Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 4785 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 4785 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 24/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. R.G. 21470 anno 2019 proposto da: RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME giusta procura in calce al ricorso, elettivamente domiciliata presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME in Vairano INDIRIZZO INDIRIZZO
ricorrente
contro
RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, in Roma, INDIRIZZO MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, in Roma, INDIRIZZO; COMUNE DI CASERTA, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME giusta procura in calce al controricorso, elettivamente domiciliato in Roma presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, INDIRIZZO
contro
ricorrenti
avverso la sentenza della Corte di Appello di Napoli n. 2350/2019 pubblicata in data 30/04/2019 notificata il 15/05/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 21/11/2024 dal consigliere relatore NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
A quanto risulta dalla sentenza impugnata, il Ministero delle Finanze conveniva in giudizio innanzi al tribunale di Napoli la Società RAGIONE_SOCIALE ed il Comune di Caserta per sentirli condannare alla restituzione, previo ripristino dello stato dei luoghi e inoltre risarcimento del danno da spossessamento, di un’area di mq. 460 di sua proprietà, abusivamente occupata dalla Società, che vi aveva effettuato uno sbancamento per la realizzazione di una rampa d’accesso ad un fabbricato in corso di costruzione, e di un’area di mq. 1100 occupata dalla predetta Società in base ad un decreto del Comune, giuridicamente inesistente.
Con sentenza non definitiva del 22.12.1995 il Tribunale accoglieva le domande restitutoria e ripristinatoria, e rimetteva la causa in istruttoria per la quantificazione del danno. Acquisita la disposta CTU, con sentenza definitiva del 6.12.2007, il Tribunale rigettava, invece, ogni pretesa.
Adita su gravame proposto dalla Società, avverso la sentenza non definitiva, e dall’Agenzia del Demanio e del Ministero, avverso la sentenza definitiva, la Corte d’Appello di Napoli con sentenza del 26 ottobre 2011, accoglieva l’impugnazione della parte pubblica. Dopo aver evidenziato che la sentenza non definitiva era passata in giudicato nei confronti del Comune, che l’area destinata a rampa di accesso non era di proprietà delle Amministrazioni statali, mentre l’altro suolo, appartenente al patrimonio indisponibile dello Stato -quale area di sedime di una caserma- e destinato a parcheggio
condominiale, era già stato restituito al Demanio che lo aveva concesso in locazione ai condomini dell’edificio realizzato dalla Società, la Corte annullò la sentenza definitiva e condannò Comune e Società, in solido, al ripristino dello stato dei luoghi, anche secondo le future determinazioni del giudice dell’esecuzione, oltre che al risarcimento dei danni, per il periodo ricompreso tra il 1.3.1992 ed il 31.12.1999 in ragione di € 1496,00 mensili, in riferimento ai canoni di mercato per posti auto scoperti, con devalutazione annuale ed interessi legali.
Per la cassazione della sentenza, ricorrevano in via principale la Società ed in via incidentale il Comune.
Con ordinanza n. 13759/2017 la Corte di cassazione accoglieva parzialmente il ricorso ritenendo fondati i motivi terzo e quarto del ricorso principale e di quello incidentale relativi alle statuizioni risarcitorie nei seguenti termini:
‘La pronunzia impugnata ha riconosciuto il diritto al risarcimento e lo ha liquidato in riferimento al valore locativo del bene usurpato. Ora, secondo la giurisprudenza maggioritaria (cfr., in proposito, Cass. 9/8/2016 n.16670; 16/04/2013, n. 9137; 28/05/2014 n. 11992; 08/05/2006 n. 10498; 11/02/2008 n. 3251; 10/02/2011 n. 3223; 15/10/2015 n. 20823; 07/08/2012 n. 14222) alla quale va data continuità, in caso di occupazione illegittima di un immobile è ravvisabile, secondo una presunzione iuris tantum, l’esistenza di un danno connesso alla perdita della disponibilità del bene ed all’impossibilità di conseguire l’utilità ricavabile dal bene medesimo, in relazione alla sua natura normalmente fruttifera, onde la relativa liquidazione può ben essere operata dal giudice sulla base di presunzioni semplici, con riferimento al cosiddetto danno figurativo, id est al valore locativo del
bene. Ma, nella specie, a parte che non consta sia stato allegato alcunché al riguardo da parte delle Amministrazioni danneggiate, è incontroverso che il bene occupato fosse l’area di sedime risultante dal crollo dell’immobile adibito a caserma, sicché la liquidazione del danno rapportato alla locazione di un parcheggio è illogica, perché è riferita a manufatto diverso (parcheggio scoperto) rispetto a quello occupato (area di sedime), e senza neppure dedurre i costi della relativa realizzazione.’.
La corte distrettuale in sede di rinvio esaminava pertanto la questione della quantificazione del danno per l’occupazione dell’area oggetto di causa protrattasi dall’1/3/92 al 31/12/99 alla luce dei principi espressi dal giudice di legittimità.
Al riguardo la Corte di merito rideterminava il danno sulla base del valore venale stabilito nella nota dell’UTE di Caserta del 25/9/92 depositata nel corso del giudizio di primo grado, nella quale all’area di complessivi metri quadri 3880 era stato attribuito un valore venale, tenuto conto della destinazione urbanistica prevista nel PRG, di complessive lire 776.000.000 in quanto non oggetto di contestazioni ed in quanto dotata di intrinseca oggettività ed attendibilità. Conseguentemente, ricavandosi da tale quantificazione il valore venale di lire 200.000/mq ossia euro 103,00, la corte quantificava il danno in euro 123.037,00.
Inoltre, respingeva la domanda di compensatio lucri cum damno per la successiva locazione dell’area de qua come parcheggio a partire dal 2000 essendo rimasto acclarato che per il periodo di occupazione illegittima Marzo 1992 -Dicembre 1999 alcun guadagno era stato ricavato dal demanio da tale area afferendo il contratto di locazione del parcheggio al condominio ad un periodo successivo decorrente dal 2000.
La sentenza veniva impugnata dalla società RAGIONE_SOCIALE con ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, cui resisteva con controricorso l’Agenzia del demanio e il Minis tero dell’economia e delle finanze . Inoltre, si è costituito con controricorso il Comune di Caserta aderendo alle conclusioni del ricorrente.
Il solo Comune di Caserta ha depositato memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso si deduce la violazione ex art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c. con riferimento agli artt. 384, comma 2, c.p.c. e 132, comma 2, n. 4 c.p.c., nonché agli artt. 2043, 2056, 1223 e 1226 c.c. circa la valutazione e liquidazione del risarcimento del danno e art. 2697 c.c. in tema di onere della prova.
La corte territoriale avrebbe erroneamente ed illogicamente provveduto a liquidare il danno con riferimento al valore venale del bene, sebbene sia pacifico che il danno da occupazione illegittima temporanea sia da quantificare nel danno/conseguenza pari al valore del mancato godimento temporaneo del bene.
Con il secondo motivo si eccepisce la violazione e falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. in relazione agli artt. 1241, 1223 e 2043 c.c..
La corte distrettuale non avrebbe tenuto conto del principio affermato in sede di rinvio riguardante la compensatio lucri cum damno e in particolare la valutazione ai fini della del
quantificazione del danno dei costi di realizzazione parcheggio a carico dell’odierna società ricorrente.
Con il terzo motivo si contesta la regolamentazione delle spese operata dalla Corte di Appello che non ha tenuto conto dell’esito globale del giudizio e in particolar modo
dell’accoglimento da parte della Cassazione del ricorso della società e del Comune con cassazione e rinvio alla corte distrettuale.
Risulterebbe, pertanto, errata la motivazione della sentenza in cui si provvede alla liquidazione delle spese relativamente a ciascuna fase del giudizio, operando così una duplicazione con riferimento al giudizio di appello liquidando sia la fase conclusa con la sentenza cassata che la fase di riassunzione a seguito di Cassazione.
4. Il ricorso è inammissibile.
Va al riguardo premesso che ai fini della sussistenza del requisito della “esposizione sommaria dei fatti di causa”, prescritto, a pena di inammissibilità, per il ricorso per cassazione dall’art. 366, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., è necessario, in ossequio al principio di autosufficienza del ricorso, che in esso vengano indicati, in maniera specifica e puntuale, tutti gli elementi utili perché il giudice di legittimità possa avere la completa cognizione dell’oggetto della controversia, dello svolgimento del processo e delle posizioni in esso assunte dalle parti, senza dover ricorrere ad altre fonti o atti del processo, ivi compresa la sentenza impugnata, così da acquisire un quadro degli elementi fondamentali in cui si colloca la decisione censurata e i motivi delle doglianze prospettate (Cass. Sez. L, Sentenza n. 15808 del 12/06/2008).
Tale principio è stato successivamente affermato anche dalle Sezioni Unite di questa Corte secondo cui ‘I l ricorso per cassazione in cui manchi completamente l’esposizione dei fatti di causa e del contenuto del provvedimento impugnato è inammissibile; tale mancanza non può essere superata attraverso l’esame delle censure in cui si articola il ricorso, non
essendone garantita l’esatta comprensione in assenza di riferimenti alla motivazione del provvedimento censurato, né attraverso l’esame di altri atti processuali, ostandovi il principio di autonomia del ricorso per cassazione ‘ (Cass. Sez. U, Sentenza n. 11308 del 22/05/2014) e di recente ribadito da questa Corte (Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 6611 del 01/03/2022).
Ciò premesso, è da rilevarsi come il ricorso introduttivo del giudizio di cassazione manchi completamente dello svolgimento del giudizio di primo e secondo grado precedente all’ordinanza di cassazione con rinvio n. 13750/2017 che ha dato origine alla sentenza di Appello oggetto del presente ricorso.
Dalla lettura del ricorso per cassazione, come redatto dalla difesa del ricorrente, non è possibile evincere alcun elemento in ordine alla necessaria esposizione sommaria dei fatti di causa, tale da consentire al giudicante una esaustiva e completa cognizione delle questioni di fatto e di diritto che sono state oggetto della controversia di merito. Il mero richiamo all’ordinanza di rinvio della cassazione e lo stralcio di motivazione della sentenza impugnata non consentono di poter ritenere il ricorso ammissibile, in quanto totalmente privo dell’esposizione dei fatti di causa riguardanti il primo ed il secondo grado di merito, come prescritto dall’art. 366, comma 1, n. 3 c.p.c..
Ed invero, il ricorso riproduce pedissequamente i soli due motivi di ricorso per cassazione proposti dalla società RAGIONE_SOCIALE oggetto di accoglimento da parte di questa Corte con l’ordinanza di cassazione con rinvio n. 13750/2017 di cui viene, altresì, riportato il solo stralcio relativo ai motivi di accoglimento. Anche il richiamo alla sentenza di appello
oggetto di impugnazione è parziale e non consente di avere piena cognizione dei fatti di causa come dedotti nel corso del giudizio.
Tali profili di carenza del ricorso non possono che comportarne la integrale inammissibilità, con conseguente impossibilità per questa Corte di esaminare la fondatezza delle censure formulate aventi ad oggetto la errata quantificazione del danno come operata dalla corte di merito.
Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate come in dispositivo. In ordine alle spese sostenute dal Comune di Caserta le stesse vanno dichiarate irripetibili stante la dichiarazione di inammissibilità del ricorso principale cui il Comune ha aderito nel merito.
P.Q.M.
La Corte dichiara il ricorso inammissibile. Condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese di lite in favore dell’A genzia del Demanio e del Ministero dell’Economia e delle Finanze che liquida in € 4.000,00 per compensi professionali oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art.13, comma 1 quater del DPR 115/2002, dà atto della ricorrenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma del comma 1 bis dello stesso art.13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 1ª Sezione Civile,