Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 15403 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 15403 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 03/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso 28165/2020 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in liquidazione, in persona del legale rappresentante p.t.; COGNOME NOME; COGNOME NOME; elettivamente domiciliati presso l’AVV_NOTAIO, che li rappresenta e difende, per procura speciale in atti (in sostituzione dell’AVV_NOTAIO);
-ricorrenti –
-contro-
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappres. p.t., elettivamente domiciliato presso l’AVV_NOTAIO Asti, dalla quale è rappresentata e difesa, con procura speciale in atti;
-controricorrente-
avverso la sentenza n. 216/2020 della Corte d’appello di Lecce -Sezione distaccata di Taranto- depositata il 21/07/2020; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 10/04/2024 dal Cons. rel., AVV_NOTAIO.
RILEVATO CHE
Con citazione del 2018, la RAGIONE_SOCIALE, NOME ed NOME RAGIONE_SOCIALE appellavano la sentenza del Tribunale di Taranto del 7.2.18 con la quale, in parziale accoglimento della loro domanda, era stata dichiarata la nullità della pattuizione concernente le commissioni di massimo scoperto per indeterminatezza dell’oggetto, era stato rideterminato il saldo del conto corrente intercorso tra la suddetta società e la RAGIONE_SOCIALE in euro 40.995,71 a favore della banca ed erano state rigettate le altre domande proposte nei confronti della stessa.
Con sentenza del 21.7.2020 , la Corte territoriale rigettava l’appello, osservando che: la banca aveva eccepito la prescrizione di ogni pretesa restitutoria, elencando dettagliatamente una serie di versamenti effettuati dai clienti sul conto corrente aventi natura solutoria e non ripristinatoria del fido concesso, relativamente al decennio anteriore alla notifica della citazione; il C.t.u. aveva escluso dai calcoli tutti tali versamenti anteriori al 5.11.2004, considerando peraltro la data della citazione e non quella della sua notifica, per la parte eccedente l’affidamento erogato, ricalcolando anche il saldo, senza tener conto dell’eccepita prescrizione, determinando il credito finale della banca in euro 31.228,68 anziché in quella di euro 40.995,71, cosa che rendeva irrilevante ogni contestazione contenuta in proposito nell’atto d’appello (ciò valeva anche per la doglianza relativa alla decorrenza della prescrizione decennale); il C.t.u., nel calcolare il TEG, aveva incluso le
commissioni di massimo scoperto; la compensazione delle spese appariva giustificata in ragione del parziale accoglimento delle domande, solo relativamente alle commissioni di massimo scoperto.
Avverso la sentenza di secondo grado, la RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, ricorrono in cassazione con quattro motivi, illustrati da memoria.
RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso.
RITENUTO CHE
La rubrica del primo motivo denunzia violazione degli artt. 2033, 2935, 2946, c.c.
La rubrica del secondo motivo denunzia la violazione degli artt. 1283, 1815, c.c..
La rubrica del terzo motivo deduce l’omesso esame di fatto decisivo, oggetto di discussione tra le parti.
La rubrica del quarto motivo deduce erronea, insufficiente e apparente motivazione su fatti rilevanti della causa.
I quattro motivi sono peraltro trattati in modo congiunto con unitaria argomentazione di seguito alla enunciazione delle quattro suddette rubriche.
Infatti i ricorrenti, dopo aver premesso solo genericamente l’intestazione dei motivi suddetti, si lamentano che la Corte d’appello abbia accolto l’eccezione di prescrizione, qualificando erroneamente come solutorie le rimesse affluite sul conto corrente, sia perché alla data dell’introduzione del giudizio il rapporto era attivo, sia perché i versamenti della società correntista avrebbero dovuto essere considerati come avvenuti in costanza di affidamento e, dunque, di carattere ripristinatorio.
In particolare, i ricorrenti deducono altresì: che era stato omesso qualsiasi accertamento in sede di c.t.u. in relazione alla natura delle rimesse e la Corte territoriale non aveva tenuto conto che il C.t.u. aveva escluso dal calcolo TEG le commissioni di massimo scoperto sino al 31.12.2009, in riferimento all’eventuale superamento dei c.d. tassi -soglia.
6. I quattro motivi, esaminabili congiuntamente perché oggetto di unitaria trattazione, sono inammissibili.
In tema di ricorso per cassazione, è inammissibile la mescolanza e la sovrapposizione di mezzi d’impugnazione eterogenei, facenti riferimento alle diverse ipotesi contemplate dall’art. 360, comma 1, n. 3 e n. 5, c.p.c., non essendo consentita la prospettazione di una medesima questione sotto profili incompatibili, quali quello della violazione di legge e dell’omesso esame di fatto decisivo per il giudizio, in quanto una tale formulazione mira a rimettere al giudice di legittimità il compito di isolare le singole censure teoricamente proponibili, onde ricondurle ad uno dei mezzi d’impugnazione enunciati dall’art. 360 c.p.c., per poi ricercare quale o quali disposizioni sarebbero utilizzabili allo scopo, così attribuendo, inammissibilmente, al giudice di legittimità il compito di dare forma e contenuto giuridici alle lagnanze del ricorrente, al fine di decidere successivamente su di esse (Cass., n. 3397/24; n. 26874/18).
Nella specie, i ricorrenti hanno formulato quattro motivi, indicandoli sinteticamente solo con riguardo alle norme che s’assumono violate, per poi esprimere nelle pagine successive doglianze non agevolmente riconducibili alle censure enunciate.
Invero, i motivi risultano esplicitati in maniera generica, anche attraverso riferimenti a precedenti della giurisprudenza di questa Corte, le cui argomentazioni non sono espresse in modo tale da potersi
desumere in modo chiaro e specifico le critiche rivolte alla sentenza impugnata.
Pertanto, non può venire in rilievo l’orientamento secondo il quale è ammissibile il ricorso per cassazione il quale cumuli in un unico motivo le censure di cui all’art. 360, comma 1, n. 3 e n. 5, c.p.c., allorché esso comunque evidenzi specificamente la trattazione delle doglianze relative all’interpretazione o all’applicazione delle norme di diritto appropriate alla fattispecie ed i profili attinenti alla ricostruzione del fatto (Cass., n. 8915/18).
Invero, nella fattispecie, le varie doglianze sono mescolate, con scarni riferimenti alla violazione di legge, all’omesso esame di fatti decisivi e all’erronea o apparente motivazione, con la conseguenza che una tale formulazione finisce con il rimettere indebitamente al giudice di legittimità il compito di isolare le singole censure e di delinearne il contorno nell’ambito dei vizi contemplati dall’art. 360 c.p.c.
I motivi in esame sono generici, anche perché non è dato comprendere esattamente le doglianze formulate, in ordine alla questione dell’individuazione delle rimesse ripristinatorie ai fini della e ccepita prescrizione e del superamento dei tassi-soglia.
Al riguardo, ciò che emerge dalla confusa esposizione dei quattro motivi, è la critica della decisione impugnata sull’accoglimento dell’eccezione di prescrizione sollevata dalla banca circa le rimesse solutorie, avendo la Corte d’appello escluso la natura ripristinatoria dei versamenti affluiti sul conto corrente, per la parte eccedente il fido concesso.
Tuttavia, tale critica, oltre che generica e priva di specificità, non è neanche autosufficiente, in quanto i ricorrenti non espongono quando e in quali esatti termini sia stata dedotta in appello la questione dell’invocata natura ripristinatoria delle rimesse sul conto corrente.
Tanto più che la Corte di appello ha negato l’esistenza di una apertura di credito e opinato quindi per il carattere solutorio delle rimesse.
Medesime argomentazioni sono da formulare con riferimento alla questione del superamento del tasso-soglia, critica dedotta in maniera ancor più vaga, e priva di qualsivoglia riferimento concreto ai atti di causa.
7. In sostanza, i motivi in esame non contengono, di fatto, una chiara ed effettiva doglianza e gli elementi sui quali essa si fonderebbe, limitandosi a esprimere una evanescente critica della c.t.u. nella quale era stato sviluppato il calcolo delle rimesse solutorie risultate prescritte.
Neppure è colta la ratio decidendi contenuta nella sentenza impugnata sulla prescrizione delle rimesse sul conto eccedenti il fido concesso, questione non attinta, neppure genericamente, dai motivi.
Infine, giova altresì rilevare che la motivazione della sentenza non è affatto apparente, ma è stata espressa chiaramente, seppure sinteticamente.
Le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti, in solido, al pagamento, a favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio che liquida nella somma di euro 4.500,00 di cui 200,00 per esborsi, oltre alla maggiorazione del 15% quale rimborso forfettario delle spese generali ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater , del d.p.r. n.115/02, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto
per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13, ove dovuto.
Così deciso nella camera di consiglio della 1° sezione civile del 10 aprile