Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 12776 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 12776 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 10/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso 29922-2021 proposto da:
RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, (GIARAGIONE_RAGIONE_SOCIALE), in persona del Liquidatore e legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO, presso l’Avvocatura Centrale dell’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME, NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 700/2021 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO, depositata il 13/07/2021 R.G.N. 196/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 18/01/2024 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME.
RILEVATO IN FATTO
che, con sentenza depositata il 13.7.2021, la Corte d’appello di Catanzaro, in riforma della pronuncia di primo grado, ha revocato il decreto ingiuntivo con cui il Tribunale di Crotone aveva ingiunto all’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE di pagare a RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE in RAGIONE_SOCIALE somme per sgravi asseritamente dovuti in esecuzione di altra sentenza del medesimo Tribunale precorsa inter partes e passata in giudicato;
che avverso tale pronuncia RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione, deducendo un motivo di censura, successivamente illustrato con memoria;
che l’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso;
che, chiamata la causa all’adunanza camerale del 18.1.2024, il Collegio ha riservato il deposito dell’ordinanza nel termine di giorni sessanta (articolo 380bis .1, comma 2°, c.p.c.);
CONSIDERATO IN DIRITTO
che, con l’unico motivo di censura, la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 c.c. e 115 c.p.c., nonché illogicità e contraddittorietà della motivazione e travisamento delle prove documentali per avere la Corte di merito ritenuto che, recando il giudicato una condanna generica, essa non avesse compiutamente allegato e indicato gli elementi di fatto assunti a presupposto della quantificazione, mentre era onere dell’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE contestare i conteggi all’uopo approntati e provare la dive rsa misura del credito portato dal giudicato;
che, al riguardo, va premesso che i giudici territoriali, dopo aver dato atto che ‘dall’elaborato di parte con cui la società ricorrente ritiene di aver correttamente determinato la contribuzione oggetto di ingiunzione’ risultava che ‘il consulente non fatto altro che calcolare la
contribuzione complessivamente versata nel periodo luglio 1985-febbraio 1992 (euro 414.961,10), dividendo tale importo per 47 unità lavorative e moltiplicando il risultato per 30′, hanno acclarato che tale modus procedendi si poneva ‘in netto contrasto proprio con la sentenza n. 560/05 sulla cui base la società appellata ha proposto il ricorso per ingiunzione’, dal momento che, in essa, ‘l’incremento occupazionale pari a 30 unità lavorative era stato con precisione suddiviso’ in ’12 dipendenti nel mese di luglio 1985, 1 dipendente nel mese di ottobre 1985, 1 dipendente nel mese di luglio 1986, 4 dipendenti nell’agosto 1987, 4 dipendenti nel settembre 1987, 5 dipende nti nell’agosto 1988 e 3 dipendenti nell’ottobre 90′ e si era affermato ‘che il diritto alle agevolazioni andava determinato in relazione alle giornate di lavoro prestate’ (così la sentenza impugnata, pag. 6);
che, tanto accertato, i giudici territoriali hanno ritenuto che ‘il quantum della pretesa stato calcolato con un’operazione matematica indistinta e fuorviante’ e non invece calcolando ‘la contribuzione riferita a ciascuno dei singoli 30 dipendenti e alla durata del relativo rapporto di lavoro’, precisando che, non essendo stati soddisfatti gli oneri di allegazione e prova del credito fatto valere in monitorio, nessun onere di contestazione poteva gravare sull’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE ( ibid. , pagg. 6-7);
che, ciò premesso, il motivo di ricorso è palesemente inammissibile, atteso che né il ricorso in monitorio né il ricorso in opposizione dell’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE né la memoria di costituzione in primo grado dell’odierna ricorrente sono stat i trascritti nel ricorso per cassazione, nemmeno nella misura necessaria a dare alle censure un non opinabile fondamento fattuale, né si dice in quale luogo del fascicolo processuale e/o di parte
tali atti sarebbero reperibili, in spregio dell’art. 366 nn. 4 e 6
c.p.c.;
che è consolidato nella giurisprudenza di questa Corte il principio secondo cui la deduzione in questa sede di legittimità di un error in procedendo , che legittima l’esercizio da parte di questa Corte del potere di diretto esame degli atti del giudizio di merito, presuppone pur sempre l’ammissibilità del motivo di censura, da valutarsi in relazione ai principi di specificità e autosufficienza di cui all’art. 366, comma 1°, nn. 4 e 6, c.p.c., che impongono non soltanto la trascrizione essenziale degli atti e dei documenti per la parte d’interesse ai fini della censura (così da ult. Cass. n. 3612 del 2022), ma altresì l’indicazione del luogo del fascicolo processuale e/o di parte in cui essi sono attualmente reperibili (così Cass. n. 28184 del 2020 cui hanno dato continuità, tra le più recenti, Cass. nn. 42047 del 2021, 3760, 24434 e 30378 del 2022); che, sebbene le Sezioni Unite di questa Corte abbiano recentemente rimarcato che il principio di specificità e autosufficienza del ricorso per cassazione, anche alla luce dei principi contenuti nella sentenza della Corte EDU 28.10.2021, Succi et al. c/ Italia, non deve essere interpretato in modo eccessivamente formalistico, così da incidere sulla sostanza stessa del diritto in contesa (così Cass. S.U. n. 8950 del 2022), non pare al Collegio che tanto possa implicare la necessità di sottoporre a revisione gli anzidetti principi di diritto, ove si osservi che la stessa sentenza della Corte europea dianzi cit., nell’accertare la violazione dell’art. 6, § 1, CEDU, non ha in alcun modo stigmatizzato la necessità che il ricorrente debba brevemente trascrivere i ‘ passaggi pertinenti’ del documento su cui si fonda il ricorso e operare il necessario ‘riferimento al documento originale, rendendo così possibile la sua identificazione tra i documenti depositati con il ricorso’, ma ha semplicemente ritenuto che nel caso
sottoposto al suo scrutinio, ad onta della declaratoria d’inammissibilità pronunciata da questa Corte, tali obblighi fossero stati rispettati (cfr. §§ 86-95 della motivazione);
che il ricorso, pertanto, va dichiarato inammissibile, provvedendosi come da dispositivo sulle spese del giudizio di legittimità, giusta il criterio della soccombenza;
che, in considerazione della declaratoria d’inammissibilità del ricorso, va dichiarata la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, previsto per il ricorso;
P. Q. M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano in complessivi € 8.700,00, di cui € 8.500,00 per compensi, oltre spese generali in misura pari al 15% e accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , d.P.R. n. 115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale del 18.1.2024.