Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 25390 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 25390 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 23/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 85/2021 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME , rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), domiciliazione telematica come in atti
-ricorrente-
contro
COGNOME NOME, domiciliato ex lege presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), domiciliazione telematica come in atti
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO RAGIONE_SOCIALE n. 3549/2020 depositata il 19/10/2020; udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 10/5/2024 dal Consigliere NOME COGNOME:
FATTI DI CAUSA
Con atto di citazione notificato il 9 novembre 2011 l’attuale controricorrente conveniva davanti al Tribunale di RAGIONE_SOCIALE l’RAGIONE_SOCIALE per ottenerne il risarcimento dei danni derivati da un inadeguato trattamento subito all’Ospedale dei Pellegrini di RAGIONE_SOCIALE; la convenuta si costituiva, resistendo.
Il Tribunale, con sentenza del 19 settembre 2016, accoglieva la domanda, condannando l’RAGIONE_SOCIALE a risarcire l’attore nella misura di euro 122.292,50 e a rifondergli le spese processuali, nonché condannandola ex articolo 96, terzo comma, c.p.c. per l’importo di euro 5400.
L’RAGIONE_SOCIALE proponeva appello, cui controparte resisteva.
La Corte d’appello di RAGIONE_SOCIALE, con sentenza del 19 ottobre 2020, rigettava il gravame.
L’RAGIONE_SOCIALE ha presentato ricorso, basato su un unico motivo, da cui controparte si è difesa con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il motivo denuncia, ex articolo 360, primo comma, n. 3 c.p.c., violazione e falsa applicazione dell’articolo 96, terzo comma, c.p.c.
Il giudice d’appello avrebbe omesso di valutare, quanto alla condanna fondata su tale norma, la sussistenza di malafede o colpa grave, che invece sarebbero state necessarie, come affermato anche da S.U. 20 aprile 2018 n. 9915, e che qui non ricorrerebbero.
Esamina quindi la ricorrente due degli elementi indicati dal giudice d’appello per confermare l’esistenza della fattispecie ex articolo 96, terzo comma, c.p.c. l’eccezione di prescrizione quinquennale, pur trattandosi, secondo la corte territoriale, di responsabilità contrattuale, e l’eccezione di omessa mediazione
sollevata dall’attuale ricorrente che però, quando la mediazione fu poi disposta, non si era presentata a parteciparvi – , e lamenta altresì che detta corte ‘non ha tenuto in conto che non vi è stato un accoglimento totale delle domande’ attoree, non accogliendo la domanda di ‘<> complessiva della liquidazione, in quanto non comprovata ovvero dedotta tardivamente’, né la domanda di risarcimento del danno non patrimoniale.
2. Il ricorso è manifestamente inammissibile.
2.1 Invero, in 48 pagine complessive, il motivo risiede solo nelle ultime 8, mentre le prime 40 pagine sono intessute di molteplici trascrizioni sia degli atti di parte sia delle sentenze (della citazione in primo grado sono trascritte le pagine 5-7, occupando quindi le pagine 2-3 del ricorso, nonché le pagine 1-5, occupando le pagine 3-5 del ricorso; nella comparsa di risposta in primo grado sono trascritte le pagine 6-7 – nelle pagine 5-6 del ricorso – e le pagine 1-6 – nelle pagine 6-8 del ricorso -; nelle pagine 9-10 del ricorso sono trascritte le osservazioni del consulente tecnico di parte; della sentenza del primo giudice nelle pagine 10-11 del ricorso si è trascritto il dispositivo, e nelle pagine 11-25 del ricorso sono trascritte 16 pagine della motivazione; dell’atto d’appello dell’attuale ricorrente nelle pagine 26-34 del ricorso sono trascritte le pagine 2-16; della sentenza d’appello le pagine 3-10 sono trascritte nelle pagine 34-42 del ricorso).
2.2 Pregiudiziale ad ogni profilo ulteriore è il rilievo che l’articolo 366, primo comma, c.p.c. nel testo qui applicabile ratione temporis , prevede al n. 3 ‘ l’esposizione sommaria dei fatti della causa ‘.
La natura sommaria della esposizione, naturalmente, confligge con una trascrizione totale, ovvero con il c.d. assemblaggio. E nel caso in esame il centro della esposizione dei fatti di causa non rispetta tale regola, il giudicante non potendo fruire del riassunto sommario che esige l’articolo 366, primo comma, n.3 c.p.c., il cui rispetto è presidiato da inammissibilità.
In ordine a un siffatto sistema di redazione del ricorso si sono pronunciate le Sezioni Unite con la sentenza 11 aprile 2012 n. 5698, dichiarando che per il requisito di cui all’articolo 366, primo comma, n.3 c.p.c. ” la pedissequa riproduzione dell’intero, letterale contenuto degli atti processuali è, per un verso,
del tutto superflua, non essendo affatto richiesto che si dia meticoloso conto di tutti i momenti nei quali la vicenda processuale si è articolata; per altro verso, è inidonea a soddisfare la necessità della sintetica esposizione dei fatti, in quanto equivale ad affidare alla Corte, dopo averla costretta a leggere tutto (anche quello di cui non occorre sia informata), la scelta di quanto effettivamente rileva in ordine ai motivi di ricorso “.
2.3 Su questa linea si è poi consolidata una folta giurisprudenza delle sezioni semplici nel senso della inammissibilità quale conseguenza dell’assemblaggio, inteso questo come plurime trascrizioni di atti interi nel ricorso, che così non adempie al proprio onere espositivo in modo corretto, sciorinando invece atti precedenti al giudice di legittimità come se quest’ultimo fosse tenuto a leggerli completamente (v. Cass. sez. L, 9 ottobre 2012 n. 17168; Cass. sez. 6-3, ord. 11 gennaio 2013 n. 593; Cass. sez. 6-5, ord. 2 maggio 2013 n. 10244; Cass. sez. 6-5, ord. 9 luglio 2013 n. 17002; Cass. sez. 6-5, ord. 22 novembre 2013 n. 26277; Cass. sez. 6-3, 22 febbraio 2016 n. 3385 – la quale precisa che il difetto del requisito dell’esposizione sommaria consistente nell’assemblaggio non può essere recuperato estrapolando dai motivi stessi quel che avrebbe dovuto essere il contenuto della esposizione sommaria -, Cass. sez. L, ord. 25 novembre 2020 n. 26837).
2.4 È insorto, tuttavia, pure un minoritario orientamento solo parzialmente conforme, che entro certi limiti applica un principio conservativo, tra l’altro valorizzando in senso sanatorio l’illustrazione dei motivi stessi (v. Cass. sez. 3, 28 giugno 2018 n. 17036, per cui per integrare il requisito dell’esposizione sommaria dei fatti di causa non occorre che tale esposizione sia una parte a sé stante del ricorso, essendo sufficiente che emerga ‘ in maniera chiara dal contesto dell’atto, attraverso lo svolgimento dei motivi ‘): interpretazione, quest’ultima, che trova peraltro barriera in S.U. 22 maggio 2014 n. 11308 – ‘ Il ricorso per cassazione in cui manchi completamente l’esposizione dei fatti di causa e del contenuto del provvedimento impugnato è inammissibile; tale mancanza non può essere superata attraverso l’esame delle censure in cui si articola il ricorso, non essendone garantita l’esatta comprensione in assenza di riferimenti alla motivazione del provvedimento censurato, né attraverso l’esame
di altri atti processuali, ostandovi il principio di autonomia del ricorso per cassazione .’ – e nei seguenti conformi arresti, tra i massimati: Cass. sez. 2, 24 aprile 2018 n. 10072, Cass. sez. 6-2, ord. 12 marzo 2020 n. 7025, Cass. sez. 1, ord. 1° marzo 2022 n. 6611 e Cass. sez. 1, ord. 30 novembre 2023 n. 33353.
2.5 Invero, la lettura maggioritaria -che, si ripete, trova sostegno nell’interpretazione delle Sezioni Unite – è pienamente condivisibile, in quanto non è compito del giudice “correggere” la conformazione inammissibile degli atti – ovvero, nella fattispecie, ricondurre ad un artificioso e non reale tamquam non essent le trascrizioni integrali dandole per espunte -, per cui le trascrizioni devono essere tenute in conto come presenti nel ricorso e non possono pertanto renderlo compatibile con la concisione che esige il requisito di cui all’articolo 366, primo comma, n.3 c.p.c.
In conclusione, il ricorso – assorbito ogni altro profilo – deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna della ricorrente a rifondere a controparte le spese del grado, liquidate come da dispositivo.
Seguendo l’insegnamento di S.U. 20 febbraio 2020 n. 4315 si dà atto, ai sensi dell’articolo 13, comma 1 quater, d.p.r. 115/2012, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente a rifondere al controricorrente le spese processuali, liquidate in un totale di € 3800 , oltre a € 200 per gli esborsi e agli accessori di legge.
Ai sensi dell’articolo 13, comma 1 quater, d.p.r. 115/2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma il 10 maggio 2024