Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 19123 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 19123 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 11/07/2025
O R D I N A N Z A
sul ricorso proposto da:
RAGIONE_SOCIALE con sede in Artogne (BS), in persona del legale rappresentante sig. NOME COGNOME rappresentata e difesa dagli Avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME.
Ricorrente
contro
RAGIONE_SOCIALE con sede in Cornaredo (MI), in persona del legale rappresentante ing. NOME COGNOME, rappresentata e difesa dagli Avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME.
Controricorrente-Ricorrente incidentale
e
RAGIONE_SOCIALE
Intimata
avverso la sentenza n. 1215/2020 della Corte di appello di Milano, depositata il 20.5.2020.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 6.6.2025 dal consigliere NOME COGNOME
Fatti di causa e ragioni della decisione
1.Con sentenza n. 1215 del 20.5.2020, la Corte di appello di Milano confermò, tranne che in punto di liquidazione delle spese, sia pure con diversa motivazione la decisione di primo grado che aveva rigettato la domanda proposta da RAGIONE_SOCIALE nei confronti di RAGIONE_SOCIALE per il risarcimento dei danni ai propri macchinari derivanti dall’impiego di olio lubrificante fornito dalla convenuta, che presentava composizione e caratteristiche chimiche diverse dalla scheda tecnica del prodotto, e per il loro conseguente fermo tecnico.
La Corte di appello motivò la decisione rilevando, diversamente da quanto ritenuto dal tribunale, che la denuncia dei vizi era stata tempestiva, avendo la acquirente avuto consapevolezza dei difetti del prodotto solo a seguito dell’esito dell’accertamento tecnico preventivo espletato, ma che non era stata fornita la prova che i vizi accertati fossero riferibili alle partite di olio lubrificante fornite dalla società convenuta, atteso che, come anche precisato dal consulente tecnico d’ufficio, la verifica era avvenuta su un campione prelevato senza contraddittorio dalla acquirente, che aveva smaltito la sostanza prima del procedimento di accertamento tecnico preventivo. Mancava pertanto la prova del nesso causale tra i danni lamentati, che peraltro non erano stati compiutamente provati, e l’impiego del prodotto consegnato dalla società Lubra. Per la cassazione di questa sentenza, ha proposto ricorso RAGIONE_SOCIALE, affidato a quattro motivi.
RAGIONE_SOCIALE ha notificato controricorso e ricorso incidentale condizionato, articolato su un unico motivo, mentre la Unipolsai Assicurazioni, chiamata in causa dalla società convenuta, non ha svolto attività difensiva.
Le parti hanno depositato memoria.
2. Il primo motivo del ricorso principale proposto da RAGIONE_SOCIALE denuncia nullità della sentenza per omesso esame di fatti decisivi, rappresentati dalle dichiarazioni testimoniali rese in giudizio dai testi COGNOME e COGNOME che avevano riferito che nel periodo compreso tra febbraio 2011 e giugno 2012 la RAGIONE_SOCIALE per lubrificare i bracci di venti presse aveva utilizzato esclusivamente l’olio forniti dalla società RAGIONE_SOCIALE, che i macchinari avevano subito interventi di riparazione e di sostituzione di componenti meccanici di cui alle
fatture allegate e che, in occasione del secondo intervento nel mese di giugno 2012, erano stati prelevati dalla cisterna consegnata dalla convenuta due campioni per essere sottoposti ad analisi, anche da parte del dott. COGNOME del Dipartimento di Chimica dell’Università di Milano. D a tali deposizioni, sostiene la ricorrente, emergeva la prova che il campione esaminato dal consulente tecnico nel corso dell’accertamento tecnico preventivo proveniva dalla fornitura consegnata dalla controparte. Ha pertanto errato la Corte di appello a non tenere conto delle prove testimoniali, che, se fossero state valutate, avrebbero portato a ritenere provato che i danni lamentati erano riconducibili al prodotto consegnato dalla società Lubra, tenuto anche conto che quest’ultima non aveva mai contestato che il campione analizzato dal dott. COGNOME fosse diverso da quello consegnato al consulente tecnico d’ufficio .
Il secondo motivo del ricorso principale denuncia nullità della sentenza per omesso esame di fatto decisivo, costituito dall’affermazione del consulente tecnico d’ufficio che il campione da lui esaminato era il medesimo di quello analizzato dal Dipartimento di Chinica dell’Università di Milano. O ra, poiché dalle dichiarazioni dei testi risultava che quest’ultimo campione era stato prelevato dalla cisterna contenente l’olio lubrificante consegnato da Lubra, poteva dirsi provato che il prodotto fornito dalla convenuta fosse quello analizzato dal consulente tecnico e quindi presentasse composizione e caratteristiche chimiche diverse dalla scheda tecnica del prodotto, come accertato dalla consulenza.
I motivi, che possono essere esaminati congiuntamente per la loro connessione obiettiva, non appaiono in grado di superare, per come formulati, un preliminare vaglio di ammissibilità.
Questa conclusione si impone alla luce del rilievo che il ricorso si limita a riassumere l’esito della prova testimoniale, ma non riproduce esattamente né i capitoli su cui i testi sono stati interrogati né le dichiarazioni che essi hanno reso.
L ‘art. 360, comma 1 n. 5, c.p.c. prevede la possibilità di impugnare la sentenza di merito per omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti. Il ricorso lamenta che il giudice a quo non abbia esaminato le testimonianze rese in giudizio. Il fatto storico che sarebbe
stato omesso è quindi dato dalle dichiarazioni rese dai testi. Per il principio della specificità del ricorso per cassazione il ricorrente avrebbe dovuto descrivere esattamente il fatto omesso, riproducendo le dichiarazioni testimoniali di cui ha lamentato la mancata valutazione.
Costituisce orientamento di questa Corte che laddove il ricorrente per cassazione contesti l’omesso esame da parte del giudice di merito di un documento o di una prova testimoniale egli abbia l’onere, al fine di dimostrare la decisività dell’omissione, di r iprodurre o quanto meno di riassumere in modo specifico la dichiarazione contenuta nel documento o resa dal teste. Per il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione ed il carattere limitato di tale mezzo di impugnazione, tale onere della parte si configura, infatti, come condizione di ammissibilità del motivo, dal momento che solo il suo assolvimento consente al giudice di legittimità, che non ha acceso diretto agli atti del giudizio di merito, di effettuare il preliminare controllo se l’omissione sia stata o meno decisiva, se vale a dire l’esame di quel fatto avrebbe potuto portare ad una differente soluzione della controversia (Cass. n. 6769 del 2022; Cass. n. 1951 del 2022; Cass. n. 27702 del 2020; Cass. n. 19885 del 2017; Cass. n. 14784 del 2015).
Questa Corte ha avuto modo di precisare che il principio di autosufficienza del ricorso non va inteso in senso formalistico (Cass. Sez. un. n. 8950 del 2022), quasi fosse una barriera all’esame della censura, dovendo la sua applicazione conformarsi e non porsi in contrasto con il principio, di rango costituzionale e convenzionale, della effettività della tutela giurisdizionale dei diritti apprestata dall’ordinamento. In questa prospettiva deve ritenersi che il requisito della specificità del motivo formulato con il ricorso per cassazione, richiesto a pena di inammissibilità dall’art. 366 , comma 1 nn. 4 e 6, c.p.c., risulti rispettato, pur senza riproduzione testuale dell’atto, quando l’atto stesso ha un contenuto vincolato o prestabilito , di modo che sia sufficiente l’indicazione della sua denominazione o qualificazione giuridica per trarre da essa il suo valore e significato (Cass. n. 12259 del 2022). Diversa soluzione deve invece essere seguita laddove l’omissione lamentata riguardi una prova critica, come nel caso della testimonianza, come tale suscettibile di diversa valutazione. In tale ipotesi
il ricorrente non può limitarsi a riassumere l’esito della prova, senza alcun riferimento testuale alla esatta dichiarazione resa dal teste, in quanto la relativa deduzione si risolve in una mera asserzione, non essendo fondata su dati oggettivi ma sulla sua personale valutazione della prova, disancorata dalla rappresentazione del fatto. Invero in tali casi la Corte deve essere posta in condizione di apprezzare la decisività della censura attraverso una valutazione che passa necessariamente per la verific a dell’esatto contenuto della dichiarazione resa dal teste. E’ pertanto necessario che, a pena di inammissibilità del motivo, il ricorrente riproduca l’esatto contenuto della testimonianza. Tanto più, merita aggiungere, che la ricostruzione dei fatti che il ricorso ritiene di trarre dalle dichiarazioni dei testi risulta contestata dalla controricorrente, che obietta la inconcludenza a tal fine delle relative dichiarazioni.
Il terzo motivo del ricorso principale denuncia nullità della sentenza per omesso esame di fatto decisivo, contestando l’affermazione della sentenza secondo cui la parte attrice non aveva dato prova del danno lamentato.
Il motivo, investendo un capo dipendente della sentenza, si dichiara assorbito per effetto del rigetto dei precedenti motivi.
Con il quarto motivo la ricorrente principale denuncia violazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., lamentando che la Corte di appello l’abbia condannata al pagamento delle spese del giudizio, senza alcuna nemmeno parziale compensazione, pur avendo accolto il primo motivo di appello, riconoscendo che la parte non era incorsa in decadenza del diritto di garanzia per tardiva denunzia dei vizi.
Il motivo è infondato.
La condanna della società appellante al pagamento integrale delle spese di lite appare giustificata alla luce del principio di soccombenza, avendo la parte visto rigettata in toto la sua domanda. La circostanza che la Corte di appello abbia accolto il primo motivo di ricorso, rigettando gli altri, non dà luogo ad alcuna violazione di legge, atteso che, da un lato, la statuizione adottata di per sé implica che la soccombenza della odierna ricorrente sia stata ritenuta nettamente prevalente, mentre, dall’al tro, la mancata compensazione anche parziale delle spese di lite costituisce una scelta discrezionale del giudice di
merito, non censurabile, come tale, davanti a questa Corte (Cass. n. 11329 del 2019; Cass. Sez. un. n. 14989 del 2005).
6. Il ricorso è pertanto respinto. Il ricorso incidentale avanzato da RAGIONE_SOCIALE in quanto proposto in via condizionata, si dichiara assorbito.
Le spese del giudizio, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.
Si dà atto che sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso principale proposto da RAGIONE_SOCIALE e dichiara assorbito il ricorso incidentale proposto da RAGIONE_SOCIALE condanna la ricorrente principale al pagamento delle spese del giudizio, che liquida in euro 3.600,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge e spese generali.
Dà atto che sussistono i presupposti per il versamento, da parte della società ricorrente principale , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 6 giugno 2025.