data 16 novembre 2021.

La legge prevede un termine di 60 giorni per presentare ricorso in Cassazione. Tuttavia, la lavoratrice depositava il proprio ricorso solo il 13 maggio 2022, quasi sei mesi dopo la comunicazione e ben oltre il termine previsto. Per giustificare il ritardo, chiedeva la rimessione in termini, sostenendo di aver ricevuto copia della sentenza dal suo precedente avvocato solo il 14 febbraio 2022.

La gestione del ricorso tardivo da parte della Corte

La Corte di Cassazione ha respinto la richiesta della lavoratrice e ha dichiarato il ricorso tardivo e, di conseguenza, inammissibile. I giudici hanno chiarito che la rimessione in termini è un rimedio eccezionale, applicabile solo in presenza di due precise condizioni, nessuna delle quali è stata riscontrata nel caso di specie.

La prima condizione è l’esistenza di un “fatto ostativo” oggettivamente estraneo alla volontà della parte e non governabile, neppure con difficoltà. La seconda è l'”immediatezza della reazione”, ovvero la parte deve agire tempestivamente non appena l’ostacolo viene meno.

Le motivazioni

La Corte ha ritenuto che le difficoltà di comunicazione tra la lavoratrice e il suo difensore non integrassero un fatto ostativo con carattere di assolutezza. Secondo la giurisprudenza consolidata, neanche la malattia del procuratore è di per sé un legittimo impedimento. I rapporti interni tra cliente e avvocato, inclusi i ritardi nella trasmissione di documenti, non costituiscono una causa di forza maggiore idonea a giustificare la riapertura dei termini.

Inoltre, i giudici hanno evidenziato la mancanza della seconda condizione: l’immediatezza della reazione. Anche ammettendo che la lavoratrice avesse ricevuto la sentenza solo il 14 febbraio 2022, il ricorso è stato depositato tre mesi dopo, il 13 maggio 2022. Questo ulteriore ritardo ha dimostrato l’assenza della necessaria tempestività nel porre rimedio alla situazione. Sulla base di queste considerazioni, il ricorso è stato dichiarato inammissibile.

Le conclusioni

La decisione è netta e severa. Oltre a respingere il ricorso, la Corte ha condannato la ricorrente al pagamento delle spese legali della controparte e a versare un’ulteriore somma alla Cassa delle Ammende. Questa sanzione aggiuntiva è prevista quando un’opposizione a una proposta di definizione anticipata si rivela infondata, come in questo caso. L’ordinanza serve da monito sull’importanza cruciale del rispetto dei termini perentori nel processo. Dimostra che la negligenza o le difficoltà organizzative non sono scusanti valide e che il tentativo di forzare le regole procedurali può comportare conseguenze economiche significative per la parte soccombente.

Quando un ricorso è considerato tardivo?
Un ricorso è considerato tardivo quando viene depositato oltre il termine perentorio fissato dalla legge. Nel caso specifico, la legge prevedeva un termine di 60 giorni dalla comunicazione della sentenza della Corte d’Appello per presentare ricorso in Cassazione.

Quali sono le condizioni per ottenere la rimessione in termini?
Per ottenere la rimessione in termini è necessario dimostrare la presenza di due condizioni cumulative: 1) un fatto ostativo oggettivamente estraneo alla volontà della parte e non governabile (una causa di forza maggiore); 2) l’immediata reazione della parte una volta cessato l’impedimento.

I problemi di comunicazione con il proprio avvocato possono giustificare un ricorso tardivo?
No. Secondo la Corte di Cassazione, le dinamiche interne al rapporto tra cliente e avvocato, come i ritardi nella consegna di documenti, non costituiscono un impedimento assoluto e imprevedibile che possa giustificare la concessione della rimessione in termini.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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