Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 29406 Anno 2024
ORDINANZA
sul ricorso N. 24215/2022 R.G. proposto da:
COGNOME NOMECOGNOME elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell ‘ avv. NOME COGNOME rappresentato e dife so dall’avv. NOME COGNOME COGNOME come da procura allegata al ricorso, nonché difeso da sé stesso ex art. 86 c.p.c., domicilio digitale ;
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– ricorrente –
contro
CASELLATO NOME
– intimato –
avverso la sentenza n. 1071/2022 della Corte d ‘ appello di Venezia, depositata
udita la relazione della causa svolta nella adunanza camerale del 3.7.2024 dal Consigliere relatore dr. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con reclamo ex art. 630, ultimo comma, c.p.c., NOME COGNOME impugnò l ‘ ordinanza di estinzione ex art. 624bis c.p.c. della procedura esecutiva da lui avviata nei confronti di NOME COGNOME dinanzi al Tribunale di Rovigo (N. 347/2015 R.G.E.), pronunciata dal giudice dell ‘ esecuzione in data 29.1.2021, a causa della mancata riassunzione del processo esecutivo nel termine di dieci giorni dalla scadenza del periodo di sospensione di ventiquattro mesi, disposto su istanza delle parti dallo stesso g.e. con ordinanza del 21.12.2018. Chiese quindi la revoca dell ‘ ordinanza di estinzione e la rimessione delle parti dinanzi al g.e. per la prosecuzione della procedura esecutiva rilevando: a) la mancata applicazione dell ‘ art. 54ter , comma 1, d.l. n. 18/2020, convertito in legge n. 176/2020, che imponeva fino al 30.6.2021 la sospensione di ogni procedura esecutiva ‘per’ il pignoramento immobiliare che avesse ad oggetto l ‘ abitazione principale del debitore; b) la mancata applicazione della sospensione di tutti i termini processuali; c) che l ‘ ordinanza reclamata non aveva tenuto conto del periodo di sospensione feriale. NOME COGNOME rimase contumace. Con sentenza n. 179/2021, il Tribunale di Rovigo rigettò il reclamo, rispettivamente osservando che, con l ‘ art. 54ter cit. era stata disposta la sospensione ex lege di ogni procedura esecutiva avente ad oggetto l ‘ abitazione principale del debitore, intendendo per tale l ‘ immobile destinato stabilmente, in modo effettivo e durevole, dal debitore a propria abitazione e che, nella specie, non era emersa alcuna evidenza in tal senso; quanto al secondo motivo, che il ricorrente aveva inteso far riferimento all ‘ art.
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83 d.l. n. 18/2020, convertito in legge n. 27/2020, per cui era stata disposta la sospensione fino all ‘ 11.5.2020, di tutti i termini per il compimento di qualsiasi atto dei procedimenti civili e penali, che tuttavia non poteva trovare applicazione nel caso di specie in quanto in tale periodo non doveva essere compiuto alcun atto processuale; infine che, per lo stesso motivo, non risultava applicabile la sospensione dei termini processuali prevista dall ‘ art. 1 della legge n. 742/1969. NOME COGNOME propose gravame e la Corte d ‘ appello di Venezia, nella contumacia di NOME COGNOME, lo rigettò con sentenza dell ‘ 11.5.2022. Osservò il giudice d ‘ appello che, anzitutto, la sentenza non poteva ritenersi nulla a cagione della partecipazione dello stesso giudice che aveva emesso l ‘ ordinanza reclamata nella composizione del Collegio giudicante; che nessuna prova era stata ritualmente offerta dall ‘ appellante circa il fatto che l ‘ esecutato non dimorasse abitualmente nell ‘ immobile pignorato, tanto più che questi era rimasto contumace nel giudizio di primo grado; che l ‘ appellante non aveva colto la differenza tra la sospensione concordata del processo esecutivo e quella disposta dalla disciplina emergenziale Covid; che la disciplina dettata dalla legge n. 742/1969 non interferisce con la sospensione ex art. 624bis c.p.c. Avverso detta sentenza NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione sulla base di sette motivi, illustrati da memoria; NOME COGNOME non ha svolto difese. Il Collegio ha riservato il deposito dell ‘ ordinanza entro sessanta giorni.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.1 -Con il primo motivo si lamenta la ‘ violazione di legge per non aver accolto la tesi, avente carattere pregiudiziale di diretta applicabilità degli artt. 6 e 13
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Convenzione di Roma (CEDU) nonché dell ‘ art. 47 della Carta di Nizza secondo l ‘ interpretazione dell ‘ Alta Corte di Giustizia; quanto alla procedura in questione ‘.
1.2 Con il secondo motivo si denuncia la ‘ violazione e falsa applicazione ex art. 360 n. 3 c.p.c. in relazione agli artt. 115, 116 c.p.c., 2697, 2699 e 2700 c.c.’ .
1.3 Con il terzo motivo si denuncia la ‘ violazione e falsa applicazione degli artt. 54 ter d.l. 14 marzo 2020 n. 18 conver(t)ito con modificazioni e 298 c.p.c.’.
1.4 Con il quarto motivo si denuncia la ‘ violazione di principi costituzionali di riparto delle attribuzioni: giudice legislatore’.
1.5 Con il quinto motivo si denuncia la ‘ nullità della sentenza in ordine alla questione di non aver ritenuto applicabile il periodo di sospensione feriale da sommarsi ai due anni’.
1.6 Con il sesto motivo si lamenta la ‘ nullità della sentenza in ordine alla questione per non aver ritenuto applicabile il periodo di sospensione feriale da sommarsi ai due anni’.
1.7 Con il settimo motivo, infine, si denuncia la ‘ nullità della decisione (ex art. 360 n. 4 cpc)’ .
2.1 -Il ricorso è inammissibile per violazione dell ‘ art. 366, comma 1, n. 3, c.p.c., nel testo vigente ratione temporis , per sovrabbondante e, tuttavia, insanabilmente inadeguata esposizione dei fatti sostanziali e processuali.
Infatti, il ricorrente ha adottato una tecnica espositiva (integrale e/o sovrabbondante riproduzione dell ‘atto di precetto, del ‘polisweb’ per ben due volte -degli atti della procedura esecutiva immobiliare, del provvedimento di sospensione ex art. 624bis c.p.c., del provvedimento di estinzione, del reclamo
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ex art. 630 c.p.c., dell ‘ atto d ‘ appello e della sentenza qui impugnata) che, da un lato, implica la lettura di una notevole massa di informazioni su fatti (processuali e sostanziali) talvolta irrilevanti ai fini della decisione e che, dall ‘ altro, rende di per sé impossibile la focalizzazione sui fatti invece rilevanti.
2.2.1 Ora, è appena il caso di precisare che il giudizio di cassazione è un giudizio impugnatorio a critica vincolata, in cui il ricorrente deve rivolgersi alla Corte individuando uno o più specifici vizi di legittimità – che, in tesi, affliggono la decisione impugnata – scegliendoli dal novero di quelli elencati dall ‘ art. 360, comma 1, e nel rispetto, tra l ‘ altro, dei requisiti di contenuto-forma di cui agli artt. 365 e 366 c.p.c.
In proposito, nel richiamare al riguardo, per brevità, la motivazione di Cass. n. 15445/2023, che il Collegio condivide, può osservarsi che ancora assai di recente, con riguardo al testo previgente della citata disposizione processuale (che è qui applicabi le), è stato anche affermato che ‘ Il disposto dell ‘ art. 366, comma 1, n. 3, c.p.c. – secondo cui il ricorso per cassazione deve contenere, a pena di inammissibilità, l ‘ esposizione sommaria dei fatti di causa – non risponde ad un ‘ esigenza di mero formalismo, bensì a consentire alla S.C. di conoscere dall ‘ atto, senza attingerli aliunde, gli elementi indispensabili per una precisa cognizione dell ‘ origine e dell ‘ oggetto della controversia, dello svolgimento del processo e delle posizioni in esso assunte dalle parti; per soddisfare tale requisito occorre che il ricorso per cassazione contenga, in modo chiaro e sintetico, l ‘ indicazione delle reciproche pretese delle parti, con i presupposti di fatto e le ragioni di diritto che le hanno giustificate, delle eccezioni, delle difese e delle deduzioni di ciascuna parte in relazione alla posizione avversaria, dello svolgersi
della vicenda processuale nelle sue articolazioni e, dunque, delle argomentazioni essenziali, in fatto e in diritto, su cui si è fondata la sentenza di primo grado, delle difese svolte dalle parti in appello e, infine, del tenore della sentenza impugnata ‘ (Cass. n. 1352/2024).
2.2.2 In particolare, con specifico riferimento al tema dell ‘ eccesso di esposizione (ossia, quello che qui viene in rilievo), numerose pronunce hanno avuto ad oggetto la tecnica della c.d. ‘spillatura’ o del c.d. ‘assemblaggio’, consistenti nella riproduzione, meccanica o informatica, di una serie di atti processuali e documenti all ‘ interno del ricorso; in proposito, Cass., Sez. Un., n. 16628/2009, ha affermato che ‘ La prescrizione contenuta nell ‘ art. 366, primo comma, n. 3 cod. proc. civ., secondo la quale il ricorso per cassazione deve contenere, a pena d ‘ inammissibilità, l ‘ esposizione sommaria dei fatti di causa, non può ritenersi osservata quando il ricorrente non riproduca alcuna narrativa della vicenda processuale, né accenni all ‘ oggetto della pretesa, limitandosi ad allegare, mediante “spillatura” al ricorso, l ‘ intero ricorso di primo grado ed il testo integrale di tutti gli atti successivi, rendendo particolarmente indaginosa l ‘ individuazione della materia del contendere e contravvenendo allo scopo della disposizione, preordinata ad agevolare la comprensione dell ‘ oggetto della pretesa e del tenore della sentenza impugnata in immediato coordinamento con i motivi di censura ‘; e ancora, secondo Cass., Sez. Un. n. 5698/2012, ‘ In tema di ricorso per cassazione, ai fini del requisito di cui all ‘ art. 366, n. 3, cod. proc. civ., la pedissequa riproduzione dell ‘ intero, letterale contenuto degli atti processuali è, per un verso, del tutto superflua, non essendo affatto richiesto che si dia meticoloso conto di tutti i momenti nei quali la vicenda processuale si
è articolata; per altro verso, è inidonea a soddisfare la necessità della sintetica esposizione dei fatti, in quanto equivale ad affidare alla Corte, dopo averla costretta a leggere tutto (anche quello di cui non occorre sia informata), la scelta di quanto effettivamente rileva in ordine ai motivi di ricorso. (Nella specie, la Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso articolato con la tecnica dell ‘ assemblaggio, mediante riproduzione integrale in caratteri minuscoli di una serie di atti processuali: sentenza di primo grado, comparsa di risposta in appello, comparsa successiva alla riassunzione a seguito dell ‘ interruzione, sentenza d ‘ appello ove mancava del tutto il momento di sintesi funzionale, mentre l ‘ illustrazione dei motivi non consentiva di cogliere i fatti rilevanti in funzione della comprensione dei motivi stessi) ‘ (i suddetti principi sono stati affermati, ex multis , da Cass. n. 3385/2016 e Cass. n. 12641/2017). Costituisce naturale evoluzione del consolidato insegnamento giurisprudenziale quella secondo cui la descritta tecnica espositiva non può utilizzarsi neanche nella mera illustrazione dei motivi di ricorso. Così, più di recente, Cass. n. 26837/2020 ha condivisibilmente affermato che ‘ Il ricorso per cassazione redatto mediante la giustapposizione di una serie di documenti integralmente riprodotti è inammissibile per violazione del principio di autosufficienza, il quale postula che l ‘ enunciazione dei motivi e delle relative argomentazioni sia espressa mediante un discorso linguistico organizzato in virtù di un concatenazione sintattica di parole, frasi e periodi, sicché, senza escludere radicalmente che nel contesto dell ‘ atto siano inseriti documenti finalizzati alla migliore comprensione del testo, non può essere demandato all ‘ interprete di ricercarne gli elementi rilevanti
all ‘ interno dei menzionati documenti, se del caso ricostruendo una connessione logica tra gli stessi, non esplicitamente affermata dalla parte ‘.
2.3 Così inquadrate le più significative pronunce sul tema in discorso – anche al lume della più recente giurisprudenza sovranazionale (Corte EDU, sentenza 28.10.2021, Succi c. Italia ), nella lettura datane da questa stessa Corte (Cass., Sez. Un., n. 8950/2022; e cfr. pure Cass. n. 12481/2022) – ritiene la Corte che il ricorrente sia evidentemente incorso in una inadeguata esposizione tale da rendere il ricorso inservibile al suo scopo di introdurre validamente il giudizio di legittimità, neppure potendo procedersi mediante la tecnica della espunzione (v. Cass. n. 8245/2018), ossia dell ‘ isolamento di quanto di superfluo sia stato inserito nel ricorso: l ‘ eliminazione dei dati in tal guisa offerti, in difetto di qualsiasi momento di sintesi, renderebbe il ricorso del tutto privo di esposizione e, quindi, a maggior ragione inammissibile.
La tecnica espositiva adottata dal ricorrente rende, dunque, particolarmente ‘indaginosa’ l’ individuazione delle questioni da parte di questa Corte, impropriamente investita della ricerca e della selezione dei fatti (anche processuali) rilevanti ai fini del decidere (v. la già citata Cass., Sez. Un., n. 16628/2009). Ciò tanto più che i motivi di ricorso sono enucleati solo a partire dalla pag. 45 (su un totale di 81 pagine), il che contribuisce a rendere di fatto impossibile la comprensione delle censure. Da qui, dunque, l ‘ inammissibilità del ricorso stesso.
3.1 -In definitiva, il ricorso è inammissibile. Nulla va disposto sulle spese di lite, l ‘ intimato non avendo svolto difese.
In relazione alla data di proposizione del ricorso (successiva al 30 gennaio 2013), può darsi atto dell ‘ applicabilità dell ‘ art. 13, comma 1quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 (nel testo introdotto dall ‘ art. 1, comma 17, legge 24 dicembre 2012, n. 228).
P. Q. M.
la Corte dichiara il ricorso inammissibile.
Ai sensi dell ‘ art. 13, comma 1quater , d.P.R. 30 maggio 2002, n.115, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente al competente ufficio di merito, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Corte di cassazione, il giorno