Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 18122 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 18122 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 03/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 11898/2022 R.G. proposto da: COGNOME NOME, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME, presso l’indirizzo di posta elettronica certificata del quale è domiciliato per legge;
-ricorrente-
contro
REGIONE ABRUZZO, nella persona del Presidente pro tempore in atti indicato, rappresentata e difesa dagli avvocati COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, presso l’indirizzo di posta elettronica certificata dei quali è domiciliata per legge;
-controricorrente- avverso la SENTENZA RAGIONE_SOCIALE CORTE D’APPELLO di L’AQUILA n. 217/2022 depositata il 10/02/2022;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 04/06/2025 dal Consigliere COGNOME NOME;
FATTI DI CAUSA
1.Con atto di citazione in riassunzione notificato il 23.09.15, NOME COGNOME insisteva nella domanda di risarcimento nei confronti RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE Abruzzo, già proposta con ricorso al T.A.R. Abruzzo (che, con sentenza n. 192/2015, aveva al riguardo declinato la propria giurisdizione in favore dell’autorità giudiziaria ordinaria).
A fondamento RAGIONE_SOCIALE domanda deduceva che: a) con delibera n.19 del 6.10.09 era stato nominato Difensore Civico dal RAGIONE_SOCIALE Abruzzo; b) detta delibera era stata giudizialmente annullata dal Tar Abruzzo con sentenza n.88/11, confermata dal RAGIONE_SOCIALE di Stato con sentenza n. 273/12. Spiegava che i giudici amministrativi avevano annullato la delibera RAGIONE_SOCIALE sua nomina in ragione del mancato rispetto del termine perentorio di cui all’art.10, 5° comma, L.R. n.126/95 (il quale impone la convocazione del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE per la nomina del nuovo Difensore Civico almeno 20 gg. prima RAGIONE_SOCIALE scadenza del mandato quinquennale conferito a quello già in carica), posto che, in mancanza, quest’ultimo si intende tacitamente confermato (artt.10, legge Reg. cit. comma 3). Aggiungeva che in sede giudiziale amministrativa era stato chiarito come la durata del mandato al Difensore Civico dovesse essere computata (non dalla data di insediamento, erroneamente considerata quale dies a quo dal RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE per il calcolo del quinquennio e del termine di cui al 5° comma dell’art.10, L.R. n.126/95, con conseguente tardività RAGIONE_SOCIALE convocazione ed automatica riconferma del titolare già in carica), ma dalla data RAGIONE_SOCIALE nomina.
Tanto dedotto, il COGNOME concludeva chiedendo accertarsi la responsabilità per colpa dell’Amministrazione regionale nell’adozione degli atti dichiarati illegittimi e la condanna RAGIONE_SOCIALE stessa al risarcimento dei danni, patrimoniali e non, consequenzialmente patiti. In particolare: a) in via principale, chiedeva che la RAGIONE_SOCIALE fosse condannata al risarcimento commisurato alla perdita dell’indennità di
carica di difensore civico regionale, pari ad € 4.107,98 mensili, per il periodo da febbraio 2012 ad ottobre 2014, per un importo complessivo di € 131.455,36, oltre interessi e rivalutazione fino al soddisfo; b) in subordine, chiedeva che detto risarcimento fosse determinato in relazione alla perdita RAGIONE_SOCIALE retribuzione relativa all’incarico di Coordinatore di staff del Sindaco di Pescara da giugno 2010 a novembre 2012 (cui egli aveva rinunciato per l’intervenuta nomina regionale), per un importo complessivo di € 69.600,00, oltre interessi e rivalutazione fino al soddisfo nonché alla perdita di chance di conseguire redditi da attività professionale, in misura pari al 20% del reddito professionale conseguito nel 2009, per un importo complessivo di € 38.933,33, oltre interessi e rivalutazione fino al soddisfo; c) in ogni caso, chiedeva il risarcimento del danno all’immagine e allo status professionale da quantificarsi in via equitativa.
Si costituiva la RAGIONE_SOCIALE Abruzzo, che contestava le pretese del COGNOME, chiedendone la reiezione o, in subordine, la riduzione. Deduceva come non fosse configurabile a suo carico una responsabilità ex art.2043, c.c. per difetto di colpa, essenzialmente in considerazione dell’incertezza RAGIONE_SOCIALE normativa e RAGIONE_SOCIALE ragionevole ammissibilità di diverse interpretazioni di essa, in mancanza di univoci orientamenti giurisprudenziali. Aggiungeva come non potesse configurarsi un legittimo affidamento del COGNOME rispetto alla nomina, posto che costui, proprio in ragione delle competenze professionali richieste al Difensore Civico, avrebbe dovuto immediatamente riconoscere l’errore ascritto alla RAGIONE_SOCIALE. Deduceva inoltre l’omessa prova dei danni e l’insussistenza del nesso eziologico, in particolare con le perdite patrimoniali connesse alla rinuncia all’incarico presso il Sindaco di Pescara e con i redditi professionali da avvocato, posto che le incompatibilità sancite a carico del difensore Civico dalla L.R. 126/95 riguardano unicamente cariche elettive pubbliche, direzione politica o sindacale, lavoro subordinato; invocava infine la compensatio lucri cum
danno e conseguente riduzione del risarcimento – almeno in misura pari alla metà dei residui compensi quale Difensore Civico – posto che, dopo l’interruzione del mandato in ragione delle sopra dette pronunce del giudice amministrativo, avvenuta nel febbraio 2012, costui aveva comunque potuto esercitare a tempo pieno la propria professione di avvocato.
Istruita la causa con prove testimoniali e documentali, il Tribunale di L’Aquila, con sentenza n. 736/2018, in parziale accoglimento RAGIONE_SOCIALE domanda attorea, condannava la convenuta RAGIONE_SOCIALE Abruzzo, in persona del L.R.P.T., al pagamento, in favore del COGNOME, RAGIONE_SOCIALE somma di €.105.914,36, oltre interessi legali e rivalutazione calcolati come in parte motiva, oltre interessi legali dalla sentenza al saldo; e compensava integralmente le spese di lite.
Avverso la sentenza di primo grado proponeva appello la RAGIONE_SOCIALE, che, in via principale, chiedeva il rigetto integrale RAGIONE_SOCIALE domanda attorea, con conseguente declaratoria che nulla era da essa dovuto in favore del COGNOME; in via subordinata, chiedeva ridursi il risarcimento del danno; in via istruttoria, reiterava l’istanza di esibizione RAGIONE_SOCIALE dichiarazione NUMERO_DOCUMENTO, contenente i redditi percepiti nell’anno 2014. Con vittoria delle spese relative ad entrambi i gradi di giudizio.
Si costituiva il COGNOME che chiedeva accertarsi e dichiarare l’inammissibilità dell’appello ai sensi dell’art. 342 c.p.c. ovvero ai sensi dell’art. 348 bis comma 1 c.p.c.; e nel merito, chiedeva il rigetto dell’impugnazione ex adverso proposta.
La Corte d’appello di L’Aquila, con sentenza n. 217/2022, in accoglimento dell’impugnazione, rigettava la domanda attorea, condannando il COGNOME al pagamento in favore RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE delle spese processuali relative ad entrambi i gradi di giudizio.
Avverso la sentenza RAGIONE_SOCIALE Corte territoriale ha proposto ricorso il COGNOME.
Ha resistito con controricorso la RAGIONE_SOCIALE.
Per l’odierna adunanza il Procuratore Generale non ha rassegnato conclusioni scritte.
I Difensori delle parti non hanno depositato memoria.
La Corte si è riservata il deposito RAGIONE_SOCIALE motivazione entro il termine di sessanta giorni dalla decisione.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. NOME COGNOME articola in ricorso un unico motivo con il quale denuncia <> , nella parte in cui la corte territoriale ha affermato che nel caso di specie difetta il presupposto per il riconoscimento del diritto al risarcimento, da lui invocato, costituito dal suo incolpevole affidamento nella legittimità RAGIONE_SOCIALE sua nomina alla carica di Difensore Civico RAGIONE_SOCIALE, in quanto, essendogli stata notificata l’impugnativa del suddetto atto ed avendo egli partecipato al relativo giudizio, avrebbe dovuto essere consapevole RAGIONE_SOCIALE dubbia legittimità RAGIONE_SOCIALE sua nomina e, dunque, non sarebbe stato nella condizione di nutrire un incolpevole affidamento nella validità dell’incarico tale da indurlo ad accettarlo.
Si duole che la corte territoriale, tanto affermando, non ha tenuto conto del principio di diritto affermato dall’Adunanza Plenaria del RAGIONE_SOCIALE di Stato con sentenza n. 21/2021.
Osserva comunque che, come precisato dalle Sezioni Unite con ordinanza n. 19677/2020, il Giudice Amministrativo è privo di giurisdizione in ordine al risarcimento del danno subito dal privato per l’annullamento in via giurisdizionale del provvedimento amministrativo favorevole. Dunque, il precedente dell’Adunanza Plenaria non può essere validamente utilizzato nel presente giudizio.
Invocando numerosi arresti delle Sezioni Unite (in particolare, le decisioni nn. 6954/11, 6955/11 e 6956/11, nonché nn. 17586/2015, 1279/2017, 15640/2017, 19171/2017,1654/2018, 4996/2018, 4889/2019, 6885/2019, 12653/2019 e 19677/2020), sostiene che,
nella fattispecie, la responsabilità dell’Ente va ricondotta al paradigma RAGIONE_SOCIALE responsabilità da contatto sociale, qualificato dal peculiare status RAGIONE_SOCIALE Pubblica Amministrazione quale soggetto tenuto all’osservanza RAGIONE_SOCIALE legge come fonte di legittimità dei propri atti e tenuto ad obblighi di correttezza e buona fede.
Osserva che detti obblighi, nel caso di specie, sono stati disattesi, in quanto gli uffici regionali avevano proceduto alla convocazione del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE (con all’ordine del giorno l’elezione del Difensore Civico) con due giorni di ritardo rispetto al termine previsto dalla normativa vigente (art. 10 comma 5 Legge RAGIONE_SOCIALE Abruzzo n. 126/95).
In punto di quantum debeatur osserva che gli uffici regionali, se avessero operato con correttezza convocando il RAGIONE_SOCIALE nel termine previsto dall’art. 10 comma 5 RAGIONE_SOCIALE Legge RAGIONE_SOCIALE n. 126/95, avrebbero a lui consentito il normale espletamento dell’incarico fino alla sua scadenza, con relativi emolumenti.
L’esame del motivo di ricorso è precluso dall’ineludibile rilievo RAGIONE_SOCIALE improcedibilità del ricorso stesso.
Infatti, a norma dell’ art. 369 comma 2 c.p.c., unitamente al ricorso debbono essere depositati, a pena di improcedibilità, una serie di documenti tra cui, la «copia autentica RAGIONE_SOCIALE sentenza o RAGIONE_SOCIALE decisione impugnata con la relazione di notificazione, se questa è avvenuta».
Scopo di tale obbligo di deposito è quello di consentire alla Corte di controllare la tempestività dell’esercizio del diritto di impugnazione (giacché, come è noto, una volta che sia stata effettuata la notifica RAGIONE_SOCIALE sentenza, il ricorrente deve rispettare il c.d. «termine breve» di impugnazione del provvedimento) a tutela dell’interesse di carattere pubblicistico (e quindi indisponibile per le parti) al rispetto del vincolo RAGIONE_SOCIALE cosa giudicata formale.
La norma è stata oggetto di diverse interpretazioni nel corso del tempo. Invero, dopo un primo orientamento restrittivo, secondo il quale l’obbligo di deposito sia RAGIONE_SOCIALE sentenza impugnata che RAGIONE_SOCIALE relazione di notificazione doveva essere adempiuto contestualmente al deposito del ricorso nel termine di venti giorni dall’ultima notifica (così v. per tutte Cass. n. 2067 del 1971 e n. 10959 del 1995), si è passati, a seguito dell’intervento delle Sezioni Unite (Cass. Sez. Un. N. 11932 del 1998) ad orientamento meno restrittivo, secondo il quale è concesso alla parte di allegare copia autentica di sentenza e relata anche separatamente dal deposito del ricorso, facendo leva sull’applicazione estensiva dell’art. 372 c.p.c., secondo cui è ammesso il deposito autonomo di documenti riguardanti l’ammissibilità del ricorso (sempre nel termine perentorio di venti giorni dall’ultima notifica).
È vero che, di recente, le Sezioni Unite di (n. 21349 del 2022) hanno anche affermato che <>.
Orbene, nel caso di specie, il ricorrente esordisce affermando in ricorso (p. 1) che la sentenza impugnata era stata notificata il 21.02.2022 e conclude (p.19 affermando di depositare, unitamente al ricorso, <>, ma non risulta che il ricorrente abbia allegato la documentazione attestante la notifica (né all’atto del deposito del ricorso e neppure nel termine perentorio di venti giorni dalla sua ultima notifica).
D’altra parte, detta documentazione non è stata rinvenuta dal Collegio nel fascicolo di parte controricorrente, né in alcuno degli altri atti a sua disposizione.
E neppure può essere applicato nella specie il principio di diritto, affermato fin da Cass. n. 17066 del 2013, secondo il quale: <>.
Invero, nel caso di specie, la sentenza è stata pubblicata in data 10 febbraio 2022, mentre il ricorso è stato notificato in data 26 aprile 2022, quando il termine di sessanta giorni era abbondantemente spirato.
Deve pertanto essere dichiarata la improcedibilità del ricorso.
A tale declaratoria consegue la condanna di parte ricorrente alla rifusione delle spese sostenute da parte resistente e la declaratoria RAGIONE_SOCIALE sussistenza dei presupposti processuali per il pagamento
dell’importo, previsto per legge ed indicato in dispositivo, se dovuto (Cass. Sez. U. 20 febbraio 2020 n. 4315).
P. Q. M.
La Corte:
dichiara improcedibile il ricorso;
condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, spese che liquida in euro 6.000,00 per compensi, oltre, alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200 ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, si deve dare atto RAGIONE_SOCIALE sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, ad opera di parte ricorrente al competente ufficio di merito, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato a norma del comma 1-bis del citato art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 4 giugno 2025, nella camera di consiglio