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Ricorso per cassazione: inammissibile se mancano i fatti

Un creditore ha presentato un ricorso per cassazione contro la cancellazione di un’ipoteca. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile perché l’atto non conteneva una chiara e completa esposizione dei fatti di causa, requisito fondamentale previsto dal codice di procedura civile. Anche il ricorso incidentale del proprietario dell’immobile è stato dichiarato inammissibile per carenza di interesse, essendo egli risultato pienamente vittorioso nel precedente grado di giudizio.

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Ricorso per cassazione: l’importanza della chiarezza espositiva

Un ricorso per cassazione redatto in modo incompleto o poco chiaro può essere dichiarato inammissibile, impedendo alla Corte di esaminare le ragioni nel merito. Questa è la lezione che emerge da una recente ordinanza della Corte di Cassazione, che ha ribadito la necessità di rispettare scrupolosamente i requisiti formali dell’atto di impugnazione, in particolare l’obbligo di esporre in modo esaustivo i fatti di causa.

I Fatti di Causa

La vicenda trae origine dalla richiesta di un proprietario di immobili di ottenere un ordine giudiziale per la cancellazione di un’ipoteca iscritta sui suoi beni. L’ipoteca era stata concessa a favore di un creditore a garanzia di un credito di circa 12.600 euro, derivante da una sentenza di condanna. Sia il Tribunale di primo grado che la Corte d’Appello avevano dato ragione al proprietario, ordinando la cancellazione dell’ipoteca.

Il duplice ricorso per cassazione

Contro la decisione d’appello, il creditore ha proposto un ricorso per cassazione basato su sette diversi motivi. A sua volta, il proprietario dell’immobile ha resistito con un controricorso, presentando anche un ricorso incidentale. Con quest’ultimo, egli sosteneva che l’appello originario del creditore avrebbe dovuto essere dichiarato inammissibile per tardività, a causa di un presunto errore nella notifica.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato inammissibili entrambi i ricorsi, sebbene per ragioni differenti, offrendo importanti chiarimenti su due principi fondamentali del diritto processuale civile.

L’inammissibilità del ricorso incidentale per carenza di interesse

Innanzitutto, i giudici hanno esaminato il ricorso incidentale del proprietario. L’hanno dichiarato inammissibile per “difetto di interesse ad impugnare”. La Corte ha spiegato che una parte, risultata completamente vittoriosa nel giudizio precedente (in questo caso, il proprietario aveva ottenuto il rigetto dell’appello e la condanna della controparte alle spese), non ha un interesse concreto a impugnare la sentenza solo per ottenere una modifica della motivazione. L’obiettivo dell’impugnazione deve essere quello di conseguire un risultato pratico più favorevole, non una mera correzione teorica delle ragioni giuridiche.

L’inammissibilità del ricorso per cassazione principale per vizio di forma

Successivamente, la Corte ha analizzato il ricorso principale del creditore, dichiarandolo anch’esso inammissibile. La ragione risiede nella violazione dell’art. 366, comma 1, n. 3 del codice di procedura civile, che impone al ricorrente di includere nell’atto una “esposizione sommaria dei fatti di causa”.

Secondo la Corte, il ricorso del creditore era gravemente carente: ometteva di trascrivere o riassumere in modo adeguato il contenuto dell’atto con cui era iniziata la causa e le ragioni su cui il proprietario aveva fondato la sua richiesta di cancellazione. Questa lacuna non permetteva alla Corte di avere una conoscenza chiara e completa della controversia senza dover consultare altri documenti processuali, attività che non le è consentita.

I giudici hanno ribadito che tale requisito non è un mero formalismo, ma una necessità funzionale a garantire che la Corte di legittimità possa comprendere il significato e la portata delle censure mosse alla sentenza impugnata, basandosi unicamente sul contenuto del ricorso stesso. La narrazione insufficiente dei fatti ha quindi precluso l’esame nel merito dei motivi di ricorso.

Le conclusioni

L’ordinanza conferma due principi cruciali. In primo luogo, non si può impugnare una sentenza da cui si è usciti totalmente vincitori solo per questioni di principio o per modificare le motivazioni. In secondo luogo, e con maggiore impatto pratico, un ricorso per cassazione deve essere autosufficiente: deve contenere una narrazione chiara, completa ed esauriente dei fatti di causa e dello svolgimento del processo. In assenza di una tale esposizione, il ricorso è destinato all’inammissibilità, con conseguente condanna alle spese e al pagamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato. Questa decisione serve da monito per i legali sull’importanza della diligenza e della precisione nella redazione degli atti di impugnazione.

Una parte che ha vinto completamente una causa può impugnare la sentenza?
No, secondo la Corte, una parte integralmente vittoriosa non ha l’interesse ad impugnare richiesto dalla legge (art. 100 c.p.c.). L’impugnazione è ammissibile solo se può portare un’utilità concreta e un risultato pratico favorevole, non una semplice modifica della motivazione della sentenza.

Cosa succede se un ricorso per cassazione non espone chiaramente i fatti della causa?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile. L’art. 366 del codice di procedura civile richiede una ‘esposizione sommaria dei fatti’ per consentire alla Corte di comprendere la controversia senza dover consultare altri atti. La sua assenza o incompletezza costituisce un vizio formale che impedisce l’esame del merito dei motivi.

Quali sono le conseguenze economiche della dichiarazione di inammissibilità di entrambi i ricorsi?
In questo caso, la Corte ha disposto la compensazione integrale delle spese legali tra le parti, data la reciproca soccombenza. Inoltre, ha stabilito che entrambe le parti sono tenute a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello già dovuto per la proposizione dei rispettivi ricorsi.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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