Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 7304 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 7304 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 19/03/2024
MURDOLO ANNUNZIATA
-intimata –
Avverso la sentenza n. 786/2020 della CORTE DI APPELLO DI REGGIO CALABRIA, depositata il 21 dicembre 2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 16 gennaio 2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME intimò alla società RAGIONE_SOCIALE sfratto per morosità, domandando contestualmente decreto ingiuntivo per i canoni non pagati, in relazione al contratto di locazione ad uso commerciale
LOCAZIONE AD USO DIVERSO
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 18530/2021 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO, con domicilio telematico all’indirizzo PEC del proprio difensore
-ricorrente –
contro
(in specie, destinato alla somministrazione di alimenti e bevande) avente ad oggetto un immobile sito in Taurianova.
Disposto il mutamento di rito a seguito di opposizione dell’intimata, quest’ultim a, nel termine assegnato per le memorie integrative, spiegò domanda riconvenzionale di risoluzione del contratto, lamentando plurimi e variegati inadempimenti della locatrice.
All’esito del giudizio di prime cure, l’adito Tribunale di Palmi dichiarò la risoluzione per inadempimento della conduttrice, con condanna di questa al rilascio dell’immobile ed al pagamento dei canoni scaduti, quantificati in euro 45.500, oltre alle spese di lite.
Accogliendo quasi interamente l’appello proposto dalla RAGIONE_SOCIALE, la decisione in epigrafe ha: dichiarato inammissibile la domanda di risoluzione formulata da parte locatrice nonché la domanda di condanna al pagamento dei canoni maturati dopo il 5 giugno 2017; ridotto dell’importo di euro 288l’ammontare del credito per canoni maturati fino al 5 giugno 2017; rigettato le ulteriori domande di parte conduttrice; compensato le spese del doppio grado di giudizio.
Ricorre per cassazione la RAGIONE_SOCIALE, articolando quattro motivi; non svolge difese in questo grado AVV_NOTAIO.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo, per violazione di (non meglio specificate) norme di diritto, omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione e per omesso esame di un fatto storico « principale o secondario », parte ricorrente deduce che la Corte d’appello non abbia minimamente valutato le quietanze di pagamento (relative alle mensilità di novembre 2016 ed in parte di dicembre 2016).
Il secondo motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1571, 1575 e 1576 cod. civ. in relazione alla inidoneità dei locali ed alla necessità di opere essenziali per la utilizzazione del bene.
L’impugnante assume di aver realizzato « opere indispensabili per l’agibilità dei locali e la successiva intestazione della licenza amministrativa », non essendo l’immobile inidoneo all’uso convenuto: sostiene, al riguardo, che le clausole contrattuali sottoscritte non avevano valore confessorie, ma erano di mero stile.
Il terzo mezzo prospetta violazione di norme di diritto per mancata applicazione dell’art. 1575, num. 3, cod. civ. e « mancata valutazione dell’inadempimento della parte locatrice in merito alle molestie di diritto ».
Parte ricorrente espone di non aver potuto ottenere dal Comune il rilascio dei permessi amministrativi (necessari per lo svolgimento della attività ristorativa cui era destinato il cespite) « per colpa imputabile al sig. COGNOME -coniuge della intimante, che ha continuato a mantenere attiva, anche dopo la stipula del contratto di locazione, la propria licenza sui medesimi locali »: e tale comportamento « doveva essere tenuto in adeguata considerazione » dalla sentenza gravata.
Il quarto motivo critica, per violazione degli artt. 24 e 111 Cost. degli artt. 112 e 115 cod. proc. civ. e degli artt. 2697 e 2907 cod. civ., la mancata ammissione della richiesta prova testimoniale diretta a « sostanziare la fondatezza della domanda riconvenzionale ».
Il ricorso è inammissibile, tanto nella sua globalità quanto con specifico riferimento alle singole doglianze articolate.
L’inammissibilità è cagionata, in primo luogo, dalla inosservanza del requisito della esposizione sommaria dei fatti, prescritto dall’art. 366, primo comma, num. 3, cod. proc. civ..
N ell’intendere la portata di tale elemento di contenuto – forma dell’atto introduttivo del giudizio di legittimità, questa Corte, con indirizzo euristico ormai consolidato ed al quale si intende assicurare continuità, ha precisato che per soddisfare il requ isito imposto dall’art. 366, primo comma, num. 3, cod. proc. civ., il ricorso per cassazione
deve contenere l’esposizione chiara ed esauriente, sia pure non analitica o particolareggiata, dei fatti di causa, dalla quale devono risultare le reciproche pretese delle parti, con i presupposti di fatto e le ragioni di diritto che le giustificano, le eccezioni, le difese e le deduzioni di ciascuna parte in relazione alla posizione avversaria, lo svolgersi della vicenda processuale nelle sue articolazioni, le argomentazioni essenziali, in fatto e in diritto, su cui si fonda la sentenza impugnata e sulle quali si richiede alla Corte di cassazione, nei limiti del giudizio di legittimità, una valutazione giuridica diversa da quella asseritamente erronea, compiuta dal giudice di merito.
Al fondo, la prescrizione del requisito in questione non risponde ad un’esigenza di mero formalismo, ma a quella di garantire al giudice di legittimità una conoscenza chiara e completa del fatto sostanziale che ha originato la controversia e del fatto processuale, al fine di bene intendere il significato e la portata delle censure rivolte al provvedimento impugnato, senza la necessità di accedere ad altre fonti ed atti del processo, ivi compresa la stessa sentenza gravata (sul tema, cfr., ex plurimis, Cass., 08/02/2023, n. 3836; Cass. 08/03/2022, n. 7579; Cass. 03/11/2020, n. 24432; Cass. 12/03/2020, n. 7025; Cass. 13/11/2018, n. 29093; Cass. 28/05/2018, n. 13312; Cass. 24/04/2018, n. 10072; Cass. 03/02/2015, n. 1926).
Ciò posto, nel libello di adizione di questa Corte, parte ricorrente ha mancato di rappresentare gli elemento conformativi ( causa petendi e petitum ) della domanda riconvenzionale di cui lamenta l’ingiusta reiezione; ha, del pari, mancato una -pur sommaria o limitata ai tratti essenziali – illustrazione delle difese svolte sul punto dalla controparte, della statuizione resa al riguardo dal giudice di prime cure, del modo e del contenuto delle censure formulate in sede di appello.
Una lacunosità illustrativa di tal fatta mina in radice una adeguata (o almeno sufficiente) comprensione dell’accadimento processuale ad
opera della Corte, circostanza ex sufficiente a fondare l’inammissibilità della impugnazione in scrutinio.
Soltanto per completezza argomentativa, a quanto sopra si aggiungono ulteriori ragioni, conducenti alla medesima conclusione, afferenti i singoli motivi di gravame.
7.1. Pur tacendo della mancata indicazione delle norme di diritto asseritamente violate e del riferimento a vizi motivazionali esulanti dal ristretto perimetro di quelle rilevanti in sede di legittimità (basti il richiamo ai princìpi di diritto enunciati da Cass., Sez. U, 07/04/2014, nn. 8053-8054 ed alle innumerevoli successive conformi), il primo motivo lamenta l’omesso esame di risultanze istruttorie, non già di fatti intesi in senso storico fenomenico, cioè a dire concreti accadimenti di vita, come inve ce richiesto dall’art. 360, primo comma, num. 5, cod. proc. civ. (Cass. 26/04/2022, n. 13024; Cass. 31/03/2022, n. 10525; Cass. 08/11/2019, n. 28887; Cass. 29/10/2018, n. 27415) e richiede a questa Corte un apprezzamento sulla concreta idoneità asseverativa di un documento, apprezzamento tipicamente riservato al giudice di merito ed estraneo alla natura del giudizio di legittimità.
La doglianza, inoltre, nemmeno chiarisce quando e come il fatto rappresentato dalle quietanze di pagamento sia stato introdotto nel thema decidendum del giudizio di merito: e tanto connota la relativa questione -la quale implica accertamenti di fatto -di novità, come tale inammissibile nel giudizio per Cassazione ( ex multis, Cass. 17/11/2022, n. 33925; Cass. 30/01/2020, n. 2193; Cass. 13/08/2018, n. 20712; Cass. 31/07/2018, n. 20313; Cass. 06/06/2018, n. 14477).
7.2. Il secondo ed il terzo motivo sono caratterizzati da un evidente difetto di specificità.
L’onere di specificità del motivo, sancito dall’art. 366, primo comma, num. 4, cod. proc. civ., impone al ricorrente, a pena di inammissibilità, di esprimere le ragioni del dissenso rispetto alla
decisione gravata, da formulare in termini tali da soddisfare i caratteri di specificità, completezza e riferibilità a quanto pronunciato propri della natura di rimedio a critica vincolata del ricorso per cassazione, onde da costituire una censura precisa, puntuale e pertinente della ratio decidendi dell’impugnata sentenza (Cass., Sez. U, 28/10/2020, n. 23745; Cass. 24/02/2020, n. 4905).
Nel caso de quo , risulta radicalmente mancante l’illustrazione del convincimento del giudicante (e delle ragioni fondanti lo stesso) che si intende censurare e, a fortiori, anche una analitica e puntuale critica allo stesso: i motivi si risolvono nella riproposizione, oltremodo sintetica ed assertiva, degli argomenti già spesi nel giudizio di merito.
7.3. Il quarto motivo, infine, non attinge criticamente la ratio posta dal giudice territoriale a suffragio del rigetto d ell’ istanza istruttoria.
A tal riguardo, l a Corte d’appello ha rilevato che, pur dimostrate le circostanze oggetto dei capitoli di prova per testi, egualmente la conduttrice non avrebbe potuto ottenere « lo scomputo dal credito » degli importi spesi per le opere, mancando il consenso della proprietaria necessario per le innovazioni, le modifiche e le migliorie, spettando comunque a quest’ultima la facoltà di ritenere quanto realizzato senza obbligo di indennizzo.
A siffatto, puntuale, ragionamento, la ricorrente contrappone una replica, espressa in termini generici ed anapodittici, sostenendo, senza fornire alcun altro – pur minimo- dettaglio o chiarimento, che trattavasi non di migliorie, ma di opere essenziali per lo svolgimento dell’attività commerciale: deduzione che non scalfisce la logicità, coerenza e concludenza dell’argomentare del giudice territoriale.
Il motivo è pertanto inammissibile alla stregua del consolidato principio di diritto enunciato da Cass. 11/01/2005, n. 359, ribadito in numerosi successivi arresti conformi, resi da questa Corte anche nella
sua composizione più tipica di organo della nomofilachia (il riferimento è a Cass., Sez. U, 20/03/2017, n. 7074).
E ciò senza contare che, mancata una idonea esposizione del contenuto e del petitum della domanda riconvenzionale, inibisce del tutto a questa Corte l’ apprezzamento in ordine alla decisività della prova per testi ai fini dell’accoglimento di tale domanda.
Il ricorso è dichiarato inammissibile.
Non vi è luogo a provvedere sulle spese del giudizio di legittimità, non avendo ivi svolto difese la parte intimata.
A ttesa l’i nammissibilità del ricorso, va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali (a tanto limitandosi la declaratoria di questa Corte: Cass., Sez. U, 20/02/2020, n. 4315) per il versamento da parte del ricorrente ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 – di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma dell’art. 1 -bis dello stesso art. 13.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1bis .
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Terza Sezione