Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 30472 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 30472 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 26/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso 7696-2022 proposto da:
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 871/2022 del TRIBUNALE di ROMA, depositata il 31/01/2022 R.G.N. 16129/2021;
Oggetto
R.NUMERO_DOCUMENTO.N. NUMERO_DOCUMENTO
COGNOME.
Rep.
Ud. 19/09/2024
CC
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 19/09/2024 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME.
RILEVATO CHE
Buongiovanni NOME impugna sulla base di tre motivi la sentenza n. 871/2022 del Tribunale di Roma che ha respinto il suo ricorso in opposizione ad ATP proposto ex art. 445 bis, comma 6, cod. proc. civ.
Resiste INPS con controricorso, eccependo in primis la inammissibilità del ricorso per violazione dell’art. 366, comma 1, n. 3, cod. proc. civ.
Chiamata la causa all’adunanza camerale del 19 settembre 2024, il Collegio ha riservato il deposito dell’ordinanza nel termine di giorni sessanta (art.380 bis 1, secondo comma, cod. proc. civ.).
CONSIDERATO CHE
Il ricorrente articola tre motivi di ricorso.
I Motivo) violazione o falsa applicazione dell’art. 445 bis comma 6 cod. proc. civ. in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ. per non aver il giudice rinnovato la CTU mal interpretando la norma de qua , poiché ha ritenuto che sia mancata la specificazione dei motivi di opposizione.
II Motivo) nullità della sentenza e/o del procedimento ex art. 360, comma, 1 n. 4 cod. proc. civ. per aver il Giudice fondato la decisione sulle conclusioni del CTU senza considerare che contenevano un errore nella diagnosi.
III Motivo) violazione o falsa applicazione dell’art. 152 disp att cod. proc. civ., ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ., per non aver il Tribunale compensato le spese di lite.
Il ricorso è inammissibile in quanto frutto di assemblaggio di atti.
Questa Corte ha già affermato in più occasioni ( ex multis , Cass. n. 33353/2023, n. 26837/2020) che il ricorso per cassazione redatto mediante la giustapposizione di una serie di documenti integralmente riprodotti è inammissibile per violazione del principio di autosufficienza, il quale postula che l’enunciazione dei motivi e delle relative argomentazioni sia espressa mediante un discorso linguistico organizzato in virtù di un concatenazione sintattica di parole, frasi e periodi, sicché, senza escludere radicalmente che nel contesto dell’atto siano inseriti documenti finalizzati alla migliore comprensione del testo, non può essere demandato all’interprete di ricercarne gli elementi rilevanti all’interno dei menzionati documenti, se del caso ricostruendo una connessione logica tra gli stessi, non esplicitamente affermata dalla parte (tra le altre, Cass n. 1278/2020, n. 3385/2016, n. 22185/2015).
E’, pertanto, inammissibile il ricorso per cassazione confezionato mediante l’assemblaggio di parti eterogenee del materiale di causa quando ciò renda incomprensibile il mezzo processuale, perché privo di una corretta ed essenziale narrazione dei fatti processuali, ai sensi dell’art. 366, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., della sintetica esposizione della soluzione accolta dal giudice di merito, nonché dell’illustrazione dell’errore da quest’ultimo commesso e delle ragioni che lo facciano considerare tale, addossando in tal modo alla Suprema Corte il compito, ad essa
non spettante, di sceverare da una pluralità di elementi quelli rilevanti ai fini del decidere.
Del resto, se «il principio di libertà di forme di cui all’art. 121 c.p.c. non permette …di escludere radicalmente che nel contesto dell’atto-ricorso per cassazione siano inseriti documenti (come anche grafici o altre forme), finalizzati alla migliore comprensione del testo (Cass. 17 maggio 2017, n. 12415), tuttavia, tale possibilità ed il predetto principio non hanno nulla a che vedere con i requisiti di contenuto del ricorso stesso, il quale deve consistere di motivi ed argomentazioni espressi mediante la concatenazione sintattica di parole, frasi e periodi e non attraverso documenti o altre forme che impongono all’interprete operazioni di traduzione in discorso linguistico e magari anche di individuazione delle connessioni logiche tra i documenti stessi; altrimenti si rimette totalmente al giudice, quale destinatario dello scritto così formato, la declinazione di esso in forma argomentativa, se non anche l’attribuzione di significato e di rilevanza a fini impugnatori ai segni – quali date, figure, espressioni non consistenti in frasi – in tal modo variamente riprodotti; ciò non è consentito dall’art. 366 c.p.c. (v. Cass. 4 aprile 2018, n. 8245; Cass. 30 ottobre 2015, n. 22185) e dall’esigenza di specificità ad esso sottesa, la quale è da intendere, in una logica di chiarezza e autoresponsabilità, anche come necessaria espressione completa del senso del ricorso mediante un discorso linguistico organizzato ed interamente percepibile e comprensibile come tale» (Cass. n. 26837/2020).
Vero è che la tecnica dell’assemblaggio degli atti processuali determina l’inammissibilità del ricorso solo quando si renda in tal modo incomprensibile il mezzo processuale, perché privo di una corretta ed essenziale narrazione dei fatti processuali, della
sintetica esposizione della soluzione accolta dal giudice di merito, nonché dell’illustrazione dell’errore da quest’ultimo commesso e delle ragioni che lo facciano considerare tale (Cass. n. 22185/2015, Cass. n. 8245/2018).
Ciò, peraltro, è quanto si riscontra nella specie.
Nel ricorso, l’illustrazione dei motivi è formulata in modo incompleto e non comprensibile nelle ultime 4 pagine mentre le 35 pagine che precedono contengono la trascrizione integrale degli atti del processo e di documenti, avendo il ricorrente riversato n ell’atto introduttivo del giudizio di legittimità: – il ricorso con cui ha instaurato il giudizio dinanzi al Tribunale di Roma ex art. 445 bis cod. proc. civ.; – la CTU medica resa in quella fase dal perito dell’ufficio; – le note critiche alla CTU; l’at to di contestazione delle conclusioni del CTU ex art. 445 bis, comma 4, cod. proc. civ.; – il ricorso in opposizione ex art. 445 bis, comma 6, cod. proc. civ. (contenente a sua volta le note critiche del medico incaricato alle conclusioni del CTU); – copia di una certificazione audiometrica; – la sentenza oggetto di impugnazione.
Tali atti e documenti non sono solo la premessa dei motivi ma ne costituiscono parte essenziale ed imprescindibile.
Come argomentato da Cass. n. 24934/2023, tra le più recenti, «tale tecnica di redazione infrange i principi di chiarezza e sinteticità espositiva . La pedissequa riproduzione dell’intero, letterale contenuto degli atti processuali è, per un verso, del tutto superflua, in quanto non è necessario che si dia meticoloso conto di tutti i momenti nei quali la vicenda processuale si è articolata. Per altro verso, è inidonea a soddisfare la necessità della sintetica esposizione dei fatti, in quanto equivale ad affidare alla Corte, dopo averla costretta a leggere tutto (anche quello di cui non occorre sia informata), la
scelta di quanto effettivamente rileva in ordine ai motivi di ricorso (Cass., S.U., 11 aprile 2012, n. 5698…. Cass., sez. lav., 25 novembre 2020, n. 26837)».
Nella specie, il ricorrente, nel trasfondere nel corpo del ricorso tutti gli atti di causa, ha trascurato di selezionare i profili di fatto e di diritto della vicenda sub iudice posti a fondamento delle doglianze proposte e non ha, dunque, offerto al giudice di legittimità una concisa rappresentazione dell’intera vicenda giudiziaria e delle questioni giuridiche prospettate e non risolte o risolte in maniera non condivisa, per poi esporre le ragioni delle critiche nell’ambito della tipologia dei vizi elencat a dall’art. 360 cod. proc. civ.: ciò pregiudica l’intelligibilità delle censure mosse alla sentenza gravata, con una esposizione che, come detto, è per un verso, sovrabbondante e, per altro verso, carente del necessario momento di sintesi critica, indispensabile per cogliere il punto nodale del contendere e la censura rivolta all’iter logico della sentenza impugnata, di tal chè, anche a volere espungere il coacervo dei documenti integralmente riprodotti, non si possono enucleare censure provviste del necessario grado di specificità.
Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano nella misura indicata in dispositivo.
La declaratoria d’inammissibilità del ricorso impone di dare atto dei presupposti per il sorgere dell’obbligo del ricorrente di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la stessa impugnazione, ove sia dovuto.
Dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna parte ricorrente a rifondere al controricorrente le spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in €1000,00 per compensi, in €200,00 per esborsi, oltre al rimborso delle spese generali nella misura del 15% e agli accessori di legge.
D à atto che, attesa l’inammissibilità, sussiste il presupposto processuale di applicabilità dell’art.13, comma 1 quater, d.P.R. n.115/02, con conseguente obbligo in capo al ricorrente di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, previsto per il ricorso.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale del 19 settembre