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Ricorso tardivo in Cassazione: i termini perentori

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile l’appello di un istituto di credito contro una decisione fallimentare. Il motivo è un ricorso tardivo in Cassazione, presentato oltre il termine perentorio di 30 giorni dalla comunicazione via PEC del provvedimento. La Corte ha verificato autonomamente la data della notifica, stabilendo un importante principio sulla prova della tempestività dell’impugnazione.

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Ricorso Tardivo in Cassazione: Quando la Procedura Supera il Merito

Nel labirinto delle procedure legali, il rispetto dei termini è una regola aurea. Un recente provvedimento della Corte di Cassazione ci ricorda in modo inequivocabile come un ricorso tardivo in Cassazione possa vanificare le ragioni di merito più solide. L’ordinanza in esame sottolinea l’importanza cruciale della tempestività e della prova della comunicazione degli atti giudiziari, specialmente nell’era digitale delle notifiche via PEC.

I Fatti di Causa

La vicenda trae origine da una procedura fallimentare. Un istituto di credito aveva insinuato un proprio credito, derivante da un finanziamento fondiario garantito da ipoteca, chiedendone l’ammissione in via privilegiata. Il curatore fallimentare si era opposto, eccependo l’inefficacia della garanzia ipotecaria tramite un’azione revocatoria. Il Tribunale aveva accolto la tesi del curatore, ammettendo il credito della banca solo in via chirografaria, ovvero senza alcuna prelazione.

Contro questa decisione, l’istituto bancario ha proposto ricorso per Cassazione, lamentando vizi nella valutazione del Tribunale circa i presupposti dell’azione revocatoria. Tuttavia, la questione centrale su cui la Suprema Corte è stata chiamata a pronunciarsi non ha riguardato il merito della controversia, ma un aspetto puramente procedurale: la tempestività del ricorso.

La Questione Decisiva: Un Ricorso Tardivo in Cassazione

Il controricorrente, ovvero il Fallimento, ha sollevato un’eccezione pregiudiziale di inammissibilità, sostenendo che il ricorso fosse stato notificato oltre il termine perentorio di trenta giorni previsto dall’art. 99 della Legge Fallimentare. Tale termine decorre dalla comunicazione del decreto impugnato.

La banca ricorrente, dal canto suo, si è difesa affermando in modo generico che il decreto non le fosse stato comunicato. Di fronte a queste posizioni contrapposte, la Corte di Cassazione ha esercitato il suo potere di giudice del fatto processuale.

Le Motivazioni della Corte

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, accogliendo l’eccezione del controricorrente. La motivazione si fonda su principi procedurali chiari e rigorosi.

In primo luogo, la Corte ha ribadito che l’onere di provare la tempestività del ricorso grava sulla parte che lo propone. Il ricorrente deve depositare, insieme al ricorso, la copia autentica del provvedimento impugnato con la relativa attestazione di comunicazione, oppure dimostrare che la notifica non è avvenuta. Una semplice e generica affermazione di mancata comunicazione non è sufficiente.

In secondo luogo, e questo è il punto cruciale, la Corte ha proceduto a una verifica diretta. Attraverso una consultazione degli atti processuali, è stato acquisito il messaggio PEC con cui la cancelleria del Tribunale aveva regolarmente comunicato il decreto al difensore della banca. La comunicazione era avvenuta lo stesso giorno del deposito del provvedimento, il 4 luglio 2016.

Considerando la sospensione feriale dei termini, il termine ultimo per proporre ricorso scadeva il 5 settembre 2016. Il ricorso è stato invece notificato solo il 28 settembre 2016, ben oltre il limite consentito. Questo ritardo ha reso il ricorso tardivo in Cassazione e, di conseguenza, inammissibile, precludendo ogni esame nel merito delle censure sollevate dalla banca.

Conclusioni

Questa ordinanza è un monito fondamentale per tutti gli operatori del diritto. Dimostra che nel processo civile, la forma e la sostanza sono due facce della stessa medaglia. L’inammissibilità per tardività del ricorso ha impedito alla Corte di valutare se la decisione del Tribunale fosse corretta o meno. La lezione è chiara: la massima attenzione deve essere posta alla gestione delle comunicazioni telematiche (PEC) e al calcolo dei termini perentori. La negligenza su questi aspetti procedurali può costare la perdita definitiva di un diritto, indipendentemente da quanto fondate possano essere le proprie ragioni nel merito.

Perché il ricorso della banca è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché era un ricorso tardivo in Cassazione. È stato notificato oltre il termine perentorio di 30 giorni dalla data in cui il provvedimento del Tribunale era stato ufficialmente comunicato al difensore della banca tramite Posta Elettronica Certificata (PEC).

Come ha fatto la Corte di Cassazione a stabilire la data esatta della comunicazione?
Di fronte alla contestazione tra le parti, la Corte ha agito come “giudice del fatto processuale” e ha verificato direttamente gli atti. Ha acquisito la prova della comunicazione consultando il messaggio PEC inviato dalla cancelleria, confermando che la notifica era avvenuta regolarmente in una data che rendeva tardivo il successivo ricorso.

Chi deve dimostrare che un ricorso è stato presentato in tempo?
L’onere della prova spetta sempre alla parte che presenta il ricorso (il ricorrente). Quest’ultimo deve depositare la documentazione che attesti la data di comunicazione del provvedimento impugnato o, in alternativa, dimostrare che nessuna comunicazione è avvenuta. Una semplice dichiarazione non è sufficiente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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