Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 7436 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 7436 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 20/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso n. 22162/2018 proposto da:
COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, elettivamente domiciliati in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) che li rappresenta e difende unitamente all ‘ avvocato NOME AVV_NOTAIO (CODICE_FISCALE).
– Ricorrenti –
Contro
COGNOME NOME, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati NOME COGNOME (CODICE_FISCALE), NOME COGNOME (CODICE_FISCALE).
– Controricorrente –
Avverso la sentenza della Corte d’appello di Genova n. 763/2017 depositata il 14/06/2017.
Proprietà
Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME nella camera di consiglio del 06 febbraio 2024.
Rilevato che:
secondo quanto riassume la sentenza impugnata, NOME COGNOME convenne in giudizio NOME COGNOME dinanzi al Tribunale di Savona assumendo che una struttura tubolare in ferro e cinque cavetti che formavano una sorta di griglia a maglie molto larghe ledeva il proprio diritto di veduta diretta sul fondo sottostante e che tale struttura violava l’art . 1102, cod. civ., perché alterava la destinazione dei muri perimetrali e impediva il pari uso agli altri condomini ed inoltre costituiva un facile mezzo di accesso agli appartamenti dei condomini. Chiese altresì il risarcimento dei danni.
Domandò, pertanto, che venisse dichiarata l’inesistenza del diritto della vicina a realizzare e a mantenere la struttura tubolare, con condanna di controparte ad eliminare l ‘opera a proprie spese e al risarcimento dei danni.
NOME COGNOME, resistendo alla domanda, chiese dichiararsi l’intervenuta prescrizione di qualsiasi pretesa per essere la consistenza della proprietà identica a quella esistente ancor prima dell’acquisto dell’appartamento da parte dell’attrice. E per avere quindi acquistato per usucapione il diritto a mantenere il manufatto;
il Tribunale di Savona, istruita la causa con prove orali, con sentenza n. 1074/2011, in parziale accoglimento della domanda dell’attrice, condannò la convenuta a rimuovere la copertura in canniccio apposta sulla struttura tubolare che occultava la vista sul fondo sottostante, rigettò la domanda riconvenzionale e compensò in parte le spese;
la Corte d’appello di Genova, decidendo sull’appello principale di NOME COGNOME e su quello incidentale di NOME COGNOME, ha respinto l’appello principale e, in accoglimento di quello incidentale,
ha dichiarato il diritto di NOME COGNOME al mantenimento della copertura in canniccio, con condanna dell’appellante principale alle spese dei gradi di merito.
Questi, in sintesi, i passaggi motivazionali rilevanti della decisione:
(i) l’azione negatoria ex art. 949, cod. civ., dell’attrice va disattesa in mancanza di prova dell’esistenza di un effettivo pregiudizio. La struttura tubolare che insiste su un basamento in cemento armato è preesistente all’acquisto dell’appartamento da parte della sig.ra COGNOME (1987) e risale agli anni DATA_NASCITA.
La struttura non viola l’uso delle parti comuni, ossia dei due muri perimetrali condominiali sui quali è fissata poiché, se pure assicura alla sig.ra COGNOME un ‘ utilità specifica aggiuntiva rispetto a quella degli altri condomini, non modifica la consistenza e la destinazione d’uso dei muri e non impedisce l’altrui pari uso (art. 1102, cod. civ.);
(ii) la domanda riconvenzionale della convenuta è fondata: infatti, accertata la legittimità dell’installazione della struttura tubolare, il suo corretto e legittimo uso non può essere limitato in quanto le modalità di copertura della struttura rientrano tra le utilità specifiche di cui la condomina beneficia, in applicazione dell’art. 1102, cod. civ., e la copertura in canniccio o qualsiasi altra copertura, che sia amovibile e temporanea e non fissa e stabile, non lede il diritto di veduta;
gli eredi di NOME COGNOME ricorrono, con tre motivi, per la cassazione della sentenza d’appello .
NOME COGNOME resiste con controricorso.
Le parti hanno depositato memorie in prossimità dell’adunanza camerale;
Considerato che:
il primo motivo di ricorso -(artt. 360, primo comma, nn. 4 e 5, cod. proc. civ.) ‘ art. 112 c.p.c. per il vizio di mancata corrispondenza
tra il chiesto e pronunciato, arbitrarietà logico-giuridica della motivazione ed omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione fra le parti’ denuncia che la Corte d’appello ha respinto la domanda dell’attrice di accertamento negativo ex art. 949, cod. civ., per carenza di prova di un effettivo pregiudizio, senza considerare che l’attrice aveva esercitato tale domanda uti condomina a difesa della proprietà comune del terrazzamento in cemento armato del quale, insieme con la struttura tubolare in ferro su di essa installata, la convenuta, con la domanda riconvenzionale, aveva rivendicato la proprietà, che il Tribunale di Savona aveva riconosciuto, pur in mancanza del necessario titolo di acquisto.
Infine, i ricorrenti ascrivono alla sentenza impugnata (cfr. pag. 37 del ricorso) «l’omissione del fatto storico rappresentato da esso terrazzamento in cemento armato nella sua natura e nelle sue funzioni quale condizione reale per stabilirne la proprietà e da essa anche l’uso da parte dell’esclusivo proprietario o di tutti i singoli condomini, con conseguente vizio di motivazione, perché assolutamente incomprensibile e addirittura avulsa dai fatti e dal contesto giudiziario»;
2. il secondo motivo –(artt. 360, primo comma, nn. 3, 4 e 5, cod. proc. civ.) ‘violazione dell’art. 1117 c.c. e dell’art. 1350 c.c. in ordine ai beni comuni condominiali e all’acquisto della proprietà immobiliare violazione degli artt. 34 c.p.c. e 101 e 102 c.p.c. per violazione del principio del contraddittorio in ipotesi di litisconsorzio necessario arbitrarietà logico-giuridica della motivazione ed omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione fra le parti’ lamenta che i giudici di merito non hanno preso in considerazione la realtà dei fatti, ossia l’esistenza di un terrazzamento in cemento armato condominiale (che non può essere
confuso con il ‘terrazzo -giardino’ o il ‘terrazzino’ al quale controparte allude nei propri atti per ‘creare maliziosa confusione’ ), che ha la funzione del vestibolo o andito, menzionato dall’art. 1117, cod. civ., a vantaggio di tutti i condomini del caseggiato di INDIRIZZO.
Posto che il petitum della domanda riconvenzionale della convenuta -che il giudice non può modificare è l’acquisizione della proprietà del detto basamento in cemento armato e della struttura tubolare (cfr. pag. 42 del ricorso) ‘onde conseguirne la cubatura da porre al servizio del proprio alloggio singolo’ , si lamenta il difetto di integrità del contraddittorio per non essere stati chiamati in causa i singoli condomini o il condominio in persona dell’amministratore .
Da ultimo, l’omesso esame di un fatto storico decisivo viene indicato nella comunanza della platea in cemento armato ex art. 1117, cod. civ.;
3. il terzo motivo -(artt. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ.) ‘art. 112 c.p.c. e 345 c.p.c. per il vizio di mancata corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato con mutamento irrituale della domanda giudiziaria con altra domanda nuova in appello ex art. 1102 c.c. mai formulata violazione degli artt. 101, 112 e 183 c .p.c. -legge 18 giugno 2009, n. 69 , art. 45 poiché il giudice d’appello ha posto a fondamento della decisione una questione rilevata d’ufficio incorrendo nel vizio di nullità per non aver assegnato alle parti un termine per il deposito in cancelleria di memorie contenenti osservazioni sulla mede sima questione’ fa leva sul presupposto che la sig.ra COGNOME ha chiesto il riconoscimento de ll’ acquisto di diritti reali: per usucapione, la struttura tubolare , per ‘acquisizione documentale’ (tramite il rogito AVV_NOTAIO COGNOME del 27/06/1970) del proprio immobile, il terrazzamento in cemento armato, e che il Tribunale di Savona ha condiviso tale impostazione lì dove ha erroneamente affermato che
sussiste il diritto dominicale della convenuta perché la proprietà è stata ‘ riconosciuta ‘ dall’attrice.
Ciò premesso, si critica la Corte territoriale che, in violazione degli artt. 112, 345, cod. proc. civ., con una decisione ultra petita , operando un mutamento radicale della domanda riconvenzionale, ossia creando una ‘domanda nuova’ , ha statuito che l’uso della cosa comune da parte della sig.ra COGNOME era in linea con le prescrizioni del l’art. 1102, cod. civ., il che integra altresì la violazione del secondo comma, dell’art. 101, cod. proc. civ., a norma del quale il giudice, ove (come nella specie) ritenga di porre a fondamento della decisione una questione rilevata d’ufficio , deve assegnare alle parti a pena di nullità un termine per il deposito di memorie contenenti osservazioni al riguardo, e questo, nella fattispecie concreta, non è avvenuto;
4. in via prioritaria e dirimente, rispetto all’esame dei motivi di impugnazione , è fondata l’eccezione di inammissibilità del ricorso , per mancanza dell’esposizione sommaria dei fatti di causa , ex art. 366, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., sollevata in controricorso (pag. 10).
Si tratta di un requisito di contenuto-forma del ricorso, il quale deve consistere in una esposizione sufficiente a garantire alla Corte di cassazione di avere una chiara e completa cognizione del fatto sostanziale che ha originato la controversia e del fatto processuale, senza dover ricorrere ad altre fonti o atti in suo possesso, compresa la stessa sentenza impugnata. La prescrizione del codice di rito non risponde ad un’esigenza di mero formalismo, ma a quella di consentire una conoscenza chiara e completa dei fatti di causa, sostanziali e/o processuali, che permetta di bene intendere il significato e la portata delle censure rivolte al provvedimento impugnato. È, dunque, necessario che il ricorso per cassazione contenga, sia pure in modo non analitico o particolareggiato,
l’indicazione sommaria delle reciproche pretese delle parti, con i presupposti di fatto e le ragioni di diritto che le hanno giustificate, delle eccezioni, delle difese e delle deduzioni di ciascuna parte in relazione alla posizione avversaria, dello svolgersi della vicenda processuale nelle sue articolazioni e, dunque, delle argomentazioni essenziali, in fatto e in diritto su cui si è fondata la sentenza di primo grado, delle difese svolte dalle parti in appello, ed infine del tenore della sentenza impugnata ( ex multis , Cass. nn. 31152/2023, 33012/2023, 15639/2022, 12227/2018; Sez. 3, Sentenza n. 15478 del 08/07/2014, Rv. 631745 -01; Sez. U, Sentenza n. 11308 del 22/05/2014, Rv. 630843 -01; Sez. 1, Sentenza n. 4403 del 28/02/2006, Rv. 587592 -01; più di recente v. anche Sez. 3 – , Ordinanza n. 1352 del 12/01/2024 Rv. 669797).
Il ricorso in esame, nell’esposizione del fatto, non presenta tale contenuto minimo: esso è caotico e prolisso (consta di 56 pagine), non rende intelligibile la vicenda sottesa alla lite, dà per scontata la conoscenza dei i fatti di causa, le posizioni delle parti, le rationes decidendi delle sentenze dei gradi di merito; in altre parole, si è dinanzi ad una chiosa alla pregressa dinamica processuale che costringe ad attingere aliunde l’andamento della vicenda , come di fatto accaduto nel caso in esame.
Nè le repliche dei ricorrenti contenute in memoria appaiono idonee a porre in discussione il vizio riscontrato, perché si limitano a censurare le soluzioni da essi definite formalistiche, ma poi non indicano neppure in quali passaggi del ricorso per cassazione l’onere di esposizione sommaria dei fatti sia stato assolto (v. pagg. 16 e ss della memoria). Fuori luogo è poi il richiamo alla giurisprudenza della CEDU perché la sentenza SUCCI e altri/ITALIA del 28.1012021 era intervenuta, come è noto, in una vicenda ben diversa (col ricorso n. 55064/11 , l’unico dei tre a ccolti, si discuteva infatti di un ricorso per
cassazione dichiarato inammissibile perché i cinque motivi in cui esso era articolato erano privi della rubrica indicativa dei vizi lamentati e dei riferimenti alle ipotesi regolate dall’art. 366 c.p.c. e mancava il riferimento e l’indicazione relativi alla documentazione su cui erano basate le argomentazioni a sostegno).
in conclusione, il ricorso per cassazione è inammissibile;
le spese del giudizio di cassazione, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza;
7 . ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater del d.P.R. 115 del 2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto;
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in € 3.000 ,00, più € 200,00, per esborsi, oltre al 15 per cento per il rimborso delle spese generali, e agli accessori di legge.
A i sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis del citato art. 13, se dovuto;
Così deciso in Roma, in data 6 febbraio 2024.