Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 34231 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 34231 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 23/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 1346/2023 R.G. proposto da : COGNOME e COGNOME, elettivamente domiciliati in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME COGNOME (CODICE_FISCALE rappresentati e difesi dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrenti- contro
RAGIONE_SOCIALE rappresentata da RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME (CODICE_FISCALE, rappresentata e difesa dall’avvocato
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO GENOVA n. 1111/2022 depositata il 25/10/2022;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 19/11/2024 dal Consigliere NOME COGNOME:
Rilevato che:
Il Tribunale di Massa, sezione di Carrara, emetteva, a seguito di ricorso di MPS Crediti Banca S.p.A. – quale mandataria di Banca Monte dei Paschi di Siena S.p.A. -decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo nei confronti di NOME e NOME COGNOME per il pagamento di euro 1834,44 come scoperto di conto corrente e di euro 119.765,28 per contratto di finanziamento, oltre interessi e spese, in quanto fideiussori della pretesa debitrice principale RAGIONE_SOCIALE
I COGNOME si opponevano; si costituiva, insistendo nella pretesa, MPS.
Il Tribunale, con sentenza n. 618/2015, revocava il decreto e rigettava la domanda per difetto di legitimatio ad processum dell’opposta, compensando le spese processuali.
I COGNOME proponevano appello principale in relazione alla compensazione delle spese; Banca Monte dei Paschi di Siena proponeva appello incidentale per ottenere la conferma del decreto ingiuntivo.
La Corte d’appello di Genova, con sentenza n. 587/2018, dichiarava sussistente la legitimatio ad processum di Banca Monte dei Paschi di Siena, rigettava l’appello principale e, accogliendo parzialmente l’appello incidentale, condannava in solido i COGNOME a pagare la banca il residuo del finanziamento ricevuto, cioè euro
132.575,78 oltre interessi, e a rifonderle le spese di entrambi i gradi.
I COGNOME ricorrevano per cassazione; Cass. 4798/2020 cassava con rinvio la sentenza d’appello per avere condannato ad una somma superiore a quella chiesta – in totale era stata chiesta la somma di euro 121.559,72 -.
Riassumeva la causa RAGIONE_SOCIALE, in nome e per conto di RAGIONE_SOCIALE (cessionaria del credito), chiedendo la condanna dei COGNOME, in via solidale, a pagarle la somma di euro 119.765,28 per il finanziamento, oltre interessi moratori, e alla rifusione delle spese di lite.
Si costituivano i COGNOME, eccependo difetto di legitimatio ad causam di NOME, e per essa Siena NPL 2018, e chiedendo perciò che il giudizio di riassunzione fosse dichiarato inammissibile; in subordine, chiedeva che fosse effettuato il riesame come disposto dal giudice di legittimità.
La Corte d’appello di Genova, con sentenza n.1111/2022, rigettava l’eccezione di difetto di legittimazione ‘ad agire’ e, accogliendo la domanda, condannava in solido i COGNOME a pagare a controparte la somma di euro 119.765,28, oltre interessi; compensava le spese processuali di tutti i gradi.
I COGNOME hanno presentato ricorso, basato su un unico motivo; controparte si è difesa con controricorso, depositando anche memoria.
Considerato che:
Mediante l’unico motivo i ricorrenti lamentano violazione e falsa applicazione, ex articolo 360, primo comma, n.3 c.p.c., degli articoli 58 TUB, 1-4 l. 130/1999 in correlazione con gli articoli 24, primo comma, Cost., 110 e 111 c.p.c., 2697 c.c. nonché 1248, 1263, 1264, 1265 e 1406 c.c.
In primis , va rilevato che la parte controricorrente eccepisce notifica invalida del ricorso e sua improcedibilità perché, notificato il
24 dicembre 2022, sarebbe stato depositato oltre i 20 giorni previsti dall’articolo 369, primo comma, c.p.c. Ciò non corrisponde alla reale sequenza, in quanto il ricorso risulta depositato il 12 gennaio 2023.
3.1 Peraltro, il ricorso è palesemente inammissibile. A prescindere dalla sua natura spiccatamente fattuale -che già lo condurrebbe alla inammissibilità -va rilevato che, nella illustrazione del motivo (pagine 8-50), si presentano numerosi assemblaggi, per un totale di 29 pagine (pagine 12-16, 18-42, 44-45 e 47-48): il che inficia radicalmente l’atto.
Invero, pregiudiziale ad ogni profilo ulteriore è il rilievo che l’articolo 366, primo comma, c.p.c., nel testo qui applicabile ratione temporis , il cui rispetto è presidiato dalla inammissibilità, prevede al n.3 ‘ l’esposizione sommaria dei fatti della causa ‘. E detta norma ictu oculi risulta pertinente, id est applicabile anche al contenuto della illustrazione della censura di per sé -il ‘motivo’ -, in quanto non può certo un mero spostamento di siffatti blocchi di riproduzioni renderle ammissibili, mentre tali non sono giacché trasferiscono al giudicante la -fondamentale funzione del difensore di secernere quel che rileva nel caso introdotto, e quindi generano la carenza della specificità che deve costituire il nerbo del ricorso in ogni sua parte, così da tutelare realmente la chiarezza/celerità che costituisce un componente ineludibile della collettiva fruizione del servizio giustizia.
3.2 In ordine a un tale sistema di redazione del ricorso si sono pronunciate le Sezioni Unite con la sentenza 11 aprile 2012 n. 5698, dichiarando che per il requisito di cui all’articolo 366, primo comma, n.3 c.p.c. ” la pedissequa riproduzione dell’intero, letterale contenuto degli atti processuali è, per un verso, del tutto superflua, non essendo affatto richiesto che si dia meticoloso conto di tutti i momenti nei quali la vicenda processuale si è articolata; per altro verso, è inidonea a soddisfare la necessità della sintetica
esposizione dei fatti, in quanto equivale ad affidare alla Corte, dopo averla costretta a leggere tutto (anche quello di cui non occorre sia informata), la scelta di quanto effettivamente rileva in ordine ai motivi di ricorso “.
3.3 Su questa linea si è poi consolidata la giurisprudenza delle sezioni semplici nel senso dell ‘ inammissibilità quale conseguenza dell’assemblaggio, inteso come plurime trascrizioni di atti interi nel ricorso, che così non adempie al proprio onere espositivo in modo corretto, sciorinando invece al giudice di legittimità atti e documenti del giudizio di merito anziché debitamente richiamarli solo per la parte strettamente d’interesse a fondare le mosse censure (v. Cass. sez. L, 9 ottobre 2012 n. 17168; Cass. sez. 6-3, ord. 11 gennaio 2013 n. 593; Cass. sez. 6-5, ord. 2 maggio 2013 n. 10244; Cass. sez. 6-5, ord. 9 luglio 2013 n. 17002; Cass. sez. 6-5, ord. 22 novembre 2013 n. 26277; Cass. sez. 6-3, 22 febbraio 2016 n. 3385 -la quale correttamente precisa che il difetto del requisito dell’esposizione sommaria consistente nell’assemblaggio non può essere recuperato estrapolando dai motivi stessi quel che avrebbe dovuto essere il contenuto della esposizione sommaria-, Cass. sez. L, ord. 25 novembre 2020 n. 26837).
3.4 È insorto, tuttavia, pure un minoritario orientamento solo parzialmente conforme, che entro certi limiti applica un principio conservativo, tra l’altro valorizzando in senso sanatorio l’illustrazione dei motivi stessi (v. Cass. sez. 3, 28 giugno 2018 n. 17036, per cui per integrare il requisito dell’esposizione sommaria dei fatti di causa non occorre che tale esposizione sia una parte a sé stante del ricorso, essendo sufficiente che emerga ‘ in maniera chiara dal contesto dell’atto, attraverso lo svolgimento dei motivi ‘): interpretazione, quest’ultima, che trova peraltro barriera in S.U. 22 maggio 2014 n. 11308 -‘ Il ricorso per cassazione in cui manchi completamente l’esposizione dei fatti di causa e del contenuto del provvedimento impugnato è inammissibile; tale mancanza non può
essere superata attraverso l’esame delle censure in cui si articola il ricorso, non essendone garantita l’esatta comprensione in assenza di riferimenti alla motivazione del provvedimento censurato, né attraverso l’esame di altri atti processuali, ostandovi il principio di autonomia del ricorso per cassazione .’ – e nei seguenti conformi arresti – tra i massimati: Cass. sez. 2, 24 aprile 2018 n. 10072, Cass. sez. 6-2, ord. 12 marzo 2020 n. 7025, Cass. sez. 1, ord. 1 marzo 2022 n. 6611 e Cass. sez. 1, ord. 30 novembre 2023 n. 33353 -.
3.5 Invero, la lettura che, si ripete, trova sostegno nell’interpretazione delle Sezioni Unite , è pienamente condivisibile, in quanto non è compito del giudice “correggere” la conformazione inammissibile degli atti -ovvero, nella fattispecie, ricondurre ad un artificioso e non reale tamquam non essent le trascrizioni integrali dandole per espunte-, per cui le trascrizioni devono essere tenute in conto come presenti nel ricorso e non possono pertanto renderlo compatibile con la funzionale concisione sottesa al requisito di cui all’articolo 366, primo comma n. 3, c.p.c.
In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna -per il comune interesse processuale -dei ricorrenti al pagamento, in solido, delle spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna i ricorrenti al pagamento, in solido, delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi euro 3.900,00, di cui euro 3.700,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge, in favore della controricorrente.
Ai sensi dell’articolo 13, comma 1 quater, d.p.r. 115/2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari
a quello per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma il 19 novembre 2024