Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 30720 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 30720 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 29/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso 13032-2022 proposto da:
COGNOME, domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 653/2021 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 16/11/2021 R.G.N. 854/2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 22/10/2024 dal Consigliere Dott. COGNOME
Oggetto
Licenziamento ex lege n. 92/2012
R.G.N. 13032/2022
COGNOME
Rep.
Ud. 22/10/2024
CC
RILEVATO CHE
Con sentenza n. 653/2021, pubblicata il 16.11.2021, la Corte di appello di Venezia, in riforma della pronuncia di primo grado, rigettava le domande proposte da NOME COGNOME nei confronti di Poste Italiane spa di cui era dipendente, dirette ad ottenere la declaratoria di illegittimità del licenziamento intimatole in data 6.9.2018, per giusta causa, per avere utilizzato un certificato medico materialmente contraffatto nella prognosi siccome riportante una copertura dell’assenza per due giorni ulteriori ri spetto a quello di effettiva scadenza, al fine di giustificare la contestazione disciplinare relativa all’assenza dal servizio nei giorni 21 e 22 giugno 2018.
La Corte distrettuale, a differenza del Tribunale di Verona, riteneva dimostrato sia l’elemento materiale che quello soggettivo del fatto incolpato con valutazione di proporzionalità della sanzione irrogata anche in considerazione dei precedenti disciplinari addebitati alla lavoratrice.
Avverso la sentenza di secondo grado, emessa in sede di reclamo ai sensi dell’art. 1 co. 58 e ss. legge n. 92/2012 NOME COGNOME proponeva ricorso per cassazione, notificato il 13.5.2022, affidato a quattro motivi cui resisteva con controricorso Poste Italiane RAGIONE_SOCIALE
Con provvedimento del 17.2.2024 la Presidente di Sezione delegata formulava proposta di definizione del ricorso ai sensi dell’art. 380 bis cpc rilevando la tardività del ricorso in quanto presentato oltre il termine di 60 giorni decorrente dalla comunicazione della sentenza avvenuta, come risultava dalla attestazione telematica ricevuta dalla Cancelleria della Corte di appello di Venezia, in data 16.11.2021.
La ricorrente, opponendosi alla proposta, presentava istanza di decisione affinché, previa rimessione in termini, la impugnata sentenza della Corte di appello di Venezia fosse cassata con ogni statuizione di legge.
Le parti depositavano memorie.
Il Collegio si riservava il deposito dell’ordinanza nei termini di legge ex art. 380 bis 1 cpc.
CONSIDERATO CHE
L’opposizione alla proposta di definizione anticipata non è fondata e va, quindi, dichiarato inammissibile il ricorso per cassazione così come statuito in sede di proposta di definizione anticipata, per tardività dello stesso, non essendo meritevole di accoglimento l’istanza di rimessione in termini avanzata in questa sede.
Il dato da cui partire è rappresentato dalla verifica effettuata da questa Corte, preliminarmente alla proposta di definizione anticipata, circa la compiuta comunicazione, da parte della Cancelleria della Corte distrettuale, della sentenza integrale di secondo grado avvenuta in data 16.11.2021.
L’esito di tale riscontro non è stato contestato né impugnato di falso.
Ciò premesso, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte la concreta applicazione dell’istituto della rimessione in termini passa attraverso l’espletamento di due necessarie verifiche: la prima attiene alla presenza, in fattispecie, di un fatto ostativo che risulti oggettivamente estraneo alla volontà della parte (che l’applicazione della rimessione chiede) e che dalla stessa non risulti governabile, neppure con «difficoltà» (cfr., Cass. SS.UU. n. 4135 del 2019; Cass. SS.UU. n. 27773 del 2020; Cass. n. 11062 del 2006), tanto che neanche la malattia del procuratore rileva di per sé come legittimo impedimento (in tal senso Cass. SS.UU. n. 32725 del 2018; Cass. n. 12544 del 2015; Cass. n. 14586 del 2005); l’altra condizione attiene alla c.d. «immediatezza della reazione», da intendere come tempestività del comportamento della parte di fronte al verificarsi del «fatto ostativo» in sé rilevante: nella prontezza dell’attivarsi, appunto, per superarlo o comunque per porre rimedio alla situazione che si è così venuta a determinare (cfr., oltre alla già citata pronuncia delle Sezioni Unite n. 4135/2019, Cass. n. 21304 del 2019; Cass. n. 22342 del 2021).
Nel caso in esame, dalla stessa prospettazione dei fatti rappresentata dalla ricorrente nella memoria depositata ex art. 380 bis cpc, si rileva che dal 16.11.2021 fino al 14.2.2022, allorquando il
suo precedente Difensore le consegnò copia della sentenza con relativa attestazione di conformità all’originale, non è stato specificato alcun evento che, con carattere di assolutezza (Cass. n. 25228/2023), fosse stato ostativo e non governabile neppure con difficoltà per giustificare il tempo trascorso, né sono state precisate e dimostrate le ragioni del ritardo della messa a conoscenza del provvedimento che concernevano il rapporto interno tra la parte ed il proprio Difensore.
E, alla data del 14.2.2022, va ribadito che erano già decorsi i sessanta giorni previsti dall’art. 1 co. 62 legge n. 92 del 2012 per presentare ricorso in cassazione che, poi, fu addirittura presentato il 13 maggio 2022, a distanza di altri tre mesi circa.
Irrilevanti sono, poi, le allegate risultanze del colloquio avvenuto tra i due Difensori circa la pubblicazione e la visibilità del provvedimento della Corte di appello che, come detto, risultava invece comunicato il 16.11.2021 nella sua interezza, come attestato dalla Corte di appello di Venezia e, quindi, con modalità idonea a fare decorrere il termine breve di impugnazione.
Alla stregua di quanto esposto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
Le spese e compensi di lite seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
Poiché, all’esito dell’opposizione alla proposta di definizione anticipata del giudizio, ai sensi dell’art. 380 -bis, ultimo comma, c.p.c., il giudizio è stato definito in conformità alla proposta, deve essere applicato l’art. 96, terzo e quarto comma, c.p. c., con la conseguente condanna ulteriore della ricorrente soccombente al pagamento, in favore della controparte, di una somma equitativamente determinata nonché, in favore della cassa delle ammende, di una somma di denaro non inferiore ad euro 500,00 e non superiore a euro 5.000,00, somme che si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese di lite che liquida in euro 4.000,00, per compensi professionali,
euro 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% e accessori come per legge. Condanna la ricorrente al pagamento della somma di € 2.000,00 in favore della parte controricorrente, e di una ulteriore somma di € 2.000,00 in favore della C assa delle ammende. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 22 ottobre 2024