Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 15319 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 15319 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 31/05/2024
1.NOME COGNOME, impiegata dalla Provincia di Latina come LSU/LPU dal 27.11.1996 al 30.6.2004, ha adito il Tribunale di Latina, chiedendo che l’Amministrazione venisse condannata al pagamento delle differenze retributive tra quanto percepito come LSU e quanto spettante in ragione del carattere subordinato del rapporto di lavoro.
Il Tribunale di Latina ha accolto la domanda.
La Corte di Appello di Roma ha rigettato l’appello principale proposto dalla Provincia di Latina e in accoglimento dell’appello incidentale, in parziale riforma della sentenza impugnata, ha fissato nella data del 27.11.1996 la decorrenza dell’accertamento del diritto della COGNOME alla percezione delle differenze retributive di cui alla sentenza di primo grado.
La Corte territoriale ha escluso che le attività svolte dalla ricorrente fossero riconducibili ai progetti; ha ritenuto che le prestazioni della COGNOME fossero funzionali al raggiungimento dei fini istituzionali della Provincia per un arco di tempo ben più ampio dei 12 mesi previsti originariamente, con orario fisso di 36 ore settimanali (superiore a quello di 20 ore settimanali di cui al Progetto Informatica) e con rilevazione delle presenze e orari a mezzo firma, e successivamente a mezzo di badge elettronico.
Ha inoltre ravvisato il pieno assoggettamento della COGNOME al potere direttivo del preposto al settore di inserimento; ha, pertanto, ritenuto il carattere subordinato del rapporto, ed ha conseguentemente applicato l’art. 2126 cod. civ.
Ha aggiunto che il presupposto della stabilità del rapporto di lavoro non deve essere verificato ex post , ma in relazione al concreto atteggiarsi del rapporto nel corso del suo svolgimento, sicché, esclusa la stabilità del rapporto
di lavoro nelle ipotesi di prestazioni di fatto con violazioni di legge, ha ritenuto che il termine quinquennale di prescrizione dei crediti fosse rimasto sospeso durante l’esecuzione del rapporto medesimo.
La Provincia di Latina ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi.
La COGNOME ha resistito con controricorso, illustrato da memoria.
DIRITTO
Con il primo motivo, il ricorso denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 1, 2 e 10 d. lgs. n. 468/1997 e dell’art. 2126 cod. civ. in relazione all’art. 360, comma primo, n. 3 cod. proc. civ., per non avere la Corte territoriale considerato che l’elencazione dei lavori socialmente utili non ha carattere tassativo e che il lavoratore socialmente utile può svolgere tutte le funzioni proprie del Settore di assegnazione.
Critica la sentenza impugnata per avere affermato che le attività svolte dalla RAGIONE_SOCIALE fossero state divergenti rispetto alle disposizioni di legge e al progetto. Sostiene che tale divergenza è comunque consentita dall’art. 10 del d. lgs. n. 468/1997 ed evidenzia che nel caso di specie difetta il requisito della subordinazione, costituito dal pagamento del compenso da parte del beneficiario.
Con il secondo motivo, proposto in via gradata e subordinata, il ricorso denuncia violazione o falsa applicazione degli artt. 2934 e 2948 cod. civ. in relazione all’art. 360, comma primo, n. 3 cod. proc. civ., per avere la Corte territoriale erroneamente ritenuto che il rapporto non fosse assistito da stabilità reale.
L’impugnazione è inammissibile in quanto tardiva, come eccepito dalla COGNOME.
La sentenza impugnata è stata infatti pubblicata in data 25.7.2018; ai sensi dell’art. 327 cod. proc. civ., come modificato dalla legge n. 69/2009 (applicabile ratione temporis in quanto il giudizio di primo grado è iniziato nel 2011), il termine lungo per l’impugnazione, in mancanza di notifica, era pertanto di sei mesi.
Il ricorso per cassazione è datato 19.2.2019 ed è stato avviato alla notifica in data 20.2.2019.
Considerato che nelle cause di lavoro non trova applicazione la sospensione feriale, l’impugnativa è intervenuta dopo che il termine semestrale era spirato il 25.1.2019.
Va pertanto dichiarata l’inammissibilità del ricorso.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
Sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi dell’art.13, comma 1 quater , del d.P.R. n.115 del 2002, dell’obbligo, per il Comune ricorrente, di versare l’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione integralmente rigettata, se dovuto.
PQM
La Corte dichiara l’inammissibilità del ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese di giudizio, che liquida in euro 200,00 per esborsi ed in euro 4.000,00 per competenze professionali, oltre spese generali in misura del 15% e accessori di legge, da distrarre in favore degli AVV_NOTAIO NOME COGNOME e NOME COGNOME.
Ai sensi del d.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater , dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del Comune ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del cit. art. 13, comma 1 bis , se dovuto.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale del 10 maggio 2024.
La Presidente NOME COGNOME