Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 2795 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 2795 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 30/01/2024
RETRATTO AGRARIO
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 18308/2021 R.G. proposto da COGNOME NOME, rappresentato e difeso dagli AVV_NOTAIO, NOME e NOME COGNOME, con domicilio telematico all’indirizzo PEC dei propri difensori
-ricorrente principale –
contro
COGNOME NOME, rappresentata e difesa dagli AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO e NOME COGNOME, con domicilio telematico all’indirizzo PEC dei propri difensori
-controricorrente e ricorrente in via incidentale -Nonché contro
NOME COGNOME, rappresentato e difeso dagli AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO e NOME COGNOME, con domicilio telematico all’indirizzo PEC dei propri difensori
-controricorrente al ricorso principale –
Avverso la sentenza n. 2898/2020 della CORTE DI APPELLO DI VENEZIA, depositata il 22 dicembre 2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 20 novembre 2023 dal AVV_NOTAIOigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME, comproprietaria – per successione ai genitori NOME COGNOME e NOME ed unitamente ai germani NOME, NOME, NOME, NOME, NOME e NOME – di alcuni terreni ubicati nel Comune di NOMEno e nel Comune di Cessalto nonché di un fabbricato adibito a civile abitazione sito nel Comune di Cessalto, domandò il giudiziale accertamento della nullità della clausola del contratto di affitto agrario stipulato in data 11 dicembre 2000 tra il padre NOME ed il fratello NOME, avente ad oggetto i terreni in NOMEno e Cessalto, siccome prevedente una durata del rapporto (dieci anni) inferiore a quel la minima di legge (quindici anni) e, per l’effetto, chiese dichiararsi la cessazione dell’affitto al termine dell’annata agraria 2015 con condanna di NOME COGNOME al rilascio dei fondi ed al pagamento di un’indennità di occupazione.
Nel costituirsi in lite, NOME COGNOME, oltre a resistere alle istanze attoree, propose, previa chiamata in causa di NOME COGNOME, azione di riscatto degli immobili censiti nel catasto fabbricati del Comune di Cessalto, alienati (per le rispettive quote di proprietà) da NOME, NOME, NOME, NOME ed NOME COGNOME ad NOME COGNOME, con atto del 26 maggio 2016, adducendo la propria qualità di affittuario dei cespiti (in forza del contratto intercorso con il padre NOME) e, come tale, titolare del diritto di prelazione.
Integrato il contraddittorio nei confronti di NOME, all’esito del giudizio di prime cure l’adito Tribunale di Treviso, previo accertamento della nullità della clausola contrattuale regolante la durata del rapporto, dichiarò cessato il contratto di affitto agrario alla
data del dieci novembre 2015, ordinando il rilascio degli immobili in favore dei comproprietari alla data del dieci novembre 2020; rigettò invece la domanda riconvenzionale spiegata dal convenuto.
4 . In parziale accoglimento dell’appello interposto da NOME COGNOME, la decisione in epigrafe indicata, ritenuto valido il contratto nella parte relativa alla fissazione della durata, ha dichiarato la cessazione del rapporto di affitto agrario alla data dell’undici novembre 2025, con condanna al rilascio in pari data, confermando la decisione di primo grado in ordine al rigetto dell’azione di riscatto.
Ricorre per cassazione per due motivi NOME COGNOME; resiste, con controricorso, NOME COGNOME; resiste, ma dispiegando altresì ricorso incidentale articolato in un motivo, NOME COGNOME.
Tutte le parti hanno depositato memoria illustrativa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
In via preliminare, va dichiarata l’inammissibilità del ricorso principale in quanto proposto con il ministero di NOME COGNOME, per essere detto difensore (come da attestazione di Cancelleria) non iscritto nell’albo degli avvocati abilitati al patrocinio innanzi la Suprema Corte. Essendo stato rilasciato mandato disgiuntivo ad altri due difensori, il ricorso, in quanto proposto con il loro ministero rimane ammissibile.
Ancora in via preliminare, priva di incidenza è la mancata evocazione nel presente grado di giudizio di NOME, NOME, NOME, NOME e NOME COGNOME, litisconsorti nei gradi di merito, stante la inammissibilità del ricorso principale per le ragioni di cui in appresso.
Il rispetto del diritto fondamentale ad una ragionevole durata del processo impone infatti al giudice (ai sensi degli artt. 175 e 127 cod. proc. civ.) di evitare e impedire comportamenti che siano di ostacolo ad una sollecita definizione dello stesso, tra i quali rientrano certamente quelli che si traducono in un inutile dispendio di attività
processuali e formalità superflue perché non giustificate dalla struttura dialettica del processo e, in particolare, dal rispetto effettivo del principio del contraddittorio, da effettive garanzie di difesa e dal diritto alla partecipazione al processo, in condizioni di parità, dei soggetti nella cui sfera giuridica l’atto finale è destinato ad esplicare i suoi effetti. Ne consegue che, in caso di ricorso per cassazione prima facie infondato o inammissibile, appare superflua, pur potendone sussistere i presupposti, la fissazione del termine per la rinnovazione della notifica del ricorso ad una parte o per l’integrazione del contraddittorio nei riguardi di un litisconsorte pretermesso, atteso che la concessione di esso si tradurrebbe, oltre che in un aggravio di spese, in un allungamento dei tempi di definizione del giudizio di cassazione senza comportare alcun beneficio per la garanzia dell’effettività dei diritti processuali delle parti (cfr., sulla scia di Cass., Sez. U, 22/03/2010, n. 6826, tra le tante, Cass. 13/10/2011, n. 21141; Cass. 17/06/2013, n. 15106; Cass. 10/05/2018, n. 11287; Cass. 21/05/2018, n. 12515; Cass. 15/05/2020, n. 8980; Cass. 20/04/2023, n. 10718).
Il primo motivo del ricorso principale lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 8 della legge 26 maggio 1965, n. 590, e degli artt. 45 e 58 della legge 3 maggio 1982, n. 203, in relazione all’art. 360, primo comma, num. 3, cod. proc. civ..
Impugnando il rigetto dell’azione di retratto, il ricorrente assume la nullità, per contrarietà alle citate disposizioni, della « convenzione » intercorsa tra tutti i germani COGNOME dopo il decesso del genitore, con la quale « le parti avrebbero inteso sottrarre la casa di abitazione del fittavolo ed i terreni ad essa circostanti dal contratto di fitto agrario dell’11/12/2000 (facendoli uscire: oltre tutto, senza alcun corrispettivo, e quindi a titolo gratuito) ».
Deduce ancora, proprio in ragione della denunciata nullità del patto , l’irrilevanza del mancato disconoscimento di detta convenzione
AVV_NOTAIO. est. NOME COGNOME
ad opera di NOME COGNOME e della natura di immobile urbano del bene ( a dire dell’impugnante, non corrispondente al vero, trattandosi di fabbricato rurale), elementi valorizzati dalla gravata pronuncia.
3.1. Il motivo è inammissibile.
A fondamento della reiezione della domanda di riscatto, la Corte d’appello ha posto la natura « meramente ricognitiva » della dichiarazione, contenuta nella convenzione stipulata dai germani COGNOME e non disconosciuta (nella sua paternità e nel suo contenuto) da NOME COGNOME, secondo cui « nel predetto contratto d’affitto di fondo rustico (ovvero in quello concluso tra NOME e NOME COGNOME in data 11 dicembre 2000) non è inclusa l’abitazione di Cessalto (TV), sopra catastalmente meglio identificata, non essendo essa stata destinata ad uso e servizio del fondo ex art. 817 cod. civ. ».
Da questo patto, il giudice territoriale ha inferito, atteso il tenore testuale di univoca concludenza, la esclusione ab origine dell’edificio in Cessalto dall’ambito dei beni concessi in affitto a NOME COGNOME, individuando in capo a quest’ultimo un diverso titolo di godimento del fabbricato, ovvero il comodato gratuito ai soli fini abitativi, tale da negare la qualità di affittuario e, quindi, il requisito soggettivo di attribuzione della prelazione agraria invocata.
La (pur diffusamente sviluppata) argomentazione del ricorrente muove da un presupposto diverso da quello accertato dal giudice di merito: essa, infatti, ascrive alla dichiarazione convenzionale de qua una valenza dispositiva, non già meramente ricognitiva.
In tal guisa, il motivo si risolve nel postulare una differente volontà delle parti sottesa alla dichiarazione negoziale in parola, senza tuttavia esplicitare le ragioni giustificanti la diversa lettura esegetica del patto prospettata e, soprattutto, senza denunciare la inosservanza dei canoni di ermeneutica negoziale positivamente stabiliti: in maniera quindi del tutto inidonea a sollecitare il sindacato del giudice di legittimità.
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Per consolidato orientamento di questa Corte, chi vuole denunciare con ricorso per cassazione l’inosservanza dei canoni di ermeneutica negoziale di cui agli artt. 1362 e ss. cod. civ. è tenuto non soltanto a fare esplicito riferimento alle regole legali d ‘ interpretazione, con specifica indicazione delle norme asseritamente violate ed ai princìpi in esse contenuti, ma deve precisare in quale modo e con quali considerazioni il giudice del merito si sia discostato dai canoni legali assunti come violati: il sindacato di legittimità non può infatti investire il risultato interpretativo in sé, che appartiene all’ambito dei giudizi di fatto riservati al giudice di merito, con derivante inammissibilità di ogni critica alla ricostruzione della volontà negoziale operata dal giudice di merito che si traduca nella sola prospettazione di una diversa valutazione degli stessi elementi di fatto da questi esaminati (così Cass. 10/02/2023, n. 4272; Cass. 14/12/2022, n. 36516; Cass. 09/04/2021, n. 9461; Cass. 20/01/2021, n. 995; Cass. 16/01/2019, n. 873; Cass. 27/06/2018, n. 16987; Cass. 26/05/2016, n. 10891).
4. Il secondo motivo del ricorso principale, per violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 cod. proc. civ. in relazione all’art. 360, primo comma, num. 3, cod. proc. civ., critica la compensazione integrale delle spese dei gradi di merito disposta dalla Corte d’appello in ragione della reciproca soccombenza.
L’impugnante s ostiene che detta statuizione non abbia tenuto conto del numero delle domande « rispettivamente proposte e rigettate » e « soprattutto » del « valore di tali domande (essendo entrambe quelle accolte del sig. NOME COGNOME di valore ventisei volte superiore a quella respinta) ».
4.1. Il motivo è inammissibile.
La censura in vaglio, postulante una corrispondenza simmetrica e di tipo qualitativo e quantitativo tra domande accolte o rigettate e statuizione sulle spese, mira a confutare la misura dell’operata
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compensazione: quest’ultimo, però, è un apprezzamento tipicamente riservato al giudice di merito, incensurabile in sede di legittimità.
È fermo convincimento di questa Corte che la valutazione delle proporzioni della soccombenza reciproca e la determinazione delle quote in cui le spese processuali debbono ripartirsi o compensarsi tra le parti, ai sensi dell’art. 92, secondo comma, cod. proc. civ., rientr ino nel potere discrezionale del giudice di merito, che resta sottratto al sindacato di legittimità, non essendo egli tenuto a rispettare un’esatta proporzionalità fra la domanda accolta e la misura delle spese poste a carico del soccombente (cfr., espressamente, Cass. 06/11/2023, n. 30771; Cass. 26/05/2021, n. 14459; Cass. 20/12/2017, n. 30592).
Inammissibile il ricorso principale, a mente dell’art. 334 cod. proc. civ. va per conseguenza dichiarato inefficace il ricorso incidentale, siccome tardivamente proposto.
Secondo il principio di diritto enunciato in maniera costante da questa Corte, infatti, in tema di giudizio di cassazione, il ricorso incidentale tardivo, proposto oltre i termini di cui agli artt. 325, secondo comma, ovvero 327, primo comma, cod. proc. civ., è inefficace qualora il ricorso principale per cassazione sia inammissibile, senza che, in senso contrario, rilevi che lo stesso sia stato proposto nel rispetto del termine di cui all ‘ art. 371, secondo comma, cod. proc. civ. (così Cass. 10/02/2023, n. 4226; Cass. 22/06/2021, n. 17707).
Nella specie, la notifica del ricorso incidentale è avvenuta in data 2 agosto 2021, ben oltre il termine c.d. lungo di cui all’art. 32 7 cod. proc. civ. di sei mesi dal 22 dicembre 2020, data di pubblicazione della sentenza, non notificata.
In conclusione, il ricorso principale è dichiarato inammissibile; il ricorso incidentale è dichiarato inefficace.
Le spese del grado di legittimità vanno poste a carico del ricorrente principale: invero, in caso di inefficacia del ricorso incidentale
tardivo conseguente, ex art. 334, secondo comma, cod. proc. civ., ad inammissibilità del ricorso principale, la soccombenza va riferita alla sola parte soccombente in via principale (v. Cass. 10/02/2023, n. 4226; Cass. 12/06/2018, n. 15220; Cass. 20/02/2014, n. 4074).
8. Attesa la dichiarata inammissibilità del ricorso principale, va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali (a tanto limitandosi la declaratoria di questa Corte: Cass., Sez. U, 20/02/2020, n. 4315) per il versamento da parte del ricorrente in via principale – ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 – di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quell o previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma dell’art. 1 -bis dello stesso art. 13.
Quanto al ricorso incidentale, il tenore della pronunzia, che è di mera declaratoria di inefficacia e non di rigetto o di inammissibilità od improponibilità, esclude l’applicabilità del citato art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, per cui si dà atto che non sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione (così Cass. 22/06/2021, n. 17707).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso principale.
Dichiara inefficace il ricorso incidentale.
Condanna il ricorrente principale, NOME COGNOME, alla refusione in favore delle parti controricorrenti, NOME COGNOME e NOME COGNOME, delle spese del giudizio di legittimità, liquidate, per ciascuna parte controricorrente, in euro 3.000 per compensi professionali, oltre alle spese forfetarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori, fiscali e previdenziali, di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente principale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1bis .
Così deciso in Roma, nella Camera di AVV_NOTAIOiglio della Terza Sezione