Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 9160 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 9160 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: CONDELLO NOME COGNOME
Data pubblicazione: 05/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 30782/2021 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa, giusta procura in calce al ricorso, dall’AVV_NOTAIO (p.e.c.: EMAIL), elettivamente domiciliata presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, in Roma, INDIRIZZO
-ricorrente – contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa, giusta procura in calce al controricorso, dall’AVV_NOTAIO, , così elettivamente
domiciliata
avverso la sentenza del la Corte d’appello di Catania n. 869/2021, pubblicata in data 26 aprile 2021;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 15 febbraio 2023 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOMEAVV_NOTAIO COGNOME
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La società RAGIONE_SOCIALE propone ricorso per cassazione, affidato a unico motivo, nei confronti di RAGIONE_SOCIALE, avverso la sentenza n. 869/2021 pronunciata dalla Corte d’ Appello di Catania, con cui è stato rigettato il gravame dalla ricorrente proposto avverso la sentenza n. 3452/2018, con cui il Tribunale di Catania aveva accolto l’ opposizione promossa dalla allora opponente, ora controricorrente, avverso il decreto ingiuntivo con cui si chiedeva il pagamento del corrispettivo pattuito a fronte della fornitura di prodotti petroliferi.
La società RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso e propone ricorso incidentale condizionato, con un unico motivo.
Il ricorso è stato avviato per la trattazione in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380 -bis .1. cod. proc civ.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo la ricorrente in via principale società RAGIONE_SOCIALE denunzia « Errata applicazione dell’art. 17 del decreto legge n. 1 del 24.01.2012, convertito con modifiche nella legge n. 27 del 24.03.2012. Violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 cod. civ., 115 e 116 c.p.c. con omessa o quanto meno insufficiente e per certi versi contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia (art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c.) ossia l’inapplicabilità della
disposizione di cui all’art. 17 d.l. n. 1/2012 in relazione all’intero anno 2012, posto che essa prevede quanto sopra solo a decorrere dal 30.06.2012››.
Premesso che la norma evocata recita che ‹‹…A decorrere dal 30 giugno 2012 eventuali clausole contrattuali che prevedano per gli stessi gestori titolari forme di esclusiva nell’approvvigionamento cessano di avere effetto ….›› , sostiene che la Corte territoriale, pur dando atto della fondatezza del motivo di appello in ragione del l’inapplicabilità della disposizione di cui al citato art. 17 in relazione all’intero anno 2013, posto che la norma può trovare applicazione solo a decorrere dal 30 giugno 2012, non aveva colto l’errore di calcolo in cui era incorsa la sentenza di primo grado che aveva valutato i volumi acquistati ancora prima del 30 giugno 2012; ribadisce che fino a tale ultima data erano pienamente legittime ed in vigore le clausole di esclusiva nell’approvvigionamento, cosicché nel calcolo non potevano computarsi gli acquisti effettuati nel 2011 quando la riduzione dell’esclusività non era neanche prevista.
Evidenzia che, sul punto, la sentenza impugnata è carente di motivazione e, comunque, contraddittoria, in quanto se si riteneva che la norma di cui all’art. 17 citato non poteva trovare applicazione per l’intero anno 2012, ‹‹ il calcolo dei volumi acquisiti nel periodo risulta(va) ictu oculi provato facendo un raffronto con quanto dichiarato dalla stessa società RAGIONE_SOCIALE con il registro U.T.F., già in atti, quale movimento dei prodotti dal 01.01.2012 al 31.12.2012, mai contestato da controparte e quello delle forniture di essa ricorrente …›› ; inoltre, non potevano essere valutati i volumi acquistati ancor prima del 30.06.2012, ossia quelli a partire dall’1.01.2011, ‹‹ in quanto fino al 30.06.2012 erano pienamente legittime ed in vigore le clausole in esclusiva nell’approvvigionamento››.
Soggiunge che la sentenza impugnata è censurabile anche nella parte in cui non ha motivato sull’ulteriore circostanza, pacifica, che tra le parti era stata rinegoziata la procedura sui prezzi per competere e fronteggiare la campagna sconti della concorrenza ed era stata riconfermata la validità del contratto fino al 31 dicembre 2012.
3. Il ricorso è inammissibile.
Nella sezione del ricorso dedicata espressamente al fatto (piè di pag. 1 e inizio di pag. 2 del ricorso) è esposta una sintetica descrizione dei fatti del processo da cui non è possibile evincere né la causa petendi , né il petitum, di talché non risulta rispettata la prescrizione del n. 3 dell’art. 366 cod. proc. civ.
Per soddisfare il requisito imposto da tale ultima disposizione il ricorso per cassazione deve contenere l’esposizione chiara ed esauriente, sia pure non analitica o particolareggiata, dei fatti di causa, dalla quale devono risultare le reciproche pretese delle parti, con i presupposti di fatto e le ragioni di diritto che le giustificano, le eccezioni, le difese e le deduzioni di ciascuna parte in relazione alla posizione avversaria, lo svolgersi della vicenda processuale nelle sue articolazioni, le argomentazioni essenziali, in fatto e in diritto, su cui si fondano le sentenze dei giudici dei singoli gradi (Cass., sez. 6 -3, 03/02/2015, n. 1926; Cass., sez. 6 -3, 28/05/2018, n. 13312; Cass., sez. 1, 03/11/2020, n. 24432)
Il requisito di cui all’art. 366, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. è volto a garantire a questa Corte di avere una chiara e completa cognizione del fatto sostanziale che ha originato la controversia, ma anche del fatto processuale, senza dover ricorrere ad altre fonti o atti in suo possesso, compresa la stessa sentenza impugnata (Cass., sez. U, 28/11/2018, n. 30754; Cass., sez. 3, 30/08/2018, n. 21396).
D’altro canto, anche attingendo dal motivo del ricorso principale,
sopra riassunto (ciò che è talvolta ammesso nella giurisprudenza di questa Corte: v. ad es. Cass., sez. 3, 28/06/2018, n. 17036), non si riesce a comprendere la vicenda processuale, in quanto esso si articola in una commistione di elementi di fatto, riscontri di risultanze istruttorie, rimandi a documenti, stralci di motivazione della sentenza di primo grado, sicché, per come formulato, il ricorso viola il requisito di specificità e completezza dei motivi di cassazione, perché devolve a questa Corte un’attività di estrapolazione della materia del contendere, che è riservata alla parte ricorrente, e di individuazione degli specifici vizi prospettabili (Cass., sez. 6 -3, 24/03/2017, n. 7701; Cass., sez. 6 – 3, 06/03/2014, n. 5277).
Va, peraltro, rammentato che la stessa giurisprudenza della Corte E.D.U. 28 ottobre 2021, ricorso n. 55064/11 e altri 2 – Succi e altri contro Italia, ha di recente chiarito: a) che la ricostruita lettura dell’art. 366 cod. proc. civ., e in questo caso del numero 3 del primo comma, «garantisce un utilizzo appropriato e più efficace delle risorse disponibili» dall’amministrazione della giustizia, quale conformata dalle norme nazionali e dal diritto vivente a fronte delle domande ad essa rivolte (la Corte evoca in questo quadro le disposizioni contenute nell’art. 360bis cod. proc. civ.), e b) come «tale approccio sia attinente alla natura stessa del ricorso per cassazione che protegge, da una parte, l’interesse del ricorrente a che siano accolte le sue critiche contro la decisione impugnata e, dall’altra, l’interesse generale alla cassazione di una decisione che rischi di pregiudicare la corretta interpretazione del diritto» (§§ 78-79); c) in particolare, la Corte di legittimità, leggendo il ricorso nella sua globalità, deve allora poter «comprendere l’oggetto della controversia, così come il contenuto delle critiche che dovrebbero giustificare la cassazione della decisione impugnata» (§ 110), sicché: d) in applicazione del principio di specificità del ricorso per cassazione, ai fini del rispetto
del requisito stabilito dall’art. 366, n. 3, cod. proc. civ., debbono essere precisate e riferite, con chiara sintesi idoneamente funzionale a elidere dubbi di comprensione, le pretese quali svolte nelle fasi di merito, e le risposte date dai precedenti giudici, così da poter apprezzare la concludenza delle censure a quelle risposte, previa ragionata ovvero pertinente menzione sia degli atti dove verificare quanto così congruamente riportato, sia della loro univoca collocazione nell’incarto documentale come appropriatamente offerto all’esame della Suprema Corte.
Il ricorso neppure risulta rispettoso della prescrizione imposta dall’art. 366, primo comma, n. 6, cod. proc. civ., nella formulazione ratione temporis applicabile.
Difatti, sono inammissibili le censure fondate su atti e documenti del giudizio di merito qualora il ricorrente si limiti a richiamare tali atti e documenti, senza riprodurli nel ricorso ovvero, laddove riprodotti, senza fornire puntuali indicazioni necessarie alla loro individuazione con riferimento alla sequenza dello svolgimento del processo inerente alla documentazione, come pervenuta presso la Corte di cassazione, al fine di renderne possibile l’esame, ovvero ancora senza precisarne la collocazione nel fascicolo di ufficio o in quello di parte e la loro acquisizione o produzione in sede di giudizio di legittimità (Cass., sez. U, 27/12/2019, n. 34469).
La ricorrente, pur facendo espresso riferimento in ricorso al contratto intercorso tra le parti, al registro U.T.F., contenente il movimento dei prodotti dal 1° gennaio 2012 al 31 dicembre 2012, al registro delle forniture, alla relazione tecnica di parte redatta dal commercialista NOME AVV_NOTAIO COGNOME, alla scrittura di modifica del 5 luglio 2012 ed alla lettera del 27 marzo 2015, omette di riportarne, quanto meno nelle parti rilevanti, il contenuto al fine di porre questa Corte nella condizione di valutare il vizio denunciato.
Il preliminare rilievo d’inammissibilità del ricorso principale preclude la disamina nel merito di ogni altro profilo dedotto con il motivo di ricorso.
All’ inammissibilità del ricorso principale consegue l’ assorbimento del ricorso incidentale condizionato ( con il quale la società RAGIONE_SOCIALE denunzia ‹‹Errata interpretazione dell’art. 17 d.l. n. 1/2012 convertito in legge n. 27 del 24.03.2012. Violazione e falsa applicazione dell’art. 12 delle disposizioni sulla legge in generale›› e chiede la cassazione della sentenza gravata nella sola parte in cui afferma che il motiv o d’appello è fondato, sottolineando che la decisione deve, invece, essere confermata nella statuizione con cui si accerta che l’appellante non ha assolto l’onere probatorio sulla stessa gravante ).
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso principale ed assorbito il ricorso incidentale. Condanna la ricorrente principale al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 6.000,00 per compensi, oltre alle spese generali nella misura forfettaria del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00, e agli accessori di legge, in favore della controricorrente e ricorrente incidentale società RAGIONE_SOCIALE
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione