Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 27742 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L   Num. 27742  Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 17/10/2025
Oggetto
Rapporto lavoro privato
R.G.N.NUMERO_DOCUMENTO
COGNOME.
Rep.
Ud 09/09/2025
CC
ORDINANZA
sul ricorso 18769-2022 proposto da:
COGNOME NOME, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso  la  sentenza  n.  657/2022  della  CORTE  D’APPELLO  di CATANIA, depositata il 06/06/2022 R.G.N. 566/2020; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
09/09/2025 dalla Consigliera NOME COGNOME.
Fatti di causa
La Corte d’Appello di Catania ha accolto in parte l’appello della RAGIONE_SOCIALE e, in parziale riforma della sentenza di primo grado, ha respinto la domanda di NOME COGNOME, di condanna della società al pagamento del lavoro straordinario feriale  e  festivo  e  delle  conseguenze  sul  trattamento  di  fine rapporto; ha condannato la parte datoriale a pagare l’importo di euro 605,00 quale differenza sul TFR derivante dal riconoscimento del diritto alla quattordicesima mensilità.
La Corte territoriale, per quanto ancora interessa, ha rilevato il passaggio in giudicato della statuizione di primo grado con cui era stata accolta la domanda di pagamento della quattordicesima  mensilità;  ha  ritenuto  che  la  domanda  di differenze  retributive  per  lavoro  straordinario  e  festivo  fosse sfornita  di  valido  supporto  probatorio  in  relazione  all’intero periodo dal 2005 al 2011.
Avverso la sentenza NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione con tre motivi. La RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso. Il ricorrente ha depositato memoria. Il Collegio si è riservato di depositare l’ordinanza nei successivi sessanta  giorni, ai sensi dell’art. 380  bis.1 c.p.c.,  come modificato dal d.lgs. n. 149 del 2022.
Ragioni della decisione
Con il primo motivo del ricorso è dedotta, ai sensi dell’art. 360, n. 5 c.p.c., la violazione dell’art. 416, comma 3, c.p.c., error in procedendo , la violazione dell’art. 36 Cost. e degli artt. 30-34 del c.c.n.l.  14.7.2003  del  settore  industria  alimentare; inoltre,  omesso  esame  di  un  punto  decisivo  per  la  decisione rappresentato  dal  principio  di  non  contestazione  e  omessa motivazione sulla ritenuta insufficienza della prova.
Il ricorrente assume che la società non ha mai contestato in modo specifico i fatti narrati e i conteggi allegati al ricorso, il che avrebbe dovuto indurre la Corte d’appello a considerare provate le circostanze affermate dall’attore a fondamento della domanda, senza necessità di ulteriori elementi istruttori; il tribunale aveva accolto la domanda richiamando il principio di non contestazione e svolgendo una diversa valutazione delle risultanze istruttorie; la Corte d’appello ha limitato la sua disamina alle prove testimoniali giudicandole inattendibili e non si è pronunciata sugli effetti della mancata contestazione.
Con il secondo motivo si deduce, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c., la violazione dell’art. 112 c.p.c., grave travisamento delle prove, illogicità manifesta di motivazione e omessa motivazione in merito alla disapplicazione del principio di n on contestazione, violazione dell’art. 36 Cost. e degli artt. 30-34 del c.c.n.l. 14.7.2003 del settore industria alimentare.
Il ricorrente censura il procedimento logico che ha condotto la Corte a giudicare inattendibili i testimoni e la valutazione stessa di inattendibilità che definisce scarsamente motivata; afferma che le testimonianze coprivano un arco temporale ampio in cui le condizioni di lavoro erano rimaste identiche e che i giudici di appello hanno preteso una probatio diabolica .
Con il terzo motivo è dedotta, in via subordinata, la violazione dell’art. 112 c.p.c. per vizio di ultrapetizione, per avere la sentenza d’appello negato il compenso per lavoro straordinario anche per i periodi non oggetto di impugnazione; inoltre, viol azione dell’art. 36 Cost. e degli artt. 30 -34 del c.c.n.l. 14.7.2003 del settore industria alimentare. Si sostiene che la Corte d’appello avrebbe dovuto riconoscere le differenze retributive almeno per i periodi confermati espressamente dai testimoni.
I motivi di ricorso, che possono esaminarsi in modo congiunto per connessione logica, sono inammissibili sotto plurimi profili.
4.1. È inammissibile la censura di violazione del principio di non contestazione.
La  sentenza  d’appello  dà  atto  che  il  tribunale  ‘ha  ritenuto dimostrato  il  dedotto  svolgimento  di  lavoro  straordinario  e festivo  sulla base delle dichiarazioni dei due testi escussi ed ha  poi  ritenuto  che  l’importo  del  compenso  calcolato  dal ricorrente nell’atto introduttivo, anche in relazione alle residue spettanze, non fosse stato specificamente contestato’ (sentenza, p. 4).
Il ricorrente assume che la società non ha contestato neanche le allegazioni in fatto contenute nel ricorso introduttivo di primo grado. A tal fine, ha trascritto per estratto la comparsa di costituzione in primo grado della società nella quale era, peralt ro, evidenziato che ‘il ricorrente non può aver mai svolto l’attività lavorativa dedotta in ricorso’ (comparsa costituzione trascritta a p. 11 del ricorso per cassazione); non ha, tuttavia, trascritto la sentenza di primo grado al fine di dimostrare che la decisione era stata adottata unicamente in base al canone di non contestazione, così venendo meno alle prescrizioni imposte dagli artt. 366 n. 6 e 369 n. 4 c.p.c. Tali previsioni, pure interpretate in modo non formalistico, conformemente ai principi contenuti nella sentenza CEDU Succi e altri c. Italia del 28 ottobre 2021, impongono, comunque, che nel ricorso sia puntualmente indicato il contenuto degli atti richiamati all’interno delle censure, e sia specificamente segnalata la loro presenza negli atti del giudizio di merito (Cass., S.U. n. 8950 del 2022). Tale principio può ritenersi rispettato ogni qualvolta l’indicazione dei documenti o degli atti processuali sui quali il ricorso si fondi, avvenga, alternativamente, o riassumendone il
contenuto, o trascrivendone i passaggi essenziali, bastando, ai fini  dell’assolvimento  dell’onere  di  deposito  previsto  dall’art. 369, comma  2,  n.  4  c.p.c., che il documento  o  l’atto, specificamente indicati nel ricorso, siano accompagnati da un riferimento idoneo ad identificare la fase del processo di merito in cui siano stati prodotti o formati’ (Cass. n. 12481 del 2022); simili requisiti difettano nel caso di specie.
4.2.  Allo  stesso  modo,  le  censure  veicolate  sotto  specie  di violazione dell’art. 416 c.p.c. non risultano accompagnate dal puntuale rispetto delle prescrizioni di cui agli artt. 366 n. 6 e 369  n.  4  c.p.c.;  peraltro,  esse  si  risolvono  nella  critica  alla complessiva  valutazione  compiuta  dai  giudici  di  appello  sulle prove  testimoniali  raccolte  e  sulla  condotta  processuale  delle parti e, come tali, non possono avere ingresso in questa sede di legittimità.
4.3. Parimenti inammissibili sono il secondo e il terzo motivo di ricorso che  si indirizzano esclusivamente  a  contestare  la valutazione delle risultanze istruttorie, al di fuori del perimetro segnato dall’art. 360 n. 5 c.p.c., come delineato dalle Sezioni unite di questa Corte con le sentenza n. 8053 e n. 8054 del 2014.
Non ricorre la violazione dell’art. 132 c.p.c. atteso che la sentenza impugnata non presenta alcuna delle anomalie motivazionali cui è riconducibile la violazione del cd. minimo costituzionale (cfr. Cass., Sez. U. cit.). Neppure è in alcun modo argomentata la violazione dell’art. 36 Cost. e delle disposizioni del contratto collettivo, risultando la censura assolutamente priva di specificità. Come ribadito da questa Corte, in tema di ricorso per cassazione, l’onere di specificità dei motivi, sancito dall’art. 366, comma 1, n. 4, c.p.c., impone al ricorrente che denunci il vizio di cui all’art. 360, comma 1, n.
3, c.p.c., a pena d’inammissibilità della censura, di indicare le norme di legge di cui intende lamentare la violazione, di esaminarne il contenuto precettivo e di raffrontarlo con le affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata, che è tenuto espressamente a richiamare, al fine di dimostrare che queste ultime contrastano col precetto normativo, non potendosi demandare alla Corte il compito di individuare – con una ricerca esplorativa ufficiosa, che trascende le sue funzioni la norma violata o i punti della sentenza che si pongono in contrasto con essa (Cass., Sez. U., n. 23745 del 2020).
Per le ragioni esposte il ricorso risulta inammissibile.
La regolazione delle spese del giudizio di legittimità segue il criterio di soccombenza, con liquidazione come in dispositivo.
Il rigetto del ricorso costituisce presupposto processuale per il raddoppio del contributo unificato, ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002 (v. Cass., Sez. U., n. 4315 del 2020).
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità che liquida in euro  5.000,00  per  compensi  professionali,  euro  200,00  per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% e accessori come per legge.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso nell’adunanza camerale del 9 settembre 2025 La Presidente NOME COGNOME