Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 21155 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 21155 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 29/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso 18180-2021 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, domiciliata in INDIRIZZO presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
COGNOME NOME COGNOME, domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 300/2021 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 19/03/2021 R.G.N. 905/2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 22/05/2024 dal AVV_NOTAIO.
Oggetto
Licenziamento individuale Rapporto privato
R.G.N.NUMERO_DOCUMENTO
COGNOME.
Rep.
Ud. 22/05/2024
CC
RILEVATO CHE
la Corte d’Appello di Milano, in riforma di sentenza del Tribunale della stessa sede, dichiarava l’illegittimità del licenziamento intimato da RAGIONE_SOCIALE ad NOME COGNOME in data 27.9.2019 e, per l’effetto, ordinava la reintegra del medesimo nel posto di lavoro e condannava la società a corrispondergli, a titolo di risarcimento del danno, una somma pari all’ultima retribuzione utile per il calcolo del TFR dalla data del licenziamento sino alla reintegrazione, entro il limite massimo di 12 mensilità, oltre accessori;
per la cassazione della predetta sentenza ricorre la società con due motivi; resiste il lavoratore con controricorso; al termine della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza;
CONSIDERATO CHE
con il primo motivo parte ricorrente deduce omesso esame di fatto storico risultante dagli atti processuali e decisivo per il giudizio, consistito nella ritenuta mancata prova della revoca del licenziamento comunicata al lavoratore a mezzo messaggio comunicato tramite applicativo telefonico (Whatsapp);
con il secondo motivo viene dedotta carenza e contraddittorietà della motivazione in merito alle ragioni del mancato accoglimento delle doglianze della società;
in via preliminare e assorbente rileva il Collegio che il ricorso è improcedibile per mancato rispetto del termine di cui all’art. 369 c.p.c. per il deposito del ricorso nel termine di 20 giorni dall’ultima notificazione (avvenuta il 27.4.2021, mentre l’is crizione risulta avvenuta in data 13.7.2021);
4. parte ricorrente ha proposto istanza di rimessione in termini datata 7.7.2021 e depositata in data 13.7.2021, deducendo di avere appreso in data 6.6.2021 di un malfunzionamento del sistema telematico che aveva impedito il regolare e tempestivo deposito del ricorso;
osserva il Collegio che, anche ritenuta la non imputabilità del dedotto malfunzionamento, tuttavia risulta trascorso oltre un mese tra la dedotta comunicazione del mancato deposito regolare del ricorso e il deposito dell’istanza di rimessione in termini;
tale ampio iato temporale nella sequenza procedimentale è incompatibile con il principio di immediata attivazione o comunque entro termine ragionevole per la ripresa del procedimento (cfr. Cass. n. 15145/2015, n. 29889/2022);
infatti, il tardivo deposito del ricorso per cassazione (dopo la scadenza del ventesimo giorno dall’ultima notificazione alle parti contro le quali è proposto) comporta l’improcedibilità dello stesso, rilevabile d’ufficio e non esclusa dalla circostanza che il controricorrente non abbia formulato apposita eccezione (Cass. n. 22092/2019); nel caso di specie il ricorrente ha allegato che il mancato tempestivo deposito del ricorso è stato determinato da causa ad esso non imputabile, ma non ha richiesto la rimessione in termini per evitare la declaratoria di improcedibilità non appena cessato l’impedimento;
a norma dell’art. 369 c.p.c. il ricorso deve pertanto essere dichiarato improcedibile per tardività, con regolazione delle spese del presente giudizio, liquidate come da dispositivo, secondo soccombenza;
all’improcedibilità dell’impugnazione consegue il raddoppio del contributo unificato, ove spettante nella ricorrenza dei presupposti processuali;
La Corte dichiara improcedibile il ricorso. Condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del presente giudizio, che liquida in € 5.000 per compensi, € 200 per esborsi, spese generali al 15%, accessori di legge. Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.p.r. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto. Così deciso in Roma, nell’Adunanza camerale del 22 maggio 2024.