Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 26314 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 26314 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 09/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 35929/2019 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) , rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE);
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che la rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO DI L’AQUILA n. 1462/2019 depositata il 17/09/2019;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 08/05/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
RILEVATO CHE:
Il Tribunale di l’Aquila condannava la RAGIONE_SOCIALE (la ‘RAGIONE_SOCIALE‘) al pagamento, in favore dell’attrice RAGIONE_SOCIALE, di € . 625.053,96 a titolo di risarcimento del danno da quest’ultima subìto a séguito dell’ingiustificata rottura delle trattative per la stipula di un contratto di appalto, avente ad oggetto la demolizione ed il rifacimento di palazzine condominiali danneggiate dal sisma del 06.04.2009.
Con verbale dell’assemblea condominiale n. 104 del 03.04.2012 la RAGIONE_SOCIALE aveva deliberato di affidare a RAGIONE_SOCIALE, sia pure in via provvisoria, i lavori di rifacimento delle palazzine; aveva comunicato tale decisione alla società attrice ed aveva indicato più volte, sia al Comune di l’Aquila sia al Genio Civile, la predetta società come impresa esecutrice dei lavori, così ingenerando in quest’ultima il ragionevole affidamento nella successiva stipula del contratto di appalto.
1.1. Il Tribunale rilevava che la RAGIONE_SOCIALE non aveva reso nota a RAGIONE_SOCIALE , tra l’altro, l’esistenza di una clausola inserita nel verbale con la quale l’assemblea condominiale aveva dichiarato di subordinare l’affidamento provvisorio dei lavori alla predetta impresa alla condizione che quest’ultima rinunciasse a qualsiasi pretesa risarcitoria in caso di mancata stipula del contratto.
La pronuncia di prime cure veniva impugnata dalla RAGIONE_SOCIALE innanzi alla Corte d’Appello di l’Aquila che, in parziale riforma della sentenza impugnata, con sentenza n. 1462 del 2019, riduceva all’importo di € . 348.312,71 il risarcimento dei danni riconosciuto a titolo di responsabilità precontrattuale.
A sostegno della sua decisione, per quel che qui ancora rileva, osservava la Corte che RAGIONE_SOCIALE non era a conoscenza della condizione apposta nella delibera; né l’appellante le aveva reso noto che la decisione di affidare l’appalto ad altra impresa, con delibera assembleare del 12.04.2013, era stata assunta a distanza di un anno dalla precedente, previo raffronto delle diverse offerte ricevute. Tale condotta omissiva, contraria a correttezza e buona fede, aveva ingenerato un affidamento legittimo nell’impresa circa il perfezionamento del contratto, dopo trattative intrattenute per almeno nove mesi (Cass. Sez. U, n. 10413 del 2017).
Avverso la pronuncia d’appello proponeva ricorso per cassazione la RAGIONE_SOCIALE, affidandolo a due motivi.
Resisteva RAGIONE_SOCIALE depositando controricorso illustrato da memoria.
CONSIDERATO CHE:
Con il primo motivo si deduce violazione dell’art. 1337 cod. civ. (in relazione all’art 360, comma 1, n. 3) cod. proc. civ.) La ricorrente censura la sentenza impugnata nella parte in cui fonda la responsabilità precontrattuale sull’accertamento della sussistenza delle trattative e della loro consistente durata, trascurando l’ineliminabile presupposto della «concludenza» delle trattative (Cass. Sez.3, n. 1632 del 14.02.2000; Cass. Sez. 3, n. 11243 del 18.07.2003). La tesi della ricorrente è che si può parlare di trattative concludenti, idonee ad ingenerare affidamento legittimo, soltanto quando l’accordo è sostanzialmente raggiunto ma rimane da tradurlo nella forma scritta necessaria per la validità al contratto; ovvero quando le parti abbiano raggiunto un’intesa di massima sui punti
essenziali dell’affare: nel caso di specie, invece, non fu né individuato l’oggetto dell’appalto nè fu determinato il corrispettivo.
Con il secondo motivo si deduce nullità della sentenza impugnata per vizio motivazionale radicale (in relazione all’art 360, comma 1, n. 4) cod. proc. civ.). A giudizio della ricorrente la motivazione resa dalla Corte d’Appello è assolutamente inidonea a comprendere come essa sia giunta al suo convincimento, poiché afferma la contrarietà a correttezza e buona fede della condotta omissiva della RAGIONE_SOCIALE su due affermazioni inconciliabili. Da un lato, infatti, si dà rilevanza all’invio dei solleciti alla cooperativa da parte di RAGIONE_SOCIALE, con i quali la promissaria appaltatrice formulava offerte migliorative (proponendo di realizzare a proprie spese interventi non coperti dal contributo pubblico) per invogliare la cooperativa alla stipulazione del contratto, formulando proposte di eseguire a proprie spese ulteriori opere non ammesse al contributo pubblico; dall’altra, viene addebitata alla scorrettezza della promittente committente la mancata informazione alla controparte della volontà di ottenere offerta migliorative rispetto al progetto depositato in comune.
Preliminarmente, deve essere esaminata la questione di improcedibilità del ricorso, ex art. 369, comma 2, n. 2, cod. proc. civ., sollevata dalla controricorrente (v. controricorso pp. 4-7; v. anche memoria, p. 2) per mancanza della relata di notifica della sentenza d’appello notificata in data 20.09.2019; per notifica del ricorso in un lasso di tempo superiore al termine breve ex art. 325 cod. proc. civ. (i 60 giorni ivi previsti scadevano il 18.11.2019 mentre il ricorso è stato notificato il 19.11.2019); per mancanza dell’attestazione di conformità.
3.1. L’eccezione è fondata per quanto si dirà in prosieguo.
Vero è che p arte ricorrente ha ottemperato all’onere di deposito di copia conforme della sentenza notificata, tuttavia essa non è munita di relata di notificazione, comprensiva del messaggio di trasmissione a mezzo posta elettronica certificata e delle ricevute di avvenuta consegna e accettazione, adempimento prescritto dall’art. 369, secondo comma, n. 2, cod. proc civ.; né, peraltro, la copia notificata della sentenza si rinviene nella produzione della controricorrente nel termine di cui all’art. 370, comma 3, cod. proc. civ. (Cass. Sez. U, n. 21349 del 6.7.2022; Cass., sez. U, 16/04/2009, n. 9005; Cass., sez. U, 02/05/2017, n. 10648); come risulta dall’attestazione della Cancelleria rilasciata in data 26.09.2024 .
Tale regola, lungi dall’essere una mera formalità, è preordinata a consentire il controllo sulla tempestività del ricorso per cassazione e cioè che esso sia stato proposto entro il termine di giorni sessanta dalla notificazione della sentenza impugnata. Per questa ragione, il principio subisce una – apparente – eccezione quando risulti, in modo certo, che questo accertamento è superfluo, perché il ricorso per cassazione è stato notificato prima della scadenza del termine breve decorrente dalla pubblicazione del provvedimento impugnato.
Difatti, secondo consolidata giurisprudenza di questa Corte, pur in difetto di produzione di copia autentica della sentenza impugnata e della relata di notificazione della medesima, il ricorso per cassazione deve ugualmente ritenersi procedibile ove risulti, dallo stesso, che la sua notificazione si è perfezionata, dal lato del ricorrente, entro il sessantesimo giorno dalla pubblicazione della sentenza, poiché il collegamento tra la data di pubblicazione della sentenza, indicata nel ricorso, e quella della notificazione del ricorso, emergente dalla relata di notificazione dello stesso, assicura comunque lo scopo, cui tende la prescrizione normativa, di consentire
al giudice dell’impugnazione, sin dal momento del deposito del ricorso, di accertarne la tempestività in relazione al termine di cui all’art. 325, comma 2, cod. proc. civ. (Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 1403 del 2024; Cass., 10/07/2013, n. 17066; Cass.30/04/2019, n. 11386).
3.2. Accade che, nel caso che ci occupa, il ricorso è stato notificato in data 19.11.2019: risultando essere la data di pubblicazione della pronuncia impugnata quella del 17.09.2019, stante la decorrenza dei 60 giorni da tale ultima data, il termine per la notifica del ricorso scadeva il 18.11.2019.
In definitiva, il Collegio dichiara il ricorso improcedibile.
Le spese seguono la soccombenza come da dispositivo.
Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013, stante il tenore della pronuncia, va dato atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1quater D.P.R. n. 115 del 2002, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1 -bis, del D.P.R. n. 115 del 2002, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione dichiara il ricorso improcedibile; condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, in favore della controricorrente, che liquida in €. 8.000,00 per compensi, oltre ad €. 200,00 per esborsi e agli accessori di legge nella misura del 15%.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto che sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo
unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1bis, del D.P.R. n. 115 del 2002, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda