Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 15760 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 15760 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 12/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso 27653-2020 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE SOCIO UNICO IN RAGIONE_SOCIALE, in persona del Liquidatore pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
COGNOME NOMECOGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 525/2020 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO, depositata il 16/06/2020 R.G.N. 571/2017; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 25/03/2025 dal Consigliere Dott. COGNOME
Oggetto
Lavoro privato
-differenze retributive
R.G.N. 27653/2020
COGNOME
Rep.
Ud. 25/03/2025
CC
RILEVATO CHE
la Corte d’Appello di Catanzaro, in parziale riforma di sentenza del Tribunale della stessa sede, svolta CTU contabile, ha condannato la società RAGIONE_SOCIALE al pagamento in favore dell’ex-dipendente NOME COGNOME dell’ulteriore somma di € 21.280,65 (per differenze per ratei di tredicesima mensilità, ROL, festività, indennità per ferie non godute, indennità sostitutiva del preavviso), oltre accessori, in aggiunta alla somma di € 33.073,49 per retribuzioni non pagate e TFR già riconosciuta dal Tribunale, che aveva in tale misura ridotto l’originaria somma di € 56.533,92 ingiunta a seguito di procedura monitoria, previa revoca del decreto ingiuntivo n. 201/2016;
per la cassazione della sentenza d’appello ricorre la società con 4 motivi, illustrati da memoria; resiste il lavoratore con controricorso; al termine della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza;
CONSIDERATO CHE
con il primo motivo, parte ricorrente deduce (art. 360, n. 3, e n. 5, c.p.c.) violazione degli artt. 633, 634, 638, 640 c.p.c. in combinato disposto con gli artt. 2712 -2719 c.c. e 214 e 216 c.p.c. in combinato disposto con l’art. 2697 c.c., sostiene che il ricorso monitorio del lavoratore era inidoneo a individuare le singole componenti della pretesa creditoria;
il motivo è inammissibile per difetto di interesse ad agire, atteso che il decreto ingiuntivo è stato revocato dalla sentenza di primo grado;
con il secondo motivo, deduce (art. 360, n. 3, e n. 5, c.p.c.) violazione degli artt. 645, 342 e 437, comma 2, c.p.c.;
sostiene che la Corte territoriale ha errato nel ritenere che il datore di lavoro non avesse contestato specificatamente quanto dedotto e allegato dal lavoratore;
4. il motivo è inammissibile;
5. questa Corte ha chiarito (Cass. n. 15058/2024) che, ai fini del rispetto del principio di autosufficienza, il ricorso per cassazione con cui viene dedotta la violazione del principio di non contestazione deve indicare sia la sede processuale in cui sono state dedotte le tesi ribadite o lamentate come disattese, inserendo nell’atto la trascrizione dei relativi passaggi argomentativi, sia, specificamente, il contenuto della comparsa di risposta avversaria e degli ulteriori scritti difensivi, in modo da consentire alla Corte di valutare la sussistenza dei presupposti per la corretta applicazione dell’art. 115 c.p.c. ;
6. con il terzo motivo, deduce (art. 360, n. 5, c.p.c.) violazione degli artt. 2712-2719 c.c., 115 e 416 c.p.c., 2697 c.c., 2935, 2946, 2948, 2955, 2956), sostenendo travisamento dei fatti e inversione dell’onere probatorio;
7. il motivo è inammissibile;
8. esso si risolve nella richiesta di rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito, così da realizzare una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito, terzo grado di merito nel quale ridiscutere gli esiti istruttori espressi nella decisione impugnata, non condivisi, al fine di un loro riesame (v. Cass. n. 8758/2017, n. 29404/2017, n. 18721/2018, n. 20814/2018, n. 1229/2019, S.U. n. 34476/2019, n. 15568/2020, S.U. n. 20867/2020, n. 5987/2021, n. 20553/2021, n. 6774/2022, n. 36349/2023);
9. non si riscontra violazione dell’art. 2697 c.c., deducibile per cassazione soltanto nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che
ne sia onerata, secondo le regole di scomposizione delle fattispecie basate sulla differenza tra fatti costitutivi ed eccezioni; né è integrata la violazione dell’art. 115 c.p.c., per cui occorre denunciare che il giudice, in contraddizione espressa o implicita con la prescrizione della norma, abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli, mentre è inammissibile la doglianza che il giudice di merito, nel valutare le prove proposte dalle parti, abbia attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività valutativa consentita dall’art. 116 c.p.c.; nella specie la domanda è stata accolta, in particolare, nei limiti ritenuti provati da buste paga e CTU contabile;
10. con il quarto motivo, parte ricorrente deduce (art. 360, n. 3, c.p.c.) violazione degli artt. 91 ss. c.p.c.; sostiene che la Corte d’Appello avrebbe dovuto compensare le spese processuali in applicazione del criterio di soccombenza rispetto ai precedenti gradi di giudizio;
11. il motivo è inammissibile;
12. il sindacato di questa Corte sulle spese di lite dei gradi di merito è limitato al controllo del rispetto del divieto di porre le spese a carico della parte integralmente vittoriosa e del fatto che le spese liquidate non fuoriescano dai limiti minimi e massimi della tariffa professionale, profili qui insussistenti (Cass. n. 19613/2017, n. 11329/2019);
13. l e spese di lite del presente giudizio, liquidate come da dispositivo, da distrarsi in favore del difensore di parte controricorrente dichiaratosi antistatario, seguono la soccombenza, mentre non si ravvisano i presupposti di mala fede o colpa grave per la condanna di parte ricorrente per responsabilità aggravata ai sensi dell’art. 96 c.p.c.;
14. a lla declaratoria di inammissibilità dell’impugnazione consegue il raddoppio del contributo unificato, ove dovuto nella ricorrenza dei presupposti processuali;
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del presente giudizio, che liquida in € 5.000 per compensi, € 200 per esborsi, spese generali al 15%, accessori di legge, da distrarsi.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.p.r. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nell’Adunanza camerale del 25 marzo