Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 17823 Anno 2024
ORDINANZA
sul ricorso N. 29945/2020 R.G. proposto da:
COGNOME, domiciliato in Roma, INDIRIZZO presso la cancelleria della Corte di cassazione, rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME come da procura in calce al ricorso, domicilio digitale EMAIL
– ricorrenti –
contro
COMUNE DI ISCHIA, in persona del Sindaco pro tempore , domiciliato in Roma, INDIRIZZO presso la cancelleria della Corte di cassazione, rappresentato e difeso da ll’ avv. NOME COGNOME come da procura allegata al controricorso, domicilio digitale
– controricorrente –
e contro
RAGIONE_SOCIALE
N. 29945/20 R.G.
avverso la sentenza n. 770/2020 del Tribunale di Benevento, depositata in data 22.5.2020;
udita la relazione sulla causa svolta nella adunanza camerale del 17 aprile 2024 dal consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con atto di pignoramento presso terzi notificato il 14.6.2013, il Comune di Ischia, in forza di ingiunzioni fiscali ICI, sottopose ad espropriazione forzata i canoni di locazione dovuti al proprio debitore, NOME COGNOME, dalla RAGIONE_SOCIALE, per il credito di € 36.298,66 , oltre accessori. Il g.e. del Tribunale di Benevento, preso atto della dichiarazione positiva ex art. 547 c.p.c. resa dal terzo pignorato, con ordinanza del l’8.7.2015, corretta in data 15.7.2015, assegn ò in pagamento al creditore procedente ed agli intervenuti il credito dell’ esecutato COGNOME NOME per canoni scaduti e a scadere. L’esecutato propose reclamo avverso l’ ordinanza di assegnazione, dichiarato inammissibile dal Tribunale di Benevento stante l’improponibilità di nuova identica opposizione, già decisa con sentenza definitiva. Con atto dell’11.10.2015 l’COGNOME propo se quindi ricorso in opposizione ex art. 617 c.p.c. avverso l’ordinanza di assegnazione ; rigettata nuovamente la chiesta sospensione ed introdotto il giudizio di merito, con provvedimento del 6-9.8.2016, il G.I. dichiarò l’estinzione del giudizio, tuttavia revocato a seguito di istanza dell’opponente . Fissata dunque la comparizione delle parti ed istruito la causa, con sentenza n. 770/2020 il Tribunale di Benevento rigettò l’opposizione, condannando l’Impagliazzo alla r ifusione delle spese di lite.
N. 29945/20 R.G.
Avverso detta sentenza propone ricorso per cassazione NOME COGNOME sulla base di tre motivi, illustrati da memoria, cui resiste con controricorso il Comune di Ischia. La RAGIONE_SOCIALE è rimasta intimata. Ai sensi dell’art. 380 -bis.1, comma 2, c.p.c., il Collegio ha riservato il deposito dell’ordinanza nei sessanta giorni successivi all’odierna adunanza camerale .
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.1 -Con il primo motivo si lamenta ‘ erronea applicazione ‘ dell’art. 4 del d.l. n. 209/2002 e dell’art. 52 del d.lgs. n. 446/1997, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.
1.2 -Con il secondo motivo si denuncia ‘ erronea e contraddittoria applicazione ‘ della legge per sopravvenuta inefficacia delle ingiunzioni fiscali in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.
1.3 -Con il terzo e il quarto motivo (ancora terzo nell’atto e in memoria) si lamenta ‘ erronea e omessa valutazione ‘ dell’atto di opposizione qualificato come opposizione all’esecuzione e non agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c. ‘ riferita all ‘abnormità delle somme intimate ‘ e ‘ alla violazione dell’art. 481 cpc ‘ , in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.
2.1 -Il ricorso è inammissibile per plurime ragioni.
2.2 -Anzitutto, lo è per violazione dell’art. 366, comma 1, n. 3, c.p.c. (nel testo applicabile ratione temporis ).
Il ricorso si rivela praticamente incomprensibile nella esposizione del fatto, oltre che carente di elementi essenziali, quali le domande proposte con l’originario ricorso dinanzi al g.e. e le modalità di presentazione, anche in relazione alla data
(così non consentendosi neppure la doverosa verifica d’ufficio della tempestività)
e allo stesso oggetto dell’opposizione.
Più in dettaglio, l ‘esposizione del fatto è affidata inammissibilmente -alla integrale riproduzione della sentenza impugnata (comprensiva delle ragioni della decisione), senza che però tanto venga opportunamente enunciato, neppure nella memoria. Che si tratti del testo integrale della sentenza lo si intende solo dal raffronto tra detta parte del ricorso e la motivazione della decisione qui impugnata, la cui esposizione è, ovviamente, funzionale alla decisione e non può di per sé sostituirsi a quella necessaria ex art. 366, comma 1, n. 3, c.p.c.
In altre parole, per poter intendere quale sia l’effettivo oggetto del giudizio (a partire dalla tipologia di titolo esecutivo azionato) e quali siano le ragioni del contendere, non si può prescindere dalla lettura del controricorso.
Non senza dire che, posto che l’opposizione agli atti esecutivi per cui è processo inequivocamente investe l’ordinanza di assegnazione ex art. 553 c.p.c. emessa in data 8.7.2015 e che, da quanto emerge dal controricorso, l’opposizione stessa venne avanzata dall’COGNOME con atto dell’11.10.2015 , la laconicità sul punto, compresa la data della acquisita conoscenza dell’ordinanza stessa, non può che confermare la decisività delle informazioni omesse dall’odierno ricorrente, nel senso già chiarito.
2.3 -Ora, è appena il caso di precisare che il giudizio di cassazione è un giudizio impugnatorio a critica vincolata, in cui il ricorrente deve rivolgersi alla Corte individuando uno o più specifici vizi di legittimità -che, in tesi, affliggono la decisione impugnata -scegliendoli dal novero di quelli elencati dall ‘ art. 360,
comma 1, e nel rispetto, tra l ‘ altro, dei requisiti di contenuto-forma di cui agli artt. 365 e 366 c.p.c.
In proposito, nel richiamare in proposito, per brevità, la motivazione di Cass. n. 15445/2023, che il Collegio condivide, può osservarsi che ancora assai di recente, con riguardo al testo previgente della citata disposizione processuale (che è qui applicabile), è stato anche affermato che ‘ Il disposto dell’art. 366, comma 1, n. 3, c.p.c. – secondo cui il ricorso per cassazione deve contenere, a pena di inammissibilità, l’esposizione sommaria dei fatti di causa – non risponde ad un’esigenza di mero formalismo, bensì a consentire alla S.C. di conoscere dall’atto, senza attingerli aliunde, gli elementi indispensabili per una precisa cognizione dell’origine e dell’oggetto della controversia, dello svolgimento del processo e delle posizioni in esso assunte dalle parti; per soddisfare tale requisito occorre che il ricorso per cassazione contenga, in modo chiaro e sintetico, l’indicazione delle reciproche pretese delle parti, con i presupposti di fatto e le ragioni di diritto che le hanno giustificate, delle eccezioni, delle difese e delle deduzioni di ciascuna parte in relazione alla posizione avversaria, dello svolgersi della vicenda processuale nelle sue articolazioni e, dunque, delle argomentazioni essenziali, in fatto e in diritto, su cui si è fondata la sentenza di primo grado, delle difese svolte dalle parti in appello e, infine, del tenore della sentenza impugnata ‘ (Cass. n. 1352/2024).
2.4 -Così inquadrate le più significative pronunce sul tema in discorso -anche al lume della più recente giurisprudenza sovranazionale (Corte EDU, sentenza 28.10.2021, Succi c. Italia ), nella lettura datane da questa stessa Corte (Cass., Sez. Un., n. 8950/2022; e cfr. pure Cass. n. 12481/2022) -ritiene la Corte che
il ricorrente sia evidentemente incorso in una inadeguata esposizione tale da rendere il ricorso inservibile al suo scopo di introdurre validamente il giudizio di legittimità, avendo adottato una tecnica espositiva (già descritta supra ) che rende di fatto impossibile la comprensione delle censure, senza acquisire aliunde le necessarie informazioni, specie dal controricorso. Da qui, dunque, l’inammissibilità del ricorso stesso.
2.5 -Le singole censure, poi, sono vieppiù inammissibili per difetto di specificità, in violazione dell’art. 366, comma 1, n. 4, c.p.c. (su cui si veda ancora in generale, anche per richiami, la citata Cass. n. 15445/2023).
Infatti, quanto al primo motivo, è del tutto evidente che il ricorrente non ha colto la ratio decidendi dell’impugnata sentenza. Il Tribunale, infatti, ha evidenziato che -al di là della possibilità, per gli enti locali, di affidare la riscossione coattiva a determinate categorie di soggetti -è fuori discussione la facoltà, per gli stessi enti, di far ricorso agli istituti previsti dal codice di rito ove si sia in possesso di un titolo esecutivo , e dunque all’espropriazione forzata individuale, col ministero di un avvocato, come appunto avvenuto nella specie.
Ora, il ricorrente non si confronta affatto con la suddetta ratio decidendi, perché si limita a ribadire che, a suo modo di vedere, nella specie il recupero dei crediti in questione è stato affidato ad avvocati ai sensi dell’art. 52 d.lgs. n. 446/1997, benché a tanto non abilitati; da qui, dunque, l’inammissibilità del mezzo.
Quanto al secondo motivo, concernente la pretesa sopravvenuta inefficacia delle ingiunzioni fiscali azionate, il Tribunale ha dichiarato l’inammissibilità dell’opposizione declinando la propria giurisdizione . In proposito, a parte il totale difetto di autosufficienza con riguardo alle decisioni del giudice tributario
N. 29945/20 R.G.
favorevoli al ricorrente che si pretendono passate in giudicato, valga anche qui quanto prima osservato circa la mancata specifica censura sul punto.
Considerazioni in tutto analoghe possono svolgersi con riguardo al terzo e quarto motivo, con cui si censura la decisione del Tribunale per aver ritenuto inammissibili, perché tardive, le contestazioni sulla entità della somma precettata e per la pretesa violazion e dell’art. 481 c.p.c. Può solo aggiungersi, al riguardo, che risulta anche violato il disposto dell’art. 366, comma 1, n. 6, c.p.c., facendosi riferimento ad atti processuali (quali, in particolare, una non meglio identificat a ‘opposizione ex artt. 615 e 617 cpc all’atto di pignoramento prodromico all’assegnazione impugnata’) , il cui contenuto non è stato neppure riprodotto o riassunto. Non senza dire che, a seguire fino in fondo la tesi del ricorrente, si vorrebbe dimostrare la tempestività dell’opposizione con il rinvio all’a tto introduttivo di una diversa e precedente opposizione; il che conferma, vieppiù, l’inammissibilità.
Infine, è appena il caso di precisare che gli argomenti spesi alle pp. 14-16 del ricorso (‘ III. Inesistenza di valido titolo esecutivo …’ ecc.) non costituiscono motivo di ricorso per cassazione, facendosi esplicito riferimento ad una pretesa improcedibilità ‘ dell’azione esecutiva in argomento ‘ e non già ad un preteso errore del giudice del merito.
3.1 -Il ricorso è dunque inammissibile.
Le spese di lite, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza. Nulla va disposto nel rapporto con la RAGIONE_SOCIALE, che non ha svolto difese.
In relazione alla data di proposizione del ricorso (successiva al 30 gennaio 2013), può darsi atto dell’applicabilità dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30
maggio 2002, n.115 (nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, legge 24 dicembre 2012, n. 228).
P.Q.M.
la Corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna il ricorrente alla rifusione delle spese di lite , che liquida in € 2.4 00,00 per compensi, oltre € 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfetario spese generali in misura del 15%, oltre accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , d.P.R. 30 maggio 2002, n.115, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente ed al competente ufficio di merito, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Corte di cassazione, il giorno