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Ricorso per Cassazione: inammissibile se non è breve

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un’azienda sanitaria contro una condanna per risarcimento danni. Il motivo è la violazione del principio di sinteticità: l’atto era un mero ‘assemblaggio’ di documenti precedenti, non una ‘esposizione sommaria dei fatti’ come richiesto dall’art. 366 c.p.c. La Corte ribadisce che non è suo compito estrapolare i motivi da un atto prolisso e non conforme alla legge.

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Pubblicato il 19 dicembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Ricorso per Cassazione: Inammissibile se non Conforme al Principio di Sinteticità

Un ricorso per cassazione deve essere redatto seguendo criteri di chiarezza e sintesi. Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione ha ribadito con forza questo principio, dichiarando inammissibile un ricorso perché consisteva in un mero “assemblaggio” di atti precedenti. Questa decisione sottolinea l’importanza per i legali di rispettare l’onere espositivo imposto dalla legge, evitando di delegare al giudice il compito di estrapolare i motivi di doglianza da un testo prolisso e disorganico.

I Fatti di Causa

La vicenda trae origine da una richiesta di risarcimento danni avanzata da un paziente nei confronti di un’Azienda Sanitaria Locale (ASL) per un trattamento medico ritenuto inadeguato. Il Tribunale di primo grado accoglieva la domanda, condannando l’ASL a un cospicuo risarcimento e al pagamento di un’ulteriore somma per lite temeraria, ai sensi dell’art. 96, terzo comma, c.p.c.

L’ASL proponeva appello, ma la Corte d’Appello confermava integralmente la decisione di primo grado. Non arrendendosi, l’Azienda Sanitaria presentava un ricorso per cassazione, basato su un unico motivo di violazione di legge relativo alla condanna per lite temeraria. Tuttavia, la struttura stessa del ricorso è diventata il centro della decisione della Suprema Corte.

L’Inammissibilità del Ricorso per Cassazione per “Assemblaggio”

Il ricorso, lungo ben 48 pagine, dedicava le prime 40 alla trascrizione integrale di atti processuali precedenti: la citazione, la comparsa di risposta, le osservazioni del consulente tecnico, il dispositivo e la motivazione della sentenza di primo grado, e l’atto d’appello. I motivi di ricorso veri e propri erano confinati solo nelle ultime 8 pagine.

La Corte di Cassazione ha definito questa tecnica redazionale come “assemblaggio”, considerandola una violazione diretta dell’art. 366, primo comma, n. 3 del codice di procedura civile. Tale norma impone, a pena di inammissibilità, “l’esposizione sommaria dei fatti della causa”.

La Violazione del Principio di Sinteticità

La natura “sommaria” dell’esposizione è incompatibile con la trascrizione totale degli atti. Presentare un ricorso in questo modo costringe la Corte a un lavoro superfluo e improprio: leggere decine di pagine non pertinenti per individuare le questioni realmente rilevanti. Questo equivale ad affidare al giudice la selezione dei fatti e delle censure, un compito che spetta esclusivamente alla parte ricorrente.

Le Motivazioni della Corte

La Suprema Corte, nel dichiarare il ricorso per cassazione inammissibile, ha richiamato un orientamento consolidato, inclusa una pronuncia delle Sezioni Unite (sentenza n. 5698/2012). La giurisprudenza è chiara nel sanzionare la prassi dell’assemblaggio, poiché rende l’atto inidoneo a soddisfare la necessità di una esposizione sintetica. Il difetto del requisito dell’esposizione sommaria non può essere sanato estrapolando dai motivi ciò che avrebbe dovuto essere esposto in modo chiaro e conciso all’inizio dell’atto.

La Corte ha specificato che non è compito del giudice “correggere” la conformazione inammissibile degli atti. Le trascrizioni integrali devono essere considerate come presenti e, per la loro stessa natura, rendono il ricorso incompatibile con il principio di concisione richiesto dalla legge. Di conseguenza, ogni altro profilo di merito, come la contestazione sulla condanna per lite temeraria, è stato assorbito dalla declaratoria di inammissibilità.

Conclusioni

L’ordinanza in esame rappresenta un monito fondamentale per gli operatori del diritto. La redazione del ricorso per cassazione non è un mero esercizio di stile, ma un adempimento processuale con requisiti precisi. Il principio di sinteticità non è un’indicazione facoltativa, ma una regola la cui violazione comporta la sanzione più grave: l’inammissibilità. L’avvocato ha il dovere di effettuare una sintesi chiara e precisa dei fatti di causa e delle censure mosse, senza gravare la Corte di un lavoro di selezione che non le compete. La decisione ha comportato la condanna della ricorrente alla rifusione delle spese processuali e al versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato.

Perché un ricorso per cassazione può essere dichiarato inammissibile se è troppo lungo e disorganico?
Perché viola l’articolo 366, primo comma, n. 3 del codice di procedura civile, il quale richiede una ‘esposizione sommaria dei fatti della causa’. La tecnica di ‘assemblaggio’, che consiste nel trascrivere integralmente atti precedenti, è contraria a questo requisito di sinteticità e chiarezza.

Cosa si intende con la tecnica dell’ ‘assemblaggio’ in un atto giudiziario?
Si intende la pratica di redigere un ricorso non attraverso una sintesi autonoma e ragionata dei fatti, ma tramite la copia e incolla di intere parti di altri atti processuali (citazioni, sentenze, appelli). La Corte ha stabilito che questa modalità non soddisfa il requisito di legge.

È compito della Corte di Cassazione ricercare i motivi di ricorso all’interno di un atto non sintetico?
No. La sentenza chiarisce che non è compito del giudice ‘leggere tutto’ per estrapolare le parti rilevanti. L’onere di presentare un atto chiaro, sintetico e conforme ai requisiti di legge spetta esclusivamente alla parte ricorrente, e il suo mancato adempimento porta all’inammissibilità del ricorso.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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