Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 25302 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 25302 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 16/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 16785/2022 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa, giusta procura in calce al ricorso, dall’avv. NOME COGNOME elettivamente domiciliata presso lo studio dell’avv. NOME COGNOME con domicilio digitale come per legge
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa, giusta procura in calce al controricorso, dall’avv. NOME COGNOME elettivamente domiciliata presso lo studio dell’avv. NOME COGNOME domicilio digitale come per legge
avverso la sentenza della Corte d’ appello di Milano n. 3678/2021, pubblicata in data 21 dicembre 2021; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 14
aprile 2025 dal Consigliere dott.ssa NOME COGNOME
Fatti di causa
RAGIONE_SOCIALE propone, sulla base di due motivi, ricorso per cassazione, nei confronti di RAGIONE_SOCIALE per la cassazione della sentenza della Corte d’appello di Milano n. 3678 del 2021, pubblicata il 21 dicembre 2021, con cui è stato rigettato il gravame dalla stessa proposto.
RAGIONE_SOCIALE resiste mediante controricorso.
Riferisce la ricorrente, in punto di fatto, che:
il giudizio trae origine da una richiesta di risarcimento danni, dapprima stragiudiziale e successivamente sfociata in un giudizio introdotto dinanzi al Tribunale di Milano, avanzata da RAGIONE_SOCIALE nei confronti della RAGIONE_SOCIALE;
in data 20 novembre 2015 RAGIONE_SOCIALE aveva operato, in suo favore, una cessione di credito, comprensiva anche del credito litigioso, con atto rimesso alla RAGIONE_SOCIALE tramite raccomandata che era pervenuta alla destinataria in data 25 novembre 2015; con la precisazione che la cessione di tutti i crediti si era perfezionata in data 9 giugno 2015;
il Tribunale di Milano, con sentenza n. 6753/2019, aveva rigettato la domanda da essa proposta, rilevando il difetto di legittima zione attiva per ‘mancanza d i prova idonea della cessione del credito litigioso’ ;
l a Corte d’appello di Milano, investita del gravame da essa proposto, aveva respinto l’appello , qualificando il credito come credito futuro e quindi non cedibile con le modalità utilizzate.
Il ricorso è stato avviato per la trattazione in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380 -bis .1. cod. proc civ., in prossimità della quale la società controricorrente ha depositato memoria illustrativa.
Ragioni della decisione
Con il primo motivo la ricorrente denunzia ‹‹ violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c. con riferimento alla prova di cessione del credito e alla esistenza della cessione del credito tra la RAGIONE_SOCIALE (cedente) e la RAGIONE_SOCIALE (cessionaria) ›› .
Sostiene che la Corte d’appello non avrebbe fatto corretta applicazione delle norme che regolano la cessione del credito e, precisamente, degli artt. 1264, 1265 e 2914 cod. civ.; in particolare, non avrebbe considerato due principi: quello secondo cui la cessione ‘notificata’ ha il solo valore di rendere opponibile al debitore ceduto il pagamento e quindi di consentire la liberazione di quest’ultimo anche nei confronti del cessionario e, l’altro , secondo cui la ‘notifica’ , così come prevista dall’art. 1264 cod. civ. , si perfeziona anche solo tramite l’invio di raccomandata e non soltanto se effettuata con le formalità proprie di cui agli artt. 138 e ss. cod. proc. civ.; facendo applicazione di tali principi, prosegue la ricorrente, la Corte territoriale avrebbe dovuto ritenere valida la cessione del credito per effetto del solo consenso espresso anche i n epoca antecedente all’inoltro della raccomandata al debitore ceduto.
Aggiunge che la sentenza è censurabile anche ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., per avere omesso qualsiasi valutazione in ordine ai motivi di appello, che muovevano dalla
erroneità della sentenza di primo grado, che l’ aveva ritenuta carente di legittimazione attiva per invalidità o inefficacia della cessione del credito come operata da RAGIONE_SOCIALE
Con il secondo motivo -rubricato: errata valutazione delle norme di diritto ai sensi dell’art. 360 n. 3 e n. 5 c.p.c. con riferimento alla azione di accertamento del credito ceduto da parte del cessionario -la ricorrente, nel rilevare che i giudici d’appello qualificano la cessione come cessione di un credito futuro, lamenta che la ricostruzione operata dalla sentenza sarebbe errata, in quanto è ammissibile non solo la cessione di un credito futuro, ma anche quella avente ad oggetto un credito ‘semplicemente sperato’, ossia meramente eventuale; e che, in ogni caso, seppure si volesse ritenere che si verte in materia di crediti futuri e non cedibili fino alla loro maturazione, non potrebbe comunque che rilevarsi ‘ la validità del negozio stesso in quanto non inficiato negli effetti dalla maturazione futura del diritto’.
Il ricorso è inammissibile.
3.1. Invero, nella parte introduttiva dell’atto, a pag. 2 del ricorso, RAGIONE_SOCIALE dedica alla esposizione dei fatti poche righe, dalle quali nulla si evince in merito allo svolgimento del giudizio ed alla causa petendi ed al petitum , prima di addentrarsi nell’esame del primo motivo di ricorso, di cui viene riportata la rubrica nella stessa pagina di ricorso.
Non è, pertanto, rispettata la prescrizione del n. 3 del primo comma dell’art. 366 cod. proc civ., che esige che nel ricorso si dia conto delle vicende processuali, con indicazione sufficientemente chiara del contenuto degli atti con cui le parti contrapposte hanno formulato causa petendi e petitum e, comunque, delle rispettive posizioni processuali, nonché degli argomenti dei giudici dei singoli gradi, non potendo tutto questo ricavarsi da una opera di
estrapolazione di tali elementi dalla esposizione dei singoli motivi, perché tanto equivarrebbe a devolvere a questa Corte una attività di individuazione della materia del contendere, che è riservata invece al ricorrente.
Del resto, i motivi di ricorso, che si articolano in una commistione di elementi di fatto e richiami a precedenti giurisprudenziali, senza specificare puntualmente le ragioni della decisione di primo grado ed i motivi di appello, non possono colmare tale lacuna, sicché, per come formulato, il ricorso viola il requisito di specificità e completezza ed impone un inevitabile intervento integrativo da parte di questa Corte, che dovrebbe giungere ad enucleare, sulla base della illustrazione dei motivi, le questioni rilevanti prospettate dalle parti e gli specifici vizi prospettabili.
3.2. Non può che ribadirsi anche in questa sede che la prescrizione imposta dal citato n. 3 dell’art. 366 cod. proc. civ. risponde non ad un’esigenza di mero formalismo, ma a quella di consentire una conoscenza chiara e completa dei fatti di causa, sostanziali e/o processuali, che permetta di bene intendere il significato e la portata delle censure rivolte al provvedimento impugnato (Cass., sez. U, 20/02/2003, n. 2602; Cass., sez. 3, 03/11/2021, n. 31318; Cass., sez. 3, 19/10/2021, n. 28929; Cass., sez. 3, 08/08/2023, n. 24149).
La legittimità di tale requisito di accesso al giudizio di legittimità non può essere messa in dubbio in relazione al diritto di difesa delle parti, o a quello al giusto processo, tutelati dagli artt. 24 e 111 Cost., ovvero dall’art. 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’Uomo e delle libertà fondamentali (firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata -in uno al protocollo aggiuntivo firmato a Parigi il 20 marzo 1952 -con legge 4 agosto 1955, n. 848, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 221 del 24 settembre 1955 ed
entrata in vigore il 10 ottobre 1955). Sotto questo profilo, in particolare, giova ribadire che il requisito di contenuto-forma in questione è imposto in modo chiaro e prevedibile, non è eccessivo per il ricorrente e risulta funzionale al ruolo nomofilattico della Suprema Corte e segnatamente all’esigenza di «consentire alla Corte di cassazione di conoscere dall’atto, senza attingerli aliunde , gli elementi indispensabili per una precisa cognizione dell’origine e dell’oggetto della controversia, dello svolgimento del processo e delle posizioni in esso assunte dalle parti» (Cass., sez. U, 10/09/2019, n. 22575; Cass., sez. U, 16/05/2013, n. 11826; Cass., sez. 3, 12/01/2024, n. 1352).
3.3. In tale contesto, non apporta significative novità la Corte EDU con la pronuncia del 28 ottobre 2021, Succi c. Italia, che ha escluso la violazione della norma convenzionale (art. 6 sopra citato) in un caso contestualmente esaminato in cui veniva in considerazione proprio il requisito dell’art. 366 n. 3 cod. proc. civ. (ritenuto in quel caso non rispettato dalla S.C. per l’utilizzo della tecnica redazionale del c.d. assemblaggio), osservando in particolare che: -l’interpretazione data all’esposizione sommaria dei fatti è compatibile con l’applicazione del principio dell’autosufficienza del ricorso che esige che la Corte di cassazione, ad una lettura globale del ricorso, sia in grado di comprendere l’oggetto della controversia, nonché il contenuto delle censure che dovrebbero giustificare l’annullamento della decisione impugnata e sia in grado di pronunciarsi; -la giurisprudenza della Corte di cassazione prevede procedure chiare e definite (si vedano i paragrafi 17 e 30) per la redazione dell’esposizione dei fatti rilevanti; -la procedura davanti alla Corte di cassazione prevede l’assistenza obbligatoria di un avvocato che deve essere iscritto in un albo speciale, sulla base di determinate qualifiche, per garantire la qualità del ricorso e il rispetto di tutte le
condizioni formali e sostanziali richieste; l’avvocato era quindi in grado di sapere quali fossero i suoi obblighi al riguardo, sulla base del testo dell’art. 366 cod. proc. civ. e con l’aiuto dell’interpretazione della Corte di cassazione, definita «sufficientemente chiara e coerente».
Il ricorso è, dunque, inammissibile.
Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 3.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi, liquidati in euro 200,00, ed agli ulteriori accessori di legge.
Ai sensi dell ‘ art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall ‘ art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, al competente ufficio di merito dell ‘ ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione Civile, in data 14 aprile 2025
IL PRESIDENTE
NOME COGNOME