Ordinanza di Cassazione Civile Sez. U Num. 29708 Anno 2025
Civile Ord. Sez. U Num. 29708 Anno 2025
Presidente: COGNOME PASQUALE
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 11/11/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 26259/2024 R.G. proposto da :
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALECODICE_FISCALE, pec che lo rappresenta e
difende
-ricorrente-
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), pec
rappresentata e difesa (CODICE_FISCALE), pec
dall’avvocato
DACCI
NOME
-controricorrente-
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avvocato AVV_NOTAIO (CODICE_FISCALE) , pec , che lo rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso la sentenza del Consiglio di Stato n. 4009/2024 depositata il 02/05/2024.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 24/06/2025 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME impugnava innanzi al TAR dell’Emilia Romagna gli atti amministrativi adottati dalla Provincia di Forlì-Cesena e dal RAGIONE_SOCIALE (delibera n. 8/09) di modifica della destinazione urbanistica di un proprio terreno, trasformata in verde privato, in quanto ritenuti
attuativi della destinazione dell’area per la realizzazione di un deposito -parcheggio.
Il Tar dichiarava inammissibile il ricorso per carenza d’interesse. La decisione era confermata dal Consiglio di Stato che, con sentenza n. 578/2023, espletata la procedura di verificazione del l’effettiva destinazione urbanistica e della classificazione d’uso del terreno, nonché dell’eventuale presenza di vincoli conformativi e espropriativi, accertava che: l’area era destinata a verde privato ; non sussistevano vincoli espropriativi; il RAGIONE_SOCIALE aveva abbandonato il progetto del parcheggio-deposito, realizzando, a monte e fuori dalla proprietà del ricorrente, un parcheggio a raso.
Detta sentenza era impugnata con ricorso per revocazione dal ricorrente che deduceva errore revocatorio sia per l’omessa valutazione della relazione del verificatore, che qualificava ‘la Delibera di C.C. n. 8/89 come piano particolareggiato attuativo del deposito-parcheggio e non come variante urbanistica’, da cui il necessario riesame della natura giuridica dell’atto, sia laddove la sentenza aveva assunto che il parcheggio-deposito e il parcheggio-palestra non fossero identici.
Il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 4009/2024 in epigrafe dichiarava inammissibile il ricorso, escludendo la configurabilità del dedotto errore revocatorio.
Contro tale pronuncia NOME COGNOME propone ricorso per cassazione con quattro motivi, cui resistono con separato controricorso la Provincia Forli-Cesena e il RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE.
In applicazione dell’art. 380 bis , primo comma, cod. proc. civ. (nel testo sostituito dall’art. 3, comma 28, lett. g), d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149), il AVV_NOTAIO Presidente della Corte ha formulato proposta di definizione del giudizio, ravvisando l’inammissibilità del ricorso , i cui motivi ‘ censurano la valutazione di ammissibilità operata dal giudice amministrativo, prospettando errori in iudicando e in procedendo’,
inidonei a porre in discussione la sussistenza o meno del potere giurisdizionale, né a dedurre una violazione dei limiti esterni alla giurisdizione del medesimo giudice amministrativo ‘.
Il ricorrente, con tempestiva istanza sottoscritta dal difensore, ha chiesto la decisione.
Il Procuratore generale ha presentato conclusioni scritte, con cui ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
In prossimità dell’adunanza il controricorrente ha depositato memoria illustrativa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il primo motivo denuncia violazione dell’art. 111, ottavo comma, Cost., per rifiuto di giurisdizione essendosi il Consiglio di Stato sottratto all’obbligo di esaminare un errore di fatto risolutivo sulla valutazione, asseritamente carente, della relazione del verificatore con riguardo alla qualificazione della Del. di C.C. n. 8/09 come piano particolareggiato.
1.1. Il secondo motivo denuncia violazione dell’art. 395, primo comma, n. 4, cod. proc. civ.: la sentenza impugnata è incorsa in una ‘svista percettiva’ avendo erroneamente qualificato come giudizio di merito un errore di fatto, in ispecie che la Del. di C.C. n. 8/09 era una variante urbanistica anziché un piano particolareggiato come accertato nella relazione del verificatore.
1.2. Il terzo motivo denuncia violazione del principio del giusto processo ex art. 6 CEDU posto che la decisione si fonda su un esame incompleto degli atti e degli accertamenti tecnici, confermando una qualificazione errata.
1.3. Il quarto motivo denuncia ‘violazione del diritto di proprietà (art. 1 del Protocollo CEDU) ‘ per aver la sentenza confermato una destinazione urbanistica incompatibile con il diritto di proprietà del ricorrente.
Va preliminarmente esaminata l’eccezione della controricorrente Provincia di Forlì-Cesena di inammissibilità del ricorso perché tardivamente proposto.
2.1. Al riguardo deve rilevarsi che la sentenza impugnata è stata depositata in data 2 maggio 2024.
La sentenza è stata poi notificata dalla Provincia di Forlì-Cesena alle controparti a mezzo pec in data 8 maggio 2024; da tale data decorreva il termine breve di 60 giorni di impugnazione della sentenza, con scadenza, dunque, al l’8 luglio 2024.
Il ricorso, per contro, è stato avviato alla notifica in data 3 dicembre 2024, ossia in un momento di gran lunga successivo al termine ex art. 325 cod. proc. civ. seppure all’interno della cornice dei sei mesi dal deposito della sentenza (tenuto conto della sospensione feriale dei termini).
2.2. Ne consegue che il ricorso per cassazione, notificato a mezzo pec in data 3 dicembre 2024, è chiaramente tardivo, sicché, in accoglimento dell’eccezione della controricorrente, il ricorso va dichiarato inammissibile.
Ciò renderebbe superflua la disamina dei motivi.
Occorre tuttavia sottolineare, anche alla luce della proposta di definizione accelerata rispetto alla quale il ricorrente ha chiesto, ex art. 380.bis.1 cod. proc. civ., la decisione, che il ricorso è inammissibile anche nel merito posto che le censure attingono tutte, indistintamente, asseriti errores in procedendo e/o in iudicando.
4.1. Per giurisprudenza assolutamente consolidata, l’eccesso di potere giurisdizionale, denunziabile con ricorso per cassazione per motivi inerenti la giurisdizione, va riferito alle sole ipotesi di difetto assoluto di giurisdizione, nonché di difetto relativo di giurisdizione, riscontrabile quando il giudice violi i cd. limiti esterni della propria giurisdizione (pronunciando su materie attribuite alla giurisdizione
ordinaria o di altri giudici, ovvero negando la propria giurisdizione sull’erroneo presupposto che appartenga ad altri), senza che tale ambito possa estendersi, di per sé, ai casi di sentenze ‘abnormi’, ‘anomale’ ovvero di uno ‘stravolgimento’ radicale del le norme di riferimento, sicché, tale vizio non è configurabile per errores in procedendo o in iudicando , i quali non investono la sussistenza e i limiti esterni del potere giurisdizionale dei giudici speciali, bensì solo la legittimità dell’esercizio del potere medesimo (tra le molte, successivamente alla sentenza n. 6 del 2018 della Corte costituzionale, v. Cass., S.U., n. 7926/2019, Cass., S.U., n. 8311/2019, Cass., S.U., n. 29082/2019, Cass., S.U., n. 7839/2020, Cass., S.U., n. 19175/2020, Cass., S.U., n. 18259/2021, Cass. S.U., n. 31311/2021, Cass. S.U., n. 19341/2022).
In termini del tutto congruenti, inoltre, l’impugnazione avverso decisioni del giudice amministrativo rese su impugnazione per revocazione può dare origine ad una questione di giurisdizione solamente con riferimento al potere in ordine alla statuizione sulla revocazione medesima, restando esclusa la possibilità di rimettere in discussione detto potere, sicché è inammissibile il ricorso con cui si censuri la valutazione operata dal giudice amministrativo delle condizioni di ammissibilità dell’istanza di revo cazione, non potendo dirsi dedotta una violazione dei limiti esterni alla giurisdizione del giudice amministrativo.
Non solo: la negazione in concreto di tutela alla situazione soggettiva azionata, determinata dall’erronea interpretazione delle norme sostanziali nazionali o dei principi del diritto europeo da parte del giudice amministrativo, non concreta eccesso di potere giurisdizionale per omissione o rifiuto di giurisdizione così da giustificare il ricorso previsto dall’art. 111, comma ottavo, Cost., atteso che l’interpretazione delle norme di diritto costituisce il proprium della
funzione giurisdizionale e non può integrare di per sé sola la violazione dei limiti esterni della giurisdizione, che invece si verifica nella diversa ipotesi di affermazione, da parte del giudice speciale, che quella situazione soggettiva è, in astratto, priva di tutela per difetto assoluto o relativo di giurisdizione (Cass., S.U., n. 32773/2018; Cass., S.U., 10087/2020; Cass., S.U., n. 19175/2020, Cass. S.U., n. 18882/2022).
4.2. Ne deriva che il controllo del limite esterno della giurisdizione -che l’art. 111, comma ottavo, Cost., affida alla Corte di cassazione -non include il sindacato sulle scelte ermeneutiche del giudice amministrativo, suscettibili di comportare errori in iudicando o in procedendo , anche per contrasto con il diritto dell’Unione europea, operando i limiti istituzionali e costituzionali del controllo devoluto a questa Corte, ‘i quali restano invalicabili, quand’anche motivati per implicito, allorché si censuri il concreto esercizio di un potere da parte del giudice amministrativo, non potendo siffatta modalità di esercizio integrare un vizio di eccesso di potere giurisdizionale’ (Cass., S.U., n. 12586/2019, Cass. S.U., n. 18882/2022).
Su tali assunti, considerati ‘diritto vivente’, è articolata, del resto, la stessa ordinanza n. 19598 del 2020, con la quale questa Corte aveva chiesto alla Corte di giustizia in ordine alla compatibilità con il diritto europeo dell’inutilizzabilità del ri corso per cassazione avverso le sentenze del Consiglio di Stato che non abbiano correttamente applicato il diritto dell’Unione europea ovvero abbiano omesso, immotivatamente, di effettuare, ai sensi dell’art. 267 TFUE, il rinvio pregiudiziale in assenza delle condizioni in cui il mancato rinvio è consentito.
Coerente è stata la risposta della Corte di giustizia (sentenza 21 dicembre 2021, RAGIONE_SOCIALE , in C-427/20) che ha affermato « l’articolo 4, paragrafo 3, e l’articolo 19, paragrafo 1, TUE, nonché l’articolo 1, paragrafi 1 e 3, della direttiva 89/665/CEE del Consiglio,
del 21 dicembre 1989, , letto alla luce dell’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, devono essere interpretati nel senso che essi non ostano a una disposizione del diritto interno di uno Stato membro (come l’art. 111, comma 8, Costituzione) che se condo la giurisprudenza nazionale produce l’effetto che i singoli, quali gli offerenti che hanno partecipato a una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico, non possono contestare la conformità al diritto dell’Unione di u na sentenza del supremo organo della giustizia amministrativa di tale Stato membro nell’ambito di un ricorso dinanzi all’organo giurisdizionale supremo di detto Stato membr o».
4.3. Orbene, nella vicenda qui in rilievo il Consiglio di Stato ha espressamente affermato che:
la sentenza n. 378/2023 ‘ha fedelmente riportato il contenuto delle valutazioni effettuate dal verificatore in ordine alla qualificazione urbanistica dell’area’ di cui al giudizio;
le doglianze del ricorrente ‘mirano a censurare un incompleto apprezzamento delle risultanze processuali, fattispecie questa che integra, eventualmente, un errore di giudizio, non censurabile mediante revocazione’.
Le censure proposte con il ricorso per cassazione, dunque, si inseriscono appieno nel perimetro sopra delineato perché volte a far valere eventuali errores in iudicando e in procedendo e a sindacare il modo di esercizio della funzione giurisdizionale, neppure integrando una deduzione di violazione dei limiti esterni della giurisdizione.
In applicazione del principio della soccombenza, il ricorrente va condannato al pagamento delle spese processuali, liquidate come in dispositivo.
Infine, la trattazione del ricorso è stata chiesta ai sensi dell’art. 380bis , ultimo comma, cod. proc. civ. a seguito di proposta di definizione accelerata a firma del AVV_NOTAIO Presidente, per cui la Corte,
avendo definito il giudizio in conformità della proposta, deve applicare il terzo e il quarto comma dell’articolo 96 cod. proc. civ., come previsto dal citato art. 380 bis, ultimo comma, in continuità con quanto già affermato da queste Sezioni Unite con le recenti decisioni Sez. U., n. 27195 del 22/09/2023 e n. n. 27433 del 27/09/2023.
6.1. Occorre sottolineare, sul punto, che non ha rilievo, ai fini della valutazione di conformità tra proposta ex art. 380bis cod. proc. civ. e decisione a seguito dell’opposizione, la circostanza che alla declaratoria di inammissibilità del ricorso si sia pervenuti anche per una ragione aggiuntiva (la tardività del ricorso) a quella, parimenti sussistente, già posta a fondamento della proposta di definizione accelerata.
Da ciò la conformità della decisione rispetto alla proposta.
6.2. I citati precedenti hanno evidenziato che la novità normativa (introdotta dall’art. 3, comma 28, lett. g), d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149, a decorrere dal 18 ottobre 2022, ai sensi di quanto disposto dall’art. 52, comma 1, del medesimo d.lgs. n. 149/2022) « contiene, nei casi di conformità tra proposta e decisione finale, una valutazione legale tipica, ad opera del legislatore delegato, della sussistenza dei presupposti per la condanna al pagamento di una somma equitativamente determinata a favore della controparte (art. 96 terzo comma) e di una ulteriore somma di denaro non inferiore ad euro 500,00 e non superiore ad euro 5.000,00 (art. 96 quarto comma, ove, appunto il legislatore usa la locuzione ‘altresì’ », sì da codificare « una ipotesi di abuso del processo, peraltro già immanente nel sistema processuale (da iscrivere nel generale istituto del divieto di lite temeraria nel sistema processuale). Non attenersi ad una valutazione del Presidente della Sezione che poi trovi conferma nella decisione finale lascia certamente presumere una responsabilità aggravata ».
6.3. Pertanto, sulla scorta di quanto esposto, ed in assenza di indici che possano far propendere per una diversa applicazione della norma,
i ricorrenti vanno condannati al pagamento della somma di €. 3.000,00 a favore di ciascuno dei controricorrenti ex art. 96, terzo comma, cod. proc. civ., e alla somma di €. 3.000,00 in favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
La Corte, a Sezioni Unite, dichiara il ricorso inammissibile e condanna il ricorrente al pagamento in favore dei controricorrenti delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida, a favore di ciascuno, in € 6.000,00 per compensi ed € 200,00 per esborsi, oltre al rimborso forfettario nella misura del 15 per cento dei compensi e agli accessori di legge.
Condanna il ricorrente al pagamento dell’ulteriore somma di € 3.000,00 a favore di ciascuno dei controricorrenti ai sensi dell’art. 96, terzo comma, cod. proc. civ., nonché al pagamento, a favore della Cassa delle ammende, dell’importo di € 3.000.00 ai sensi dell’art. 96, quarto comma, cod. proc. civ.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 24/06/2025. Il Presidente
NOME COGNOME