Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 26189 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 26189 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 25/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso 26641-2021 proposto da:
COGNOME NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 185/2021 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 23/08/2021 R.G.N. 630/2014; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 03/07/2025 dal Consigliere Dott. NOMECOGNOME
Oggetto
Agenzia
R.G.N.26641/2021
COGNOME
Rep.
Ud 03/07/2025
CC
RILEVATO CHE
la Corte di Appello di Venezia, con la sentenza impugnata, in parziale riforma della pronuncia di primo grado intervenuta nella controversia tra la Società Cattolica di RAGIONE_SOCIALE e l’agente NOME COGNOME ha -per quanto qui ancora rilevi -respinto il motivo di gravame di questi volto ad ottenere le ‘indennità ex art. 20 (provvigioni spettanti all’agente dopo lo scioglimento del contratto di agenzia)’ ed accolto quello proposto dalla società mandante relativo alla quantificazione della ‘indennità ex art. 25 ANA’, ridotta dalla Corte nella misura di euro 17.222,33, minore rispetto a quella riconosciuta in primo grado e pari ad euro 68.641,49;
la Corte, in estrema sintesi, ha negato fosse dovuta l’indennità ex art. 20 ANA osservando che ‘la posta era stata del tutto genericamente indicata a pagg. 41 e 44 della memoria di costituzione con domanda riconvenzionale d.d. 23.02.2010 senza alcuna spec ificazione’ e che ‘di fronte a tale del tutto generica allegazione, da un lato, non sussisteva onere alcuno a carico di controparte di contestazione e, dall’altro, l’assoluta genericità della domanda inziale trova conferma nella circostanza di non aver i nsistito l’ex agente in note autorizzate conclusionali nella pretesa’;
la sentenza gravata, poi, quanto all’indennità ex art. 25 ANA, ha argomentato: ;
per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso il COGNOME con due motivi; ha resistito con controricorso l’intimata società, illustrato anche da memoria; all’esito della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il
deposito dell’ordinanza nel termine di sessanta giorni;
CONSIDERATO CHE
i motivi di ricorso possono essere come di seguito sintetizzati; 1.1. il primo deduce ‘l’ error in iudicando in relazione al punto 7.2 della motivazione -violazione ed erronea interpretazione in relazione all’art. 360 c.p.c. per violazione o falsa applicazione di norme di diritto e dei contratti e accordi collettivi nazionali di
lavoro’; si critica ‘l’opinione espressa dalla Corte di Appello circa la genericità della domanda posta dal COGNOME a sostegno di ottenere ( ndr. così nel testo ) le indennità di cui all’art. 20 accordo ANA’;
1.2. il secondo motivo denuncia: ‘ error in iudicando in relazione al decisum sulla domanda di appello di Cattolica riportato al punto 8.2 nella parte di essa sentenza e di esso capoverso’, criticando la Corte territoriale per aver ridotto l’importo delle somme dovute a titolo di indennità ex art. 25 ANA;
il ricorso presenta plurimi e concorrenti profili di palese inammissibilità in entrambi i motivi;
2.1. innanzitutto, pur denunciando pretesi errores in iudicando ai sensi dell’art. 360, n. 3, c.p.c., chi ricorre neanche indica le norme di diritto che sarebbero state violate dalla Corte territoriale, in chiara inosservanza del canone di specificità; invero il ricorso per cassazione, in quanto ha ad oggetto censure espressamente e tassativamente previste dall’art. 360 c.p.c., deve essere articolato in specifici motivi riconducibili in maniera di impugnazione stabilite dalla citata disposizione (tra le tante v.
chiara ed inequivocabile ad una delle cinque ragioni Cass. n. 9228 del 2016);
il rispetto del principio di specificità dei motivi del ricorso per cassazione – da intendere alla luce del canone generale “della strumentalità delle forme processuali” – comporta, fra l’altro, l’esposizione di argomentazioni chiare ed esaurienti, illustrative delle dedotte inosservanze di norme o principi di diritto, che precisino come abbia avuto luogo la violazione ascritta alla pronuncia di merito (Cass. n. 23675 del 2013), in quanto è solo la esposizione delle ragioni di diritto della impugnazione che chiarisce e qualifica, sotto il profilo giuridico, il contenuto della censura (Cass. n. 25044 del 2013; Cass. n. 17739 del 2011;
Cass. n. 7891 del 2007; Cass. n. 7882 del 2006; Cass. n. 3941 del 2002);
2.2. in secondo luogo, anche laddove si lamenta la violazione o falsa applicazione di norme di contratti e accordi collettivi di lavoro, non vengono riportati adeguatamente i contenuti delle disposizioni dell’accordo economico collettivo che si assumono violate ( ex multis : Cass. n. 25728 del 2013; Cass. n. 13587 del 2010) né si specifica se il contratto collettivo nazionale sia stato prodotto integralmente (cfr. Cass. SS.UU. n. 20075 del 2010) e l’avvenuta sua produzione e la sede in cui quel documento sia rinvenibile (Cass. SS.UU. n. 25038 del 2013; Cass., SS. UU. n. 7161 del 2010; conformi: Cass. nn. 17602 del 2011 e n. 124 del 2013);
2.3. infine, vengono prospettati come errores in iudicando presunti vizi della sentenza gravata che si traducono in errori di attività del giudice (quali l’interpretazione della domanda e la corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato) che avrebbero dovuto essere denunciati nelle forme e con le modalità degli errores in procedendo , ai sensi del n. 4 dell’art. 360 c.p.c.;
pertanto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile; le spese seguono la soccombenza liquidate come da dispositivo; ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, occorre altresì dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13 (cfr. Cass. SS.UU. n. 4315 del 2020).
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese liquidate in euro 6.000,00, oltre euro 200 per esborsi, accessori secondo legge e rimborso spese generali al 15%.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nell’adunanza camerale del 3 luglio 2025.
La Presidente
Dott.ssa NOME COGNOME