Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 20967 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 20967 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 23/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 18033/2023 R.G. proposto da:
COGNOME NOMECOGNOME elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende
-ricorrente-
COGNOME NOMECOGNOME e COGNOME rappresentati e difesi da ll’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE;
-controricorrenti-
COGNOME NOME e COGNOME NOME COGNOME;
-intimati- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO ROMA n. 4792/2022 depositata il 11/07/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 28/01/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La presente controversia riguarda la successione di NOME COGNOME, definita dalla Corte d’appello di Roma con sentenza n. 4782 del 2022. La causa è stata iniziata da COGNOME NOME nei confronti dei fratelli NOME, NOME, NOME, NOME e nei confronti COGNOME
NOME Per quanto interessa in questa sede, la Corte d’appello, dopo avere disposto la rinnovazione della consulenza tecnica, ha riconosciuto il diritto di NOME NOME alla legittima, calcolata sul complessivo valore dei beni indicati nella stessa sentenza; quindi, ha liquidato la legittima, in parte, mediante attribuzione di buoni fruttiferi postale (per la quota di ½ dei buoni compresa nell’asse ) e, per il residuo, tramite condanna dei beneficiari delle disposizioni testamentarie.
Per la cassazione della decisione COGNOME NOME ha proposto ricorso sulla base di due motivi.
COGNOME NOME, in proprio e quale erede di COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME hanno resistito controricorso.
Le parti hanno depositato memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il primo motivo denunzia omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto decisivo per il giudizio, già accertato e dichiarato dal giudice di primo grado.
La Corte d’appello ha identificato i valori mobiliari compresi nell’asse tramite riferimento alla consulenza tecnica eseguita in primo grado. Nel fare ciò la corte di merito ha ritenuto di dover escludere ‘le somme indicate al punto 16 della Ctu 1° grado’. La ricorrente sostiene che la motivazione è errata, in quanto si omette di comprendere nell’asse le ‘somme di cui al punto 14 della Ctu di primo grado e precisamente . In entrambi i casi trattasi di somme non contestate dalle parti, non oggetto di appello e che la stessa Corte territoriale non ha escluso dalla massa ereditaria, avendo escluso le somme di cui al punto 16 della Ctu di primo grado, ma non quelle indicate al punto 14’.
Il secondo motivo denunzia violazione dell’art. 91 c.p.c. La condanna alle spese non è stata pronunziata anche nei confronti di COGNOME NOME soccombente al pari delle parti destinatarie della stessa condanna; nel motivo si evidenzia che la COGNOME non è stata menzionata neanche nell’intestazione della sentenza. Si evidenzia ancora che la Corte d’appello ha ritenuto che la medesima fosse defunta, mentre era invece vivente e aveva anch’essa proposto appello.
Il primo motivo -con il quale si invoca una norma non più in vigore da oltre decennio, essendo stato il n. 5 del primo comma dell’art. 360 cod. proc. civ. sostituito dall’art. 54.1, lett. b), d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in I. 7 agosto 2012, n. 134 – è radicalmente inammissibile. Si sostiene che la consulenza tecnica espletata in primo grado, recepita dalla corte, nell’indicare le somme comprese nell’asse aveva incluso poste ulteriori, oltre a quelle considerate dalla sentenza: in questo senso, però, la censura rivolta alla sentenza di merito è quella di essere l’effetto di un errore di fatto risultante dagli atti stessi della causa, il che costituisce vizio revocatorio (art. 395, n. 4, c.p.c.), ed è quindi inammissibile come motivo di impugnazione con ricorso per cassazione (Cass. n. 1061/2001). «Il ricorso per cassazione, fondato sull’affermazione che il giudice di merito abbia travisato le risultanze della consulenza tecnica, è inammissibile, configurandosi in questa ipotesi esclusivamente il rimedio della revocazione, ai sensi dell’art. 395, n. 4, c.p.c. (Cass. n. 3867/2019; n. 7772/2012). Del resto, è la stessa ricorrente ad ammettere nella memoria «che ci troviamo di fronte ad una semplice omissione per distrazione e non ad una decisione della Corte territoriale di riformare la sentenza di primo grado eliminando dalla massa ereditaria le somme di cui al punto 14) della CTU di primo grado».
È altrettanto inammissibile il secondo motivo: la corte di merito ha ritenuto erroneamente che fosse deceduta una delle parti in causa, omettendo di condannarla alle spese insieme a coloro che avevano agito insieme a lei. Anche in questo caso non si denunzia un errore di giudizio , ma un ‘mero errore’ (cfr. memoria ricorrente) , per avere la corte d’appello supposto che COGNOME NOME fosse la defunta moglie di COGNOME NOME, laddove COGNOME NOME aveva proposto l’appello insieme a COGNOME NOME e COGNOME NOME NOME. Si denunzia, in altre parole, una mera svista materiale, rilevante ai fini della revocazione della sentenza, avendo indotto il giudice a supporre l’esistenza di un fatto che risulta incontestabilmente escluso alla stregua degli atti di causa (Cass. n. 16439/2021).
In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con addebito di spese in favore dei controricorrenti. Nulla sulle spese quanto alle parti rimaste intimate.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello richiesto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese di lite in favore dei controricorrenti, liquidate in € 3 .500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in € 200,00 e agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo
unificato, pari a quello richiesto, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda