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Ricorso per cassazione: quando è inammissibile

Un’ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i motivi di inammissibilità del ricorso per cassazione in un caso di esproprio. Il ricorso di un Comune è stato respinto perché la decisione di nominare un perito è a discrezione del giudice e il motivo di ricorso non era autosufficiente, riportando solo stralci parziali della perizia contestata. La Corte ha anche confermato che il termine per l’impugnazione è di sei mesi dalla pubblicazione.

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Pubblicato il 29 settembre 2025 in Diritto Immobiliare, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Ricorso per cassazione: quando è inammissibile

Il ricorso per cassazione rappresenta l’ultimo grado di giudizio nel nostro ordinamento, ma per accedervi è necessario rispettare rigorosi requisiti procedurali. Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione ci offre un’analisi chiara di due principi fondamentali: il potere discrezionale del giudice di merito e il principio di autosufficienza del ricorso. Analizziamo una vicenda relativa a un’indennità di esproprio per comprendere perché un ricorso, pur sollevando questioni apparentemente fondate, possa essere dichiarato inammissibile.

I Fatti del Caso: La Controversia sull’Indennità di Esproprio

Una proprietaria di un terreno agricolo, adibito a uliveto e frutteto, si opponeva alla stima dell’indennità definitiva di esproprio determinata da un Comune. La proprietaria contestava l’importo, ritenendolo non congruo rispetto al valore effettivo del bene e lamentando il mancato riconoscimento dell’indennità di occupazione.

La Corte d’appello, adita dalla proprietaria, disponeva una Consulenza Tecnica d’Ufficio (CTU) per accertare il corretto valore del terreno. All’esito della perizia, la Corte determinava l’indennità totale in quasi 56.000 euro, basandosi su un valore di 3 euro al metro quadro, oltre agli interessi legali.

Insoddisfatto della decisione, il Comune proponeva ricorso per cassazione, affidandolo a due specifici motivi.

L’Eccezione di Tardività del Ricorso per Cassazione

Prima di esaminare i motivi del Comune, la Corte ha dovuto affrontare un’eccezione preliminare sollevata dalla proprietaria. Quest’ultima sosteneva che il ricorso fosse tardivo, in quanto notificato oltre il termine ‘breve’ di sessanta giorni dalla comunicazione dell’ordinanza. Secondo la sua tesi, trattandosi di un procedimento sommario, tale termine avrebbe dovuto prevalere su quello ‘lungo’ semestrale.

La Corte di Cassazione ha respinto questa eccezione, chiarendo un punto procedurale importante. Il termine breve previsto dall’art. 702 quater c.p.c. si applica esclusivamente all’appello contro l’ordinanza di primo grado nel rito sommario. Per il successivo ricorso per cassazione, invece, continua a valere la regola generale dell’art. 327 c.p.c., che prevede un termine di sei mesi dalla pubblicazione della sentenza. Essendo stato notificato entro questo lasso di tempo, il ricorso del Comune è stato ritenuto tempestivo.

I Motivi del Ricorso per Cassazione del Comune

Il Comune basava la sua impugnazione su due censure principali:

1. Violazione di legge (art. 2697 c.c.): L’ente sosteneva che la Corte d’appello non avrebbe dovuto ammettere la CTU, poiché la proprietaria aveva formulato contestazioni generiche e non supportate da prove concrete.
2. Omesso esame di un fatto decisivo: Il Comune lamentava che la Corte d’appello avesse erroneamente affermato che il CTU avesse concluso per un valore di 3 euro/mq, mentre, a seguito delle osservazioni dei consulenti di parte, il valore finale indicato nella perizia era stato modificato a 2,35 euro/mq.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato entrambi i motivi di ricorso inammissibili, fornendo importanti chiarimenti sui limiti del giudizio di legittimità.

Sul Primo Motivo: Il Potere Discrezionale del Giudice

In merito alla prima censura, la Corte ha ribadito un principio consolidato: la decisione di avvalersi o meno di una Consulenza Tecnica d’Ufficio rientra nel potere puramente discrezionale del giudice di merito. Tale scelta non può essere contestata in Cassazione come violazione di legge. Il giudice di merito è l’unico a poter valutare se le allegazioni di una parte siano sufficientemente fondate da giustificare un approfondimento tecnico. Nel caso di specie, la Corte d’appello aveva ritenuto le contestazioni della proprietaria sufficienti a disporre la CTU, e questa valutazione discrezionale è insindacabile in sede di legittimità.

Sul Secondo Motivo: La Mancanza di Autosufficienza

Riguardo al secondo motivo, la Corte ha riscontrato una carenza fondamentale nel modo in cui è stato formulato. Il Comune si era limitato a riportare solo alcuni stralci parziali della consulenza tecnica, senza trascrivere integralmente le parti rilevanti che avrebbero dovuto dimostrare la presunta discrepanza tra le conclusioni del perito e quanto riportato nella decisione impugnata.

Questo vizio viola il principio di specificità e autosufficienza del ricorso per cassazione (art. 366 c.p.c.). Secondo tale principio, il ricorso deve contenere in sé tutti gli elementi necessari per consentire alla Corte di decidere, senza dover accedere ad altri atti del processo. Poiché dagli estratti parziali non era possibile verificare l’effettiva divergenza lamentata, il motivo è stato dichiarato inammissibile.

Le Conclusioni: Principi di Diritto e Implicazioni Pratiche

L’ordinanza in esame conferma due lezioni fondamentali per chiunque intenda affrontare un giudizio di legittimità. In primo luogo, le scelte discrezionali del giudice di merito, come quella di ammettere una CTU, non sono di norma censurabili in Cassazione. In secondo luogo, il ricorso per cassazione deve essere redatto con estrema cura, rispettando il principio di autosufficienza: ogni censura, specialmente se basata su documenti processuali, deve essere supportata dalla trascrizione completa delle parti pertinenti, per mettere la Corte in condizione di valutare la fondatezza della doglianza senza dover reperire autonomamente gli atti. La mancata osservanza di queste regole procedurali conduce inesorabilmente a una declaratoria di inammissibilità, con conseguente condanna alle spese.

Quale termine si applica per proporre ricorso per cassazione avverso un’ordinanza emessa in un giudizio di opposizione alla stima celebrato con rito sommario?
Si applica il termine ‘lungo’ di sei mesi dalla pubblicazione della decisione, come previsto in via generale dall’art. 327, comma 1, c.p.c. Il termine ‘breve’ di sessanta giorni dalla comunicazione, previsto dall’art. 702 quater c.p.c., riguarda solo l’appello e non il successivo ricorso per cassazione.

La decisione di un giudice di merito di disporre una Consulenza Tecnica d’Ufficio (CTU) può essere contestata in Cassazione?
No, di regola non può essere contestata come violazione di legge. La scelta di nominare un CTU rientra nel potere discrezionale del giudice di merito. Tale decisione è censurabile in Cassazione solo nell’ipotesi eccezionale di omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti.

Cosa significa che un ricorso per cassazione deve essere ‘autosufficiente’?
Significa che il ricorso deve contenere tutti gli elementi necessari per permettere alla Corte di Cassazione di decidere la questione senza dover consultare altri atti del processo. Se si contesta il contenuto di un documento, come una perizia, è necessario trascriverne le parti rilevanti direttamente nel ricorso, altrimenti il motivo viene dichiarato inammissibile per mancanza di specificità.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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