Sentenza di Cassazione Civile Sez. L Num. 2542 Anno 2024
Civile Sent. Sez. L Num. 2542 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 26/01/2024
SENTENZA
sul ricorso 22559-2022 proposto da:
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in
Oggetto
LEGGE 92/2012 -RICORSO PER SALTUM IN LUOGO DI RECLAMO -INAMMISSIBILITA’
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO
COGNOME.
Rep.
Ud. 16/11/2023
PU
INDIRIZZO, INDIRIZZO, presso lo studio degli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME, COGNOME NOME che la rappresentano e difendono;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 2189/2022 del TRIBUNALE di BARI, depositata il 14/07/2022 R.G.N. 4336/2021;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 16/11/2023 dal AVV_NOTAIO;
udito il P.M. in persona del AVV_NOTAIO che ha concluso per inammissibilità del ricorso;
udito l’avvocato NOME COGNOME; uditi gli avvocati COGNOME, COGNOME NOME
NOME.
Fatti di causa
Il Tribunale di Bari, pronunciando in sede di opposizione, nel rito disciplinato dall’art. 1, commi 47 ss., legge n. 92/2012, ha confermato l’ordinanza resa in esito alla fase sommaria con la quale era stato dichiarato inammissibile, per essere competente il Tribunale della stessa città – sez. Misure di prevenzione, il ricorso proposto da NOME COGNOME di impugnativa del licenziamento per giustificato motivo oggettivo intimatogli con lettera 23/12/2019 dalla Società
RAGIONE_SOCIALE, di cui era dipendente dal 2011 con qualifica di operaio – VI livello CCNL lavoratori dei RAGIONE_SOCIALE.
Avverso la sentenza del Tribunale NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione con unico articolato motivo (violazione e falsa applicazione del d. lgs. n. 159/2011, artt. 40, 56 ss., per grave travisamento dell’interpretazione della norma applicata).
La cooperativa intimata ha resistito con controricorso contenente eccezione preliminare di inammissibilità del ricorso per saltum anziché di reclamo alla Corte d’Appello ai sensi dell’art. 1, comma 58, legge n. 92/2012, dal quale controparte sarebbe comunque decaduta per mancata impugnazione della sentenza del Tribunale entro 30 giorni dalla comunicazione (o notificazione se anteriore) stabilito dalla legge.
Entrambe le parti hanno depositato memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c. e discusso oralmente la causa.
Il P .G. ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
Ragioni della decisione
È fondata, con rilievo assorbente, l’eccezione preliminare di inammissibilità del ricorso per cassazione, anziché di reclamo alla Corte d’Appello , avverso la sentenza del Tribunale di Bari n. 2189/2022 pubblicata il 14.7.2022.
Il procedimento di impugnativa del licenziamento disciplinato dall’art. 1, commi 47 ss., legge n. 92/2012 (attualmente abrogato ma applicabile nella specie ratione temporis ), azionato sin dall’origine da parte ricorrente, è connotato da indubbia specialità, che non consente l’applicazione delle norme processuali previste
in generale dagli artt. 414 e seguenti del codice di rito, mancando una disposizione che ad esse rinvii per quanto ivi non previsto, come ad esempio stabilito dall’art. 359 c.p.c.
In particolare, il giudizio di primo grado è unico a composizione bifasica, con una prima fase ad istruttoria sommaria, diretta ad assicurare una più rapida tutela al lavoratore, e una seconda fase a cognizione piena che della precedente costituisce una prosecuzione; l’unico rimedio esperibile avverso il provvedimento conclusivo della fase sommaria, anche quando in mero rito, è il ricorso in opposizione previsto dall’art. 1, comma 51, della legge n. 92 del 2012, e non il reclamo che, ove proposto, va dichiarato inammissibile; analogamente, avverso l’ordinanza resa ai sensi dell’art. 1, comma 49, della legge 28 giugno 2012, n. 92, non è ammesso appello, ma solo l’opposizione innanzi allo stesso giudice, né l’ordinanza può essere impugnata con ricorso per saltum in cassazione, previsto dall’art. 360, secondo comma, c.p.c. solo in relazione ad una “sentenza appellabile” (cfr. Cass. n. 2364/2020, n. 21720/2018, n. 19552/2016, n. 17247/2016, n. 10133/2014).
D’altra parte, contro una sentenza di primo grado ed in assenza dell’accordo tra le parti per omettere l’appello, non è ipotizzabile il rimedio del ricorso straordinario per cassazione, in quanto l’art. 111, comma 7, Cost. ha la finalità di ammettere tale mezzo di impugnazione solo contro provvedimenti per i quali la legge non prevede o limita il ricorso per cassazione, con esclusione di quelli per i quali è possibile l’appello (Cass. n. 19162/2020); e l’accordo diretto all’immediata impugnazione, in sede di legittimità, della sentenza di primo grado (c.d. ricorso
per saltum ) costituisce un negozio giuridico processuale che, consistendo nella rinunzia ad un grado di giudizio, deve intervenire personalmente fra le parti ed avere ad oggetto una sentenza appellabile (v. Cass. n. 13195/2022, n. 22956/2010).
Applicando i suddetti principi alla fattispecie in esame, deve rilevarsi che il rito speciale di cui alla legge n. 92/2012 prevede, per l’impugnazione delle sentenze rese dal Tribunale in sede di opposizione, a conclusione del procedimento bifasico di primo grado, la proposizione di reclamo alla Corte d’Appello competente; che la previsione di tale mezzo specifico di impugnazione esclude la proponibilità di ricorso straordinario per cassazione; che non consta alcun accordo tra le parti per la proposizione di ricorso per saltum .
Deve, pertanto, essere dichiarato inammissibile, in assenza di accordo tra le parti ai sensi dell’art 360, comma 2, c.p.c., il ricorso per saltum avverso la sentenza del Tribunale che definisce la fase di opposizione all’ordinanza, secondo le caratteristiche del giudizio bifasico di primo grado previsto dal cd. rito Fornero, in quanto avverso tale sentenza è previsto lo specifico rimedio del reclam o alla Corte d’Appello.
All’inammissibilità del ricorso consegue, secondo il regime della soccombenza, la condanna di parte ricorrente alla rifusione in favore di parte controricorrente delle spese del presente giudizio, liquidate come da dispositivo.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, previsto per l’impugnazione.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del presente giudizio, che liquida in € 4.500 per compensi, € 200 per esborsi, spese generali al 15%, accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 16