Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 19592 Anno 2025
ORDINANZA
Sul ricorso iscritto al N. 12833/2024 R.G., proposto da:
NOMECOGNOME rappresentato e difeso da ll’avv. NOME COGNOME come da procura in calce al ricorso, domicilio digitale come in atti
– ricorrente –
contro
COGNOME NOME
– intimato –
avverso la sentenza del la Corte d’appello di Firenze n. 2331/2023 pubblicata il 23.11.2023;
udita la relazione della causa svolta nella adunanza camerale del 27.5.2025 dal Consigliere relatore dr. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME con atto di citazione notificato il 29.9.2020, intimò a NOME COGNOME lo sfratto per finita locazione (o, in subordine, per morosità) in relazione alla porzione di immobile a uso abitativo sita in Viareggio, INDIRIZZO che gli aveva concesso in locazione contratto a uso transitorio del 28.9.2019, della durata di otto mesi (dal 10.10.2019 al 31.5.2020) per un canone mensile di € 750,00, deducendo che, alla scadenza, il conduttore non aveva rilasciato l’immobile; che inolt re, COGNOME non aveva pagato nel termine il canone di aprile 2020, aveva versato per quello di maggio 2020 la minor somma di € 450,00 e il 5.5.2020 aveva corrisposto € 250,00 da imputare ad ulteriore acconto di quanto non pagato, così che, allo stato, egli era moroso per complessivi € 3.800,00, oltre alle spese per le utenze dall’aprile in poi. Chiese, quindi, la convalida dello sfratto per finita locazione; in subordine, la convalida dello sfratto per morosità e la condanna del COGNOME al pagamento di € 3. 800,00 e degli ulteriori canoni sino al rilascio effettivo. NOME COGNOME costituitosi all’udienza del 29.10.2020, propose opposizione, sostenendo che il contratto non poteva valere quale contratto a uso transitorio, difettando dei requisiti di legge (indicazione specifica delle esigenze temporanee, documentazione a comprova e conferma per lettera raccomandata), talché esso era soggetto alla durata di quattro anni, rinnovabili alla prima scadenza; che il canone era stato indicato nel contratto con una disc repanza fra l’importo scritto in cifre (€ 750,00) e quello scritto in lettere (duecentocinquanta euro): quest’ultima era la reale misura del canone; che il canone di aprile 2020 era stato rinunciato verbalmente dal locatore, a fronte di numerosi disagi patiti dal conduttore; che in ogni caso, gli
N. 12833/24 R.G.
spettava un termine di grazia per adempiere; che dal giugno 2020 il COGNOME si era trasferito stabilmente nel vano seminterrato della casa, ciò che aveva portato all’insorgere di ulteriori problemi di rapporto ; che, infine, si doveva ripristinare l’allaccio della fibra ottica per il collegamento internet, che il locatore si rifiutava di effettuare, pur se garantito dal contratto. Il Tribunale di Lucca, dopo avere escusso alcuni testi, con sentenza non definitiva del 30.9.2022, dichiarò cessato il contratto al 31.5.2020, confermando trattarsi di un rapporto transitorio; con sentenza definitiva del 23.12.2022, condannò COGNOME al pagamento di € 9.000,00 per canoni e indennità di occupazione, nonché alla rifusione delle spese e al pagamento di € 2.000,00 ex art. 96 c.p.c. NOME COGNOME propose dunque gravame avverso le suddette sentenze e la Corte d’appello di Firenze, nella contumacia di NOME COGNOME in totale riforma della sentenza definitiva e in parziale riforma di quella non definitiva, dichiarò che il contratto di locazione andava ricondotto alla durata prevista dall’art. 2, comma 1, della legge n. 431/1998 e, per l’effetto, respinse la domanda di sfratto per finita locazione, ordinando al COGNOME di non ostacolare il ripristino dell’allaccio alla fibra in ternet, revocando la condanna ex art. 96 c.p.c. e compensando integralmente le spese di lite.
Avverso detta sentenza, NOME COGNOME propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi. L’intimat o non ha svolto difese. In data 30.1.2025, è stata comunicata al ricorrente una proposta di definizione accelerata del giudizio, nel senso della improcedibilità, del seguente tenore:
‘ il ricorso è improcedibile;
tra gli atti depositati dal ricorrente, infatti, non figura la sentenza impugnata, completa di motivazione, ma soltanto il dispositivo di essa, emesso prima e separatamente dalla motivazione, a conclusione dell’udienza di discussione nell’ambito del proced imento trattato con rito lavoristico;
il deposito della sola parte dispositiva della sentenza d’appello non è evidentemente sufficiente a soddisfare il presupposto di procedibilità del ricorso per cassazione previsto dall’art. 369, secondo comma, num. 2, cod. proc. civ., il quale esige il deposito di copia autentica della sentenza, completa di tutti i suoi elementi costitutivi (v. Cass. n. 4377 del 19/02/2024, Rv. 670397) ‘. Il ricorrente ha depositato, tempestivamente, istanza per la decisione del ricorso, chiedendo di essere rimesso in termini per il deposito della sentenza integrale.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.1 -Con il primo motivo si denuncia omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa punti decisivi della controversia (art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.).
1.2 Con il secondo motivo si denuncia errata applicazione dell’art. 1460 c.c. (art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c.).
2.1 -Non mette conto esaminare partitamente i singoli motivi di ricorso giacché esso è improcedibile ex art. 369, comma 2, n. 2, c.p.c., non essendo stata depositata idonea copia conforme della sentenza impugnata, come già prospettato con la proposta di definizione anticipata.
A parte la giurisprudenza in quest’ultima richiamata, può qui farsi ulteriore riferimento al più risalente pronunciamento di Cass., Sez. Un., n. 14110/2006, secondo cui ‘ Ai fini del rispetto della condizione di procedibilità del ricorso per
cassazione, prevista dall’art. 369, secondo comma, n. 2 cod. proc. civ., è necessario il deposito, nel termine perentorio di venti giorni dall’ultima notificazione dell’atto, di una copia autentica della sentenza impugnata, contenente tutte le pagine che consentano di comprendere l’oggetto della controversia e le ragioni poste a fondamento della decisione, nonché di valutare la fondatezza o meno dei motivi di censura: è pertanto improcedibile il ricorso al quale sia stato allegato, in luogo della copia autentica della sentenza, un “estratto conforme” rilasciato dalla cancelleria “per uso ufficio”, nel quale compaia, oltre all’epigrafe ed all’indicazione dell’oggetto del giudizio, il solo dispositivo, senza che assuma alcun rilievo l’avvenuto deposito della sentenza da parte del controricorrente o l’esistenza della stessa nel fascicolo d’ufficio ‘ .
Né risulta accoglibile, del resto, l’istanza di rimessione in termini formulata dal ricorrente, atteso che la ragione di scusabilità prospettata (ossia, la circostanza che il file depositato fosse stato denominato -non è chiaro da chi -‘SENTENZA APPELLO’ ) è chiaramente insostenibile, essendo onere di diligenza minima del difensore verificarne comunque il contenuto. Sicché, non ricorrono gli estremi dell’essere la parte incorsa in decadenza per causa ad essa non imputabile, richiesti dal secondo comma dell ‘art. 153 c.p.c.
3.1 In definitiva, il ricorso è improcedibile. Nulla va disposto sulle spese di lite, non avendo l’intimato svolto difese. Ai sensi dell’art. 380 -bis c.p.c., dalla conformità della presente decisione rispetto a quanto prospettato alle parti in seno alla proposta di definizione accelerata del giudizio, deriva che il ricorrente va anche condannato ai sensi dell’art. 96, comma 4, c.p.c., come da dispositi vo
In relazione alla data di proposizione del ricorso (successiva al 30 gennaio 2013), può darsi atto dell’applicabilità dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
P. Q. M.
la Corte dichiara il ricorso improcedibile. Condanna il ricorrente al pagamento, in favore della Cassa delle ammende, della somma di € 2.000,00, ai sensi dell’art. 96, comm a 4, c.p.c.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , d.P.R. 30 maggio 2002, n.115, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, al competente ufficio di merito, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso nella camera di consiglio della Terza Sezione Civile, in data