Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 23568 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 23568 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 03/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso 18748-2023 proposto da:
NOME COGNOME, domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, in persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO, presso l’Avvocatura Centrale dell’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso l’ordinanza n. 7340/2023 della CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE di ROMA, depositata il 14/03/2023 R.G.N. 16587/2019;
Oggetto
Revocazione
R.G.N.18748/2023
COGNOME.
Rep.
Ud. 30/05/2024
CC
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 30/05/2024 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME.
RILEVATO IN FATTO
che, con ordinanza n. 7340 del 2023, questa Corte di cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto da NOME COGNOME avverso la sentenza con cui la Corte d’appello di Bari aveva confermato la pronuncia di primo grado che aveva rigettato la sua domanda nei confronti dell’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE volt a alla regolarizzazione della propria posizione contributiva per il periodo compreso tra il 1982 e il 1988, in cui -a suo dire -aveva prestato attività lavorativa subordinata alle dipendenze del Comune di Conversano;
che avverso tale pronuncia NOME COGNOME ha proposto ricorso per revocazione, deducendo due motivi di censura, successivamente illustrati con memoria;
che l’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso;
che, chiamata la causa all’adunanza camerale del 30.5.2024, il Collegio ha riservato il deposito dell’ordinanza nel termine di giorni sessanta (articolo 380bis .1, comma 2°, c.p.c.);
CONSIDERATO IN DIRITTO
che, con il primo motivo, si denuncia ‘falsa percezione della realtà’ ed ‘errori di fatto obiettivamente ed immediatamente rilevabili attinenti all’accertamento ed alla ricostruzione della verità di specifici dati empirici’, per avere questa Corte ‘ignorat la prospettazione, in fatto e in diritto, coperta da giudicato interno, contenuta nella sentenza n. 855/2005 della Corte di appell o di Bari’, che a suo dire -avrebbe accertato il precorso rapporto di lavoro con il Comune di Conversano (così il ricorso per revocazione, pagg. 69 e 81-82);
che, con il secondo motivo, si lamenta ‘falsa percezione della realtà’, ‘errore di fatto obiettivamente ed immediatamente
rilevabile attinente all’accertamento ed alla ricostruzione della verità di specifici dati empirici’ e ‘violazione dell’obbligo del giudice di procedere ad una interpretazione convenzionalmente orientata e ad una ‘applicazione rigorosa e ad una valutazione molto attenta di ogni elemento anche in fatto della relativa fattispecie’ (ord. n. 18619 del 2016)’ (così il ricorso per revocazione, pag. 85), rimproverandosi a questa Corte di non aver accolto il quarto motivo di ricorso per cassazione, concernente la lesione di diritti fondamentali previsti dalla Convenzione EDU, per non aver appunto proceduto ad esame attento e rigoroso di ogni elemento in fatto, e in particolare dei vari elementi probatori allegati da cui risultava l’esistenza del precorso rapporto di lavoro subordinato con il Comune di Conversano;
che, con l’ordinanza impugnata per revocazione questa Corte, esaminando ‘congiuntamente per la loro connessione’ i motivi del ricorso per cassazione, ha dapprima evidenziato che la pronuncia impugnata si basava ‘su una doppia ratio decidendi ‘, costituita per un verso dalla ‘assenza di un rapporto di lavoro subordinato idoneo a produrre effetti sul piano previdenziale’ e per un altro verso sulla ‘non corrispondenza delle azioni esperita alle azioni esperibili dal lavoratore a tutela della propria posizione p revidenziale’, e indi ha rilevato sia che ‘i confusi motivi di ricorso non dicno dove la sentenza abbia sbagliato’, sia che si trattava di censure proposte ‘in modo affastellato e promiscuo, tale da rendere non identificabili i singoli capi della sentenza che si intendono impugnare, ed inintelligibili le tesi prospettate al fine di corroborare le proposte censure’, evidenziando, in particolare, l’inammissibile ‘mescolanza e sovrapposizione di mezzi di impugnazione
eterogenei facenti riferimento alle diverse ipotesi contemplate dall’art. 360, comma 1, n. 3 e n. 5 c.p.c.’;
che, ciò premesso, va ribadito che la contestazione dell’errore di fatto revocatorio, ai sensi dell’art. 395, comma 1°, n. 4 c.p.c., presuppone la sua decisività, che non sussiste qualora l’impugnato provvedimento trovi fondamento anche in ulteriori ed autonome rationes decidendi rispetto alle quali non sia contestato alcun errore percettivo (così da ult. Cass. n. 4678 del 2022);
che, anche a voler supporre che i confusi motivi di revocazione concernano la prima delle rationes decidendi dell’ordinanza impugnata, è evidente che non risulta attinta da specifiche censure revocatorie la statuizione di inammissibilità del ricorso per essere state le censure proposte in modo promiscuo ed inintelligibile;
che il ricorso, pertanto, va senz’altro dichiarato inammissibile, provvedendosi come da dispositivo sulle spese del presente giudizio di revocazione, che seguono la soccombenza;
che, in considerazione della declaratoria d’inammissibilità del ricorso, va dichiarata la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, previsto per il ricorso;
P. Q. M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano in € 2.700,00, di cui € 2.500,00 per compensi, oltre spese generali in misura pari al 15% e accessori di legge. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , d.P.R. n. 115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a
titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13. Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale del 30.5.2024.