LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Ricorso straordinario inammissibile: la Cassazione

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso straordinario inammissibile poiché l’atto impugnato, un’ordinanza del tribunale, confermava la natura non decisoria di un precedente ‘visto’ del giudice. La Corte ribadisce che solo i provvedimenti che incidono su diritti soggettivi con efficacia di giudicato possono essere oggetto di ricorso straordinario, delineando i confini dell’appellabilità degli atti giudiziari nelle procedure di sovraindebitamento.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 18 settembre 2025 in Diritto Fallimentare, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Ricorso Straordinario Inammissibile: Quando un Atto Giudiziario Non È Appellabile

L’ordinanza in esame della Corte di Cassazione offre un’importante lezione sui limiti dell’impugnazione, chiarendo perché un ricorso straordinario inammissibile può derivare non solo dai vizi del ricorso stesso, ma dalla natura dell’atto che si intende contestare. Il caso analizza la differenza fondamentale tra un atto meramente ordinatorio e un provvedimento con carattere decisorio, l’unico che può essere sottoposto al vaglio della Suprema Corte.

I Fatti del Caso: Un Credito Escluso e un “Visto” Contestato

Tutto ha origine da una procedura di composizione della crisi da sovraindebitamento avviata da una consumatrice. Il Tribunale omologava il suo piano, nominando un liquidatore per la sua esecuzione. Quest’ultimo, nel predisporre lo stato passivo, ovvero l’elenco dei creditori aventi diritto a essere soddisfatti, non includeva il credito di una società finanziaria.

Il giudice delegato, prendendo atto del documento, vi apponeva un semplice “visto”, disponendone l’acquisizione agli atti. Ritenendosi lesa dall’esclusione, la società finanziaria proponeva reclamo contro questo “visto”, sostenendo che esso avesse di fatto ratificato l’esclusione del proprio credito.

La Decisione del Tribunale

Il Tribunale investito del reclamo lo dichiarava inammissibile. La motivazione era duplice: in primo luogo, il “visto” del giudice delegato non era un provvedimento con valore di decisione, ma un mero atto amministrativo interno alla procedura, privo di effetti sui diritti delle parti. In secondo luogo, anche se si fosse voluto interpretare il reclamo come un’impugnazione tardiva contro il decreto di omologa del piano, sarebbe stato comunque fuori termine.

Le Motivazioni del Ricorso Straordinario Inammissibile in Cassazione

Contro la decisione del Tribunale, la società finanziaria ha proposto ricorso straordinario per cassazione. La Suprema Corte, tuttavia, ha confermato l’esito del giudizio precedente, dichiarando il ricorso straordinario inammissibile. Il ragionamento della Corte si fonda sui requisiti di “decisorietà” e “definitività” che un provvedimento deve possedere per essere impugnabile ai sensi dell’art. 111 della Costituzione.

La Corte ha spiegato che la “decisorietà” consiste nell’attitudine di un atto a incidere su diritti soggettivi con l’efficacia tipica del giudicato. L’ordinanza del Tribunale, limitandosi a rilevare l’inammissibilità del reclamo per l’assenza di carattere decisorio dell’atto sottostante (il “visto”), non ha a sua volta assunto valenza decisoria. In pratica, il Tribunale ha correttamente registrato che il “visto” non aveva risolto alcuna controversia né leso alcun diritto, ma aveva semplicemente disposto l’acquisizione di un documento. Di conseguenza, anche l’ordinanza che si pronuncia su un atto non decisorio è, a sua volta, priva dei requisiti per essere appellata in Cassazione.

Le Conclusioni: L’Importanza della Natura del Provvedimento Impugnato

Questa pronuncia ribadisce un principio cruciale del nostro ordinamento processuale: non tutti gli atti emessi da un giudice sono “sentenze” o provvedimenti equiparabili. Per poter accedere al sindacato di legittimità della Corte di Cassazione, l’atto impugnato deve essere in grado di risolvere una controversia su diritti, producendo effetti stabili e non più modificabili all’interno dello stesso procedimento. Un atto con funzione meramente ordinatoria o preparatoria, come il “visto” per l’acquisizione di un documento, non possiede tale natura. Pertanto, qualsiasi impugnazione contro di esso, inclusa l’ordinanza che ne dichiara l’inappellabilità, si scontra con una inevitabile declaratoria di inammissibilità.

Perché il ricorso straordinario per cassazione è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché l’ordinanza impugnata si pronunciava su un precedente provvedimento (un “visto” del giudice delegato) che non aveva carattere decisorio, ovvero non incideva su diritti soggettivi con efficacia di giudicato. Di conseguenza, anche l’ordinanza stessa era priva dei requisiti di decisorietà e definitività necessari per l’impugnazione in Cassazione.

Che cosa significa che un provvedimento giudiziario è privo di ‘decisorietà’?
Significa che il provvedimento non ha la capacità di risolvere una controversia tra le parti incidendo sui loro diritti in modo stabile e definitivo. Un atto che si limita a disporre l’acquisizione di un documento agli atti della procedura, come nel caso di specie, è privo di decisorietà.

Quale era l’atto originariamente contestato dal creditore?
L’atto contestato era il “visto” apposto dal giudice delegato sullo stato passivo redatto dal liquidatore, il quale non includeva il credito della società ricorrente. La Corte ha stabilito che tale “visto” era un mero atto di acquisizione documentale e non una decisione sull’esclusione del credito.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati