Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 5051 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 5051 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME NOME
Data pubblicazione: 26/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 24274/2018 R.G. proposto da:
COGNOME , elettivamente domiciliata in ROMAINDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato AVV_NOTAIO COGNOME, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE , in persona del Sindaco pro tempore , elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, che lo rappresenta e difende
Oggetto:
Pubblico Concorsi
impiego
–
riservati ai dipendenti –
Graduatorie
–
Scorrimento
R.G.N. 24274/2018
Ud. 08/02/2024 CC
nonché contro
NOME COGNOME
-intimata – avverso la sentenza n. 2349/2017 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO, depositata il 07/02/2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 08/02/2024 dal AVV_NOTAIO.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza n. 2349/2017 del 7 febbraio 2018 la Corte d’appello di Catanzaro, nella regolare costituzione dell’appellato RAGIONE_SOCIALE e dell’appellante incidentale NOME COGNOME, ha respinto l’appello proposto da RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza del Tribunale di Paola n. 704/2011 del 17 novembre 2011, la quale, a propria volta, aveva respinto le domande proposte dalla medesima COGNOME RAGIONE_SOCIALE.
Stando alla ricostruzione della decisione qui impugnata, COGNOME aveva adito il Tribunale di Paola, premettendo in fatto di essersi collocata al terzo posto nella graduatoria finale relativa al concorso per la copertura di n. 1 posto di esecutore addetto ai video terminali, qualifica B1 CCNL, bandito giusta delibera Giunta Comunale n.158 del 30 giugno 1999, la cui graduatoria era stata approvata con altra delibera n.59 del 3 aprile 2000.
La ricorrente aveva poi riferito che, successivamente, il RAGIONE_SOCIALE DI RAGIONE_SOCIALE aveva proceduto alla copertura di un altro posto di uguale qualifica mediante l’assunzione di NOME COGNOME in virtù di un atto di transazione concluso con quest’ultima, anziché
-controricorrente –
procedere all’assunzione della stessa ricorrente, la quale, nella graduatoria concorsuale di cui si discute, si era collocata in posizione superiore a quella della stessa NOME COGNOME.
Aveva quindi chiesto, previa dichiarazione di annullamento o inefficacia della determina avente ad oggetto l’assunzione a tempo indeterminato di NOME COGNOME, l’accertamento del proprio diritto all’assunzione da parte del RAGIONE_SOCIALE DI RAGIONE_SOCIALE nella posizione B1 del CCNL di comparto con decorrenza o dalla data dell’approvazione della graduatoria finale, o dalla data in cui si era determinata la scopertura dell’ulteri ore posto, o, infine, dalla data in cui era stata disposta l’assunzione della NOME NOME COGNOME, con ulteriore condanna del Comune al risarcimento del danno patrimoniale.
Respinta la domanda in primo grado, era stato proposto sia appello da parte dell’odierna ricorrente sia appello incidentale da parte di NOME COGNOME.
La Corte d’appello di Catanzaro ha dichiarato inammissibile, per difetto di interesse, l’appello incidentale mentre ha disatteso l’appello principale ritenendone inammissibile il secondo motivo – in quanto introduceva una nuova causa petendi -e rigettando il primo in quanto, pur dovendosi ravvisare un comportamento illegittimo del RAGIONE_SOCIALE DI RAGIONE_SOCIALE, quest’ultimo non aveva leso la posizione di COGNOME COGNOME ma, semmai, quella della candidata che la precedeva in graduatoria.
Per la cassazione di tale decisione ricorre ora COGNOME RAGIONE_SOCIALE.
Resiste con controricorso il RAGIONE_SOCIALE DI RAGIONE_SOCIALE. È rimasta intimata NOME COGNOME.
La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di consiglio, a norma degli artt. 375, secondo comma, e 380 bis.1, c.p.c.
Il controricorrente ha depositato memoria.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è affidato a sei motivi.
1.1. Con il primo motivo il ricorso deduce, testualmente, ‘Nullità (parziale) della sentenza e del procedimento; violazione e/o falsa applicazione dell’art. 111 Cost., degli artt. 99, 112 e 132 n. 4 c.p.c., dell’art. 118 disp. att. c.p.c. e dell’art. 2907 c.c. in relazione all’art. 360 nn. 3 e 4 c.p.c. Elusione della pronuncia a seguito di omissioni e travisamenti nella ricostruzione dello svolgimento processuale’ .
Argomenta, in particolare, il ricorso che la Corte territoriale avrebbe proceduto ad una non corretta ricostruzione dello svolgimento processuale del giudizio di prime cure, omettendo di rilevare che la ricorrente aveva dedotto ab initio la circostanza dell’esistenza di una delibera del RAGIONE_SOCIALE DI RAGIONE_SOCIALE volta alla copertura non di uno bensì di quattro posti.
Per effetto di tale erronea ricostruzione, prosegue il ricorso, la Corte territoriale avrebbe erroneamente dichiarato inammissibile il secondo motivo di appello per novità della causa petendi .
La decisione sul punto sarebbe quindi affetta da nullità della motivazione o comunque avrebbe omesso di pronunciarsi su un motivo di appello.
1.2. Con il secondo motivo il ricorso deduce, testualmente, ‘Nullità (parziale) della sentenza e del procedimento; violazione e/o falsa applicazione degli artt. 99, 112, 345, 414, n. 4 e 437 c.p.c., nonché dell’art. 2097 c.c. in relazione all’art. 360 n. 3 e n. 4 c.p.c. Erronea
declaratoria di inammissibilità di un motivo ritualmente dedotto in primo grado e devoluto in appello; conseguente infrapetizione.’
Argomenta, in particolare, il ricorso che in ogni caso la decisione impugnata avrebbe erroneamente applicato gli artt. 345, 414, n. 4), e 437 c.p.c. ravvisando la novità della causa petendi in relazione ad un’allegazione quella della decisione del Comune di procedere allo scorrimento della graduatoria -che era stata dedotta sin dal giudizio di primo grado.
1.3. Con il terzo motivo il ricorso deduce, testualmente, ‘Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 115, 116, 345 e 437 c.p.c. nonché 2697 c.c. in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.: omessa valorizzazione delle risultanze istruttorie che dimostravano la sussistenza dei quattro posti; decisione sulla base di fatti indimostrati e tardivamente dedotti. Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti in relazione all’art. 360 n. 5 c.p.c.’
Deduce la ricorrente che la Corte territoriale, ‘avendo deciso di non scrutinare nel merito il motivo di ricorso che mirava all’accertamento dell’esistenza di quattro posti da videoterminalista e all’assunzione della ricorrente in uno di essi’ , avrebbe conseguentemente omesso di valutare le risultanze istruttorie dalle quali emergeva che il Comune controricorrente aveva effettivamente assunto la decisione di procedere allo scorrimento della graduatoria, in tal modo omettendo anche di esaminare un fatto decisivo per il giudizio che era stato oggetto di discussione tra le parti .
1.4. Con il quarto motivo il ricorso deduce, testualmente, ‘In ordine al mantenimento in servizio della sig.ra COGNOME NOME anche dopo l’accertata illegittimità della sua assunzione ad opera della sentenza n. 703/2011 Trib. Paola e all’assunzione della sig.ra COGNOME NOME. Nullità (parziale) della sentenza e del procedimento;
violazione e/o falsa applicazione dell’art. 111 Cost., degli artt. 99, 112 e 132 n. 4 c.p.c., dell’art. 118 disp. att. c.p.c. e dell’art. 2907 c.c. in relazione all’art. 360 nn. 3 e 4 c.p.c.; violazione e/o falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. i n relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.; omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti in relazione all’art. 360 n. 5 c.p.c.’ .
La ricorrente viene a dolersi del fatto che la Corte d’appello abbia omesso di prendere in considerazione ‘una circostanza maturata successivamente al deposito della sentenza di primo grado, che appariva idonea a corroborare il buon diritto della sig.ra NOME all’assunzione’ e cioè il fatto che il RAGIONE_SOCIALE DI RAGIONE_SOCIALE, all’esito della sentenza n. 703/2011 del Tribunale di Paola, aveva assunto NOME COGNOME – altra concorrente risultata idonea collocatasi utilmente in graduatoria in posizione superiore a quella della ricorrente – tuttavia mantenendo in servizio NOME COGNOME.
Detta circostanza, secondo la ricorrente, starebbe a dimostrare che il RAGIONE_SOCIALE DI RAGIONE_SOCIALE aveva proceduto allo scorrimento della graduatoria e la sua mancata valutazione da parte della Corte d’appello avrebbe determinato sia un vizio della motivazione sia l’ omessa pronuncia sulla domanda sia, ulteriormente, il vizio di cui all’art. 360, n. 5), c.p.c.
1.5. Con il quinto motivo il ricorso deduce, testualmente, ‘In ordine all’omesso annullamento e/o declaratoria di inefficacia nei confronti della ricorrente dell’assunzione della sig.ra COGNOME. Nullità (parziale) della sentenza e del procedimento; violazione e/o falsa applicazione dell’art. 111 Cost., degli artt. 99, 112 e 132 n. 4 c.p.c., dell’art. 118 disp. att. c.p.c. e dell’art. 2907 c.c. in relazione all’art. 360 nn. 3 e 4 c.p.c. Violazione (o falsa applicazione) dell’art. 100 c.p.c. in rel azione all’art. 360 n. 3 c.p.c.’ .
La ricorrente censura la decisione della Corte territoriale in quanto quest’ultima, pur affermando l’illegittimità dell’assunzione di NOME COGNOME, avrebbe tuttavia omesso di pronunciarsi sulla domanda di annullamento di detta assunzione, in tal modo incorrendo in ‘un’incomprensibile contraddizione fra la motivazione e il dispositivo’ e ulteriormente nella violazione:
-degli artt. 132 c.p.c. e 118 disp. att. c.p.c., per non aver motivato il mancato accoglimento della domanda;
-dell’art. 112 c.p.c. per aver omesso di pronunciarsi sulla domanda;
-dell’art. 100 c.p.c. per aver ritenuto la ricorrente priva di interesse a conseguire l’annullamento dell’assunzione di NOME COGNOME, in quanto detto interesse scaturiva dal fatto che l’annullamento medesimo avrebbe determinato l’assunzione dell a ricorrente stessa.
1.6. Con il sesto motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione o falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c. in quanto la fondatezza della domanda della ricorrente avrebbe dovuto indurre la Corte d’appello a statuire a nche sulle spese di lite in senso favorevole alla ricorrente.
Il ricorso deve essere giudicato, nel suo complesso, inammissibile.
Un primo motivo discende dall’applicazione del principio più volte affermato da questa Corte -per cui è inammissibile la mescolanza e la sovrapposizione di mezzi d’impugnazione eterogenei, facenti riferimento alle diverse ipotesi contemplate dall’art. 360, primo comma, n. 3 e n. 5, c.p.c., non essendo consentita la prospettazione di una medesima questione sotto profili incompatibili, quali quello della violazione di norme di diritto, che suppone accertati gli elementi del
fatto in relazione al quale si deve decidere della violazione o falsa applicazione della norma, e del vizio di motivazione, che quegli elementi di fatto intende precisamente rimettere in discussione; o quale l’omessa motivazione, che richiede l’assenza di motivazione su un punto decisivo della causa rilevabile d’ufficio, e l’insufficienza della motivazione, che richiede la puntuale e analitica indicazione della sede processuale nella quale il giudice d’appello sarebbe stato sollecitato a pronunciarsi, e la contraddittorietà della motivazione, che richiede la precisa identificazione delle affermazioni, contenute nella sentenza impugnata, che si porrebbero in contraddizione tra loro.
Ciò in quanto l’esposizione diretta e cumulativa delle questioni concernenti l’apprezzamento delle risultanze acquisite al processo e il merito della causa mira a rimettere al giudice di legittimità il compito di isolare le singole censure teoricamente proponibili, onde ricondurle ad uno dei mezzi d’impugnazione enunciati dall’art. 360 c.p.c., per poi ricercare quale o quali disposizioni sarebbero utilizzabili allo scopo, così attribuendo, inammissibilmente, al giudice di legittimità il compito di dare forma e contenuto giuridici alle lagnanze del ricorrente, al fine di decidere successivamente su di esse (Cass. Sez. 1 – Ordinanza n. 26874 del 23/10/2018; Cass. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 7009 del 17/03/2017; Cass. Sez. 1, Sentenza n. 21611 del 20/09/2013; Cass. Sez. 1, Sentenza n. 19443 del 23/09/2011).
Nel caso in esame, invece, tutti i motivi di ricorso vengono a mescolare in modo inestricabile -ed in molti casi logicamente incompatibile -profili del tutto eterogenei, quali, in primo luogo, il vizio di omessa motivazione -che postula la violazione del minimo costituzionale di cui all’art. 111 Cost. e quindi la “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico” o la “motivazione apparente” o il “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” -ed il vizio di
cui all’art. 360, n. 3) che invece postula la presenza di una motivazione rispettosa del parametro di cui all’art. 111 Cost., seppure fallace nel governo delle previsioni di legge poste alla sua base -o, in secondo luogo, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo di cui all’art. 360, n. 5) che concerne un preciso accadimento o una precisa circostanza in senso storico-naturalistico, e rispetto al quale risulta estraneo l’omesso esame di elementi istruttori (Cass. Sez. 2 Ordinanza n. 27415 del 29/10/2018) -e la violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. – che invece concernono il governo delle regole in tema di prova e dietro la cui violazione non può essere occultata una sollecitazione a sindacare la valutazione delle prove operata dal giudice di merito (Cass. Sez. 2 – Ordinanza n. 21187 del 08/08/2019; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 1554 del 28/01/2004).
Una seconda ragione della declaratoria di inammissibilità discende, ancora una volta, dalla constatazione che i motivi di ricorso in gran parte non vengono a dedurre una violazione del dato normativo né una effettiva carenza nella motivazione del provvedimento impugnato, ma si risolvono in una mera critica alla ricostruzione fattuale ed alla valutazione delle prove da parte del giudice di merito.
Si deve, allora, ribadire il principio per cui è inammissibile il ricorso per cassazione che, sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di legge, di mancanza assoluta di motivazione e di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio miri, in realtà, ad una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito (Cass. Sez. U – Sentenza n. 34476 del 27/12/2019; Cass. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 8758 del 04/04/2017), atteso che il ricorso per cassazione non introduce un terzo grado di giudizio tramite il quale far valere la mera ingiustizia della sentenza impugnata, caratterizzandosi, invece, come un rimedio impugnatorio, a critica vincolata ed a cognizione
determinata dall’ambito della denuncia attraverso il vizio o i vizi dedotti (Cass. Sez. L, Sentenza n. 4293 del 04/03/2016; Cass. Sez. U, Sentenza n. 7931 del 29/03/2013).
Un terzo profilo di inammissibilità si ricollega alle reiterate doglianze di violazione del disposto di cui all’art. 112 c.p.c., costantemente commiste, tuttavia, con profili riferiti ai nn. 3) e 5) dell’art. 360 c.p.c., dovendosi al riguardo richiamare ulteriormente il principio per cui, nel caso in cui il ricorrente lamenti l’omessa pronuncia, da parte dell’impugnata sentenza, in ordine ad una delle domande o eccezioni proposte, non è indispensabile che faccia esplicita menzione della ravvisabilità della fattispecie di cui al n. 4 del primo comma dell’art. 360 c.p.c., con riguardo all’art. 112 c.p.c., purché il motivo rechi univoco riferimento alla nullità della decisione derivante dalla relativa omissione, dovendosi, invece, dichiarare inammissibile il gravame allorché il ricorso sostenga che la motivazione sia mancante o insufficiente o si limiti ad argomentare sulla violazione di legge (Cass. Sez. U, Sentenza n. 17931 del 24/07/2013; Cass. Sez. 1, Sentenza n. 24553 del 31/10/2013; Cass. Sez. 2 – Ordinanza n. 10862 del 07/05/2018).
Va, infine, rilevato il mancato pieno rispetto del principio di specificità e completezza di cui all’art. 366 c.p.c., in quanto il ricorso, che pur si diffonde nelle proprie argomentazioni, risulta ampiamente carente nel riprodurre il contenuto minimo essenziale degli atti su cui viene ad imperniare le argomentazioni medesime, come le delibere del Comune o la sentenza del Tribunale di Paola relativa alla posizione della terza NOME COGNOME, atti, questi ultimi, richiamati solo per stralci assolutamente sommari ed inadeguati.
Solo per completezza, quindi, si devono rilevare altri profili che rendono i motivi ulteriormente privi di pregio, dal momento che:
Il primo motivo viene in realtà a dedurre come vizio una inadeguata ricostruzione dello svolgimento del processo che, tuttavia, non costituisce in alcun modo vizio formale della decisione e rileva solo quando si riverberi nella impossibilità di individuare gli elementi di fatto considerati o presupposti nella decisione medesima (Cass. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 920 del 20/01/2015; Cass. Sez. 5, Sentenza n. 22845 del 10/11/2010);
L’esame diretto degli atti del giudizio di prime cure consente di affermare che, contrariamente a quanto dedotto dalla ricorrente, la causa petendi della domanda non veniva ad imperniarsi sull’esistenza di delibere di scorrimento adottate dal Comune, essendo dette delibere meramente menzionate ma non poste a fondamento della domanda;
il terzo, quarto, quinto motivo sono sostanzialmente privi di autonomia rispetto al secondo motivo, atteso che l’inammissibilità del medesimo valeva e vale ad assorbire ogni profilo riferibile alla prova o alla valutazione dei fatti che costituivano causa petendi della domanda dichiarata inammissibile;
l’ultimo motivo ha carattere meramente ottativo o ipotetico, in quanto finalizzato a prospettare uno scenario alternativo di decisione sulle spese di lite nel giudizio di merito in caso di recepimento delle tesi delle ricorrenti, laddove è evidente che un motivo col quale si prospetti quella che avrebbe dovuto -o dovrebbe -essere la diversa regolamentazione delle spese di lite nello scenario di un ipotetico – auspicato – diverso esito del giudizio di merito non costituisce un vero ed ammissibile motivo di censura -non censurandosi nel concreto la
decisione sulla spese per la diretta violazione di una delle regole di distribuzione di cui agli artt. 91 segg. c.p.c. – ma una semplice prospettazione alternativa, destinata ad essere o assorbita dall’eventuale accoglimento degli altri motivi di ricorso -rendendosi in quel caso necessaria una nuova statuizione sulle spese – o, in caso di rigetto dei motivi medesimi, a risultare inammissibile per radicale carenza di autonomia.
Il ricorso deve quindi essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna della ricorrente alla rifusione in favore del controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, liquidate direttamente in dispositivo.
Stante il tenore della pronuncia, va dato atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, della “sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto” , spettando all’amministrazione giudiziaria verificare la debenza in concreto del contributo, per la inesistenza di cause originarie o sopravvenute di esenzione dal suo pagamento (Cass. Sez. U, Sentenza n. 4315 del 20/02/2020).
P. Q. M.
La Corte:
dichiara inammissibile il ricorso;
condanna la ricorrente a rifondere al controricorrente le spese del giudizio di Cassazione, che liquida in € 4.200,00 , di cui € 200,00 per esborsi, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 comma 1quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1,
comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale in data 8 febbraio