Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 18908 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 18908 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 10/07/2025
Oggetto
Mansioni pubblico impiego
R.G.N.15111/2022
COGNOME
Rep.
Ud 05/06/2025
R.G.N.15111/2022
COGNOME
Rep.
Ud 05/06/2025
CC
ORDINANZA
sul ricorso 15111-2022 proposto da:
COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE DI CATANIA;
– intimata –
avverso la sentenza n. 679/2021 della CORTE D’APPELLO di CATANIA, depositata il 02/12/2021 R.G.N. 1174/2018; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 05/06/2025 dal Consigliere Dott. COGNOME
RILEVATO CHE:
con sentenza del 18 novembre 2021 la Corte d’appello di Catania riformava la sentenza del locale Tribunale e rigettava tutte le originarie domande di NOME COGNOME;
quest’ultimo, dipendente della Provincia Regionale di Catania con la qualifica di operatore del servizio di sorveglianza, inquadrato nella categoria B1 del CCNL Comparto Enti locali del 31 marzo 1999, addetto alle riserve naturali dell’oasi del Simeto e di Fiumefreddo, con mansioni descritte nell’articolo 39 bis della legge reg. n. 98 del 1981, aveva dedotto che in data 27 aprile 2004 gli erano state conferite funzioni di polizia giudiziaria di cui all’articolo 39 della legge reg. n. 98/1981, riconducibili nella cat. C dell’allegato A al CCNL di settore, nel quale erano compresi gli agenti di polizia municipale e locale, sicché chiedeva il superiore inquadramento oltre al pagamento delle differenze retributive;
il Tribunale, con sentenza non definitiva, riconosceva il superiore inquadramento e, con sentenza definitiva, condannava l’ente convenuto al pagamento delle differenze retributive;
la Corte d’appello, applicato il principio generale di cui all’articolo 52 del d.lgs. n. 165 del 2001, negava il superiore inquadramento e, quanto alle reclamate differenze retributive, in tesi derivanti dallo svolgimento di mansioni superiori, rilevava che le mansioni esercitate continuativamente dal dì dell’assunzione quale operatore dei servizi di sorveglianza, come descritte ricorso e nella tabella A allegata alla legge reg. n. 98 del 1981, erano pienamente rispondenti a quelle previste nella categoria B del contratto collettivo enti locali;
contro
la sentenza ha proposto ricorso per cassazione il lavoratore con un solo motivo; l’ente locale è rimasto intimato.
CONSIDERATO CHE:
con l’unico motivo di ricorso si denuncia violazione o errata applicazione degli articoli 112, 115, 342 e 434 c.p.c. in relazione all’articolo 360 n. 3 e n. 4 c.p.c.;
la Corte d’appello di Catania ha deciso in ordine a censure che non erano state proposte dall’amministrazione appellante che aveva motivato il suo gravame semplicemente affermando che sia la sentenza non definitiva che quella definitiva erano errate, senza neanche provare a contestare le circostanze che il giudice di prime cure aveva posto a base della sua pronuncia;
i l motivo di ricorso, che denuncia l’ error in procedendo nel quale la Corte distrettuale sarebbe incorsa, è formulato senza il rispetto degli oneri di specifica indicazione e di allegazione imposti dagli artt. 366 n. 6 e 369 n. 4 cod. proc. civ., perché non riporta, se non per stralci, il contenuto dell’appello e non fornisce indicazioni sulla localizzazione degli atti nel fascicolo processuale;
il requisito imposto dal richiamato art. 366, comma 1, n. 6 cod. proc. civ. deve essere verificato anche in caso di denuncia di errores in procedendo , rispetto ai quali la Corte è giudice del «fatto processuale», perché l’esercizio del potere/dovere di esame diretto degli atti è subordinato al rispetto delle regole di ammissibilità e di procedibilità stabilite dal codice di rito, in nulla derogate dall’estensione ai profili di fatto del potere cognitivo del giudice di legittimità (Cass. S.U. n. 8077/2012);
la parte, quindi, non è dispensata dall’onere di indicare in modo specifico i fatti processuali alla base dell’errore denunciato e di riportare
nel ricorso, nelle parti essenziali, gli atti rilevanti, non essendo consentito il mero rinvio per relationem, perché la Corte di cassazione, anche quando è giudice del ‘ fatto processuale ‘ , deve essere posta in condizione di valutare ex actis la fondatezza della censura e deve procedere solo ad una verifica degli atti stessi non già alla loro ricerca (cfr. fra le più recenti Cass. S.U. n. 20181/2019; Cass. n. 20924/2019);
gli oneri sopra richiamati sono, altresì, funzionali a permettere il pronto reperimento degli atti e dei documenti il cui esame risulti indispensabile ai fini della decisione sicché, se da un lato può essere sufficiente per escludere la sanzione della improcedibilità il deposito della richiesta di trasmissione del fascicolo d’ufficio nonché dei fascicoli di parte di entrambi i gradi del giudizio di merito, dall’altro non si può mai prescindere dalla specificazione dell’esatta sede in cui il documento o l’at to sia rinvenibile (Cass. S.U. n. 25038/2013);
la recente decisione della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo del 28 ottobre 2021, COGNOME ed altri contro Italia, ha escluso che l’orientamento sopra richiamato sia in sé lesivo del diritto di accesso alla giurisdizione superiore ed ha rilevato che la cosiddetta autosufficienza del ricorso, se applicata senza cadere in eccessivo formalismo, serve a semplificare l’attività dell’organo giurisdizionale nazionale e ad assicurare nello stesso tempo la certezza del diritto nonché la corretta amministrazione della giustizia (punto 75) in quanto, consentendo alla Corte di Cassazione di comprendere il contenuto delle doglianze sulla base della sola lettura del ricorso, garantisce un utilizzo appropriato e più efficace delle risorse disponibili (punti 78, 104 e 105);
le Sezioni Unite di questa Corte, nel recepire detta sollecitazione, con la sentenza n. 8950 del 18 marzo 2022 hanno affermato che l’onere di «specifica indicazione» imposto dall’art. 366 n. 6 cod. proc. civ. non si può «tradurre in un ineluttabile onere di integrale trascrizione degli atti e documenti posti a fondamento del ricorso», ma hanno anche ritenuto necessaria l’individuazione chiara del contenuto dell’atto; nel caso di specie, al contrario, il ricorso è redatto con modalità non dissimili da quelle in ragione delle quali la citata pronuncia COGNOME ed altri contro Italia ha escluso, nei punti da 103 a 105, che la dichiarazione di inammissibilità da parte della Corte di Cassazione avesse comportato violazione dell’art. 6 della Convenzione (si legge al punto 103: che, secondo la giurisprudenza interna non contestata su questo punto, i motivi di ricorso per cassazione che rinviano ad atti o a documenti del procedimento sul merito devono indicare sia le parti del testo in contestazione che l’interessato ri tiene pertinenti, che i riferimenti ai documenti originali inseriti nei fascicoli depositati, allo scopo di permettere al giudice di legittimità di verificarne tempestivamente la portata e il contenuto salvaguardando le risorse disponibili);
il ricorso è inammissibile; nulla per le spese di legittimità essendo la Città Metropolitana di Catania rimasta intimata.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso; nulla per le spese di legittimità.
Ai sensi dell’art. 13 comma quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis, dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Corte Suprema