Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 22143 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 22143 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 06/08/2024
ORDINANZA
sul ricorso R.G.N. 14255/2022
promosso da
COGNOME NOME , avvocato, in proprio, elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO, presso RAGIONE_SOCIALE;
– ricorrente –
contro
COGNOME NOME e RAGIONE_SOCIALE ;
– intimati – avverso la sentenza n. 1692/2021 della Corte d’Appello d i Salerno, pubblicata il 01/12/2021;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 07/03/2024 dal Consigliere NOME COGNOME;
letti gli atti del procedimento in epigrafe.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il Tribunale di Salerno, con ordinanza del 30/01/2019, pronunciando sui giudizi riuniti R.G. n. 579/2012, n. 960/2012 e 961/2012, all’esito del giudizio sommario di cognizione ex art. 14 d.lgs. n. 150 del 2011, accoglieva le opposizioni ai decreti ingiuntivi emessi
per prestazioni professionali di avvocato su ricorso dell’AVV_NOTAIO , condannando l’opposto al pagamento delle spese processuali.
Proposto gravame da quest’ultimo, la Corte d’appello di Salerno dichiarava inammissibile l’impugnazione e, respingendo la richiesta di condanna dell’appellante ex art. 96 c.p.c., poneva a carico di quest’ultimo le spese di lite .
Avverso tale statuizione ha proposto ricorso per cassazione COGNOME NOME, affidato a tre motivi di ricorso.
Gli intimati non si sono difesi con controricorso.
Il ricorrente ha depositato memoria difensiva.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo di ricorso è dedott o l’omesso esame di fatti decisivi del giudizio, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. , dati dal confronto tra la parziale convenzione di arbitrato irrituale stipulata dal ricorrente con NOME COGNOME per RAGIONE_SOCIALE nel 2004, successivamente integrata con le dichiarazioni aggiuntive del 2007, ed il negozio giuridico stipulato mediante scrittura privata della nuova liquidatrice COGNOME NOME del 04/10/2010.
Secondo il ricorrente, visionata la documentazione prodotta, il Tribunale avrebbe dovuto procedere con rito ordinario per accertare la validità o meno della convenzione di arbitrato irrituale e delle rispettive scritture integrative, in relazione alla scrittura privata con promessa di pagamento del 04/10/2010, proseguendo, poi, il giudizio con il rito sommario speciale, impropriamente scelto dagli opponenti (p. 7 del ricorso per cassazione), adeguandosi alla sentenza delle Sezioni Unite di questa Corte n. 4485/2018, richiamata dal Tribunale ma, in concreto, non applicata.
Con il secondo motivo di ricorso è dedotta la violazione dell’art. 324 c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. in ragione dell’esistenza del giudicato esterno dato dalla sentenza n. 2133/ 2020,
pronunciata dalla Corte d’appello di Napoli tra COGNOME NOME e COGNOME RAGIONE_SOCIALE NOME, appellanti, e COGNOME NOME, appellato, avente ad oggetto l’ opposizione a decreto ingiuntivo per crediti professionali di avvocato, che la Corte di cassazione è tenuta a rilevare anche d’ufficio , non solo qualora emerga dagli atti di causa ma anche nell’ipotesi in cui il giudicato si sia formato successivamente alla pronuncia della sentenza impugnata.
Con il terzo motivo di ricorso è dedotta l’erronea decisione in ordi ne alle spese di lite e al versamento dell’ ulteriore contributo.
Il ricorso è inammissibile per plurime ragioni.
In primo luogo deve rilevarsi che parte ricorrente, in violazione del disposto dell’art. 366, comma 1, n. 3, c.p.c. (nel testo previgente alle modifiche apportate dal d.lgs. n. 149 del 2022, applicabile ratione temporis ), non ha operato una comprensibile esposizione dei fatti di causa, in grado di rappresentare al giudice di legittimità la materia del contendere, così come si è sviluppata nei precedenti gradi di giudizio, mediante una ordinata ricostruzione delle rispettive allegazioni e difese delle parti in relazione all’oggetto del giudizio , alla domande formulate e ai motivi di appello, che non sono stati neppure descritti.
3.1. Tale esposizione, anche solo sommaria, è necessaria, sia pure in base ad una lettura funzionale (e non meramente formalistica) della norma, nella misura in cui consente al giudice di legittimità di valutare l’ammissibilità e la fondatezza d i motivi di ricorso per cassazione, il cui giudizio deve poter essere compiuto, secondo il principio di autosufficienza, in base alla sola le ttura dell’atto con cui è proposta l’impugnazione .
Le sezioni Unite di questa Corte hanno, in particolare, evidenziato che il ricorso per cassazione deve essere redatto in conformità ai principi di chiarezza e sinteticità espositiva, occorrendo che il ricorrente selezioni i profili di fatto e di diritto della vicenda sub iudice posti a
fondamento delle doglianze proposte, in modo da offrire al giudice di legittimità una concisa rappresentazione dell’intera vicenda giudiziaria e delle questioni giuridiche prospettate e non risolte o risolte in maniera non condivisa, per poi esporre le ragioni delle critiche nell’ambito della tipologia dei vizi elencata dall’art. 360 c.p.c., precisando che l’inosservanza di tali doveri può condurre ad una declaratoria di inammissibilità dell’impugnazione quando si risolva in una esposizione oscura o lacunosa dei fatti di causa o pregiudichi l’intelligibilità delle censure mosse alla sentenza gravata, così violando i requisiti di contenuto-forma stabiliti dai nn. 3 e 4 dell’art. 366 c.p.c. (Cass., Sez. U, Ordinanza n. 37552 del 30/11/2021 e, da ultimo, Cass., Sez. 3, Sentenza n. 4300 del 13/02/2023).
3.2. Nella specie, parte ricorrente ha proposto un ricorso in cui ha esposto le proprie ragioni, mescolando riferimenti fattuali ad argomenti in diritto, senza operare una ricostruzione della vicenda in fatto interessata dal giudizio e senza una rappresentazione del l’ andamento del processo nelle precedenti fasi, secondo le indicazioni sopra riportate, ma dando per presupposte le questioni e gli argomenti in concreto e nello specifico verosimilmente affrontati nei precedenti gradi di giudizio, con la conseguenza che il giudice di legittimità non è stato messo in condizione di comprendere la vicenda sostanziale e processuale ad esso sottoposta, se non per meri accenni e riferimenti critici, incomprensibili in assenza dell’esposizione della effettiva materia del contendere oggetto del primo grado di giudizio e, tramite i motivi di appello, al giudice del gravame, per poi pervenire al giudice di legittimità.
Il primo motivo di ricorso risulta comunque inammissibile.
4.1. Con la censura, il ricorrente ha prospettato l’omesso esame di fatti decisivi per il giudizio ove , in accoglimento dell’eccezione sollevata
dagli appellati, la Corte d’appello ha dichiarato l’inammissibilità dell’ impugnazione.
La Corte di merito ha, in particolare, affermato che, secondo l’art. 14 d.lgs. n. 150 del 2011 (disciplina delle controversie in materia di liquidazione degli onorari e dei diritti di avvocato), l’ordinanza che definisce il giudizio non è appellabile (ma è ricorribile per cassazione) anche quando la controversia riguardi non solo il quantum ma anche l’ an della pretesa, spiegando di non poter condividere l’opinione dell’appellate, secondo il quale l’appello doveva ritenersi ammissibile in base al principio dell’apparenza, poiché il giudice di primo grado aveva seguito il rito speciale di cui all’art. 14 d.lgs. cit. , sicché, proprio in base al principio dell’apparenza, l’unico mezzo d’impugnazione esperibile era il ricorso per cassazione.
Secondo il ricorrente, il giudice di primo grado, investito dell’opposizione ex art. 14 d.lgs. n. 150 del 2011, tenuto conto della materia del contendere, avrebbe dovuto procedere alla separazione delle domande, trattando con il rito ordinario la controversia relativa alle contestazioni sulla validità o meno della convenzione di arbitrato irrituale e delle rispettive scritture integrative e con il rito speciale di cui all’art. 14 d.lgs. cit. la controversia relativa alla quantificazione del compenso richiesto in via monitoria dal professionista, nell’asserita applicazione del principio affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza n. 4485 del 2018.
4.2. Com ‘è noto, la nuova formulazione dell’art. 360 c.p.c. consente l’impugnazione ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. «per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti».
La norma si riferisce al mancato esame di un fatto decisivo, che è stato offerto al contraddittorio delle parti, da intendersi come un vero e proprio fatto storico, come un accadimento naturalistico.
Costituisce, pertanto, un fatto ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., non una questione o un punto controverso, ma un vero e proprio evento, un dato materiale, un episodio fenomenico rilevante (Cass., Sez. 6-1, Ordinanza n. 2268 del 26/01/2022; Cass., Sez. 6-1, Ordinanza n. 22397 del 06/09/2019; Cass., Sez. 5, Ordinanza n. 24035 del 03/10/2018; v. anche Cass., Sez. 2, Ordinanza n. 13024 del 26/04/2022).
Non integrano, dunque, fatti il cui omesso esame possa cagionare il vizio ex art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. le mere argomentazioni o le deduzioni difensive (Cass., Sez. 6-1, Ordinanza n. 2268 del 26/01/2022; Cass., Sez. 6-1, Ordinanza n. 22397 del 06/09/2019; Cass., Sez. 2, Sentenza n. 14802 del 14/06/2017), né i singoli elementi di un accadimento complesso, comunque apprezzato, o le mere ipotesi alternative, e neppure le singole risultanze istruttorie, qualora il fatto storico rilevante sia, comunque, stato preso in considerazione (Cass., Sez. 2, Ordinanza n. 27415 del 29/10/2018).
È pertanto evidente che la censura nella specie formulata è del tutto estranea al vizio prospettato, essendo la critica rivolta alla valutazione degli atti di causa, così come operata dal giudice di appello, che non è stata omessa, ma effettuata anche se in modo non condiviso dalla parte.
4.3. Per completezza, deve, comunque, rilevarsi che il ricorrente non ha neppure dedotto di avere prospettato al giudice di appello, quale motivo di impugnazione della prima decisione, la mancata separazione della domanda sulla validità della convenzione di arbitrato irrituale nei termini sopra indicati, sicché il motivo si presenta inammissibile anche sotto questo profilo, dal momento che non contiene allegazioni che dimostrino essere stata la questione così come prospettata un sede di legittimità già sottoposta al vaglio del giudice dell’appello .
Come più volte evidenziato da questa Corte, ove una determinata questione giuridica – che implichi accertamenti in fatto – non risulti trattata in alcun modo nella sentenza impugnata, il ricorrente che proponga detta questione in sede di legittimità ha l’onere, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità per novità della censura, non solo di allegarne l’avvenuta deduzione innanzi al giudice di merito, ma anche di indicare in quale atto del giudizio precedente vi abbia provveduto, onde dare modo alla Corte di cassazione di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione prima di esaminare nel merito la questione stessa (Cass., Sez. 2, Ordinanza n. 2038 del 24/01/2019; Cass., Cass., Sez. 6-1, Ordinanza n. 15430 del 13/06/2018).
Anche il secondo motivo di ricorso è inammissibile per difetto di specificità ex art. 366, comma 2, n. 4, c.p.c.
Come sopra anticipato, il ricorrente ha dedotto che, nel corso del giudizio di appello è intervenuto un giudicato esterno (sentenza della Corte d’appello di Napoli n. 2133/2020, decisa il 21/05/2020, non impugnata), tra le stesse parti avente, ad oggetto crediti professionali di avvocato, che la Corte di cassazione è tenuta a rilevare anche d’ufficio, non solo qualora emerga dagli atti di causa , ma anche nell’ipotesi in cui il giudicato si sia formato successivamente alla pronuncia della sentenza impugnata.
Nel caso di specie, tuttavia, la parte non ha spiegato le ragioni della identità – oltre che per soggetti, anche per oggetto e titolo costitutivo – tra le domande definite da lla Corte d’appello di Napoli e quelle oggetto del presente giudizio, non essendo sufficiente per configurare le preclusioni derivanti dal giudicato l ‘intervenuta definizione da parte di un altro giudice di analoghe questioni o di controversie in qualche modo correlate. Inoltre, il ricorrente non ha dedotto che la pronuncia della Corte partenopea risultasse dagli atti di causa del giudizio di appello e neppure ha fornito elementi per ritenere che detta pronuncia fosse
passata in giudicato dopo la sentenza di appello in questa sede impugnata ( la decisione della Corte d’appello di Napoli risulta , anzi, deliberata il 21/05/2020 e pubblicata il 15/06/2020 e la sentenza in questa sede impugnata risulta deliberata il 21/07/2021 e pubblicata il 01712/2021).
Il motivo si presenta, dunque, estremamente generico e privo degli elementi necessari per superare il vaglio di ammissibilità.
È inammissibile, infine, il terzo motivo di ricorso.
Com’è noto, l a liquidazione delle spese processuali rientra nei poteri discrezionali del giudice del merito, potendo essere denunziate in sede di legittimità solo violazioni del criterio della soccombenza o liquidazioni che non rispettino le tariffe professionali (Cass., Sez. 1, Sentenza n. 14542 del 04/07/2011).
Nella specie non sono state formulate tali censure, essendo solo prospettata l’erroneità della statuizione sulla base di valutazioni non specificamente illustrate e comunque riservate al giudice di merito.
In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
Nessuna statuizione sulle spese deve essere adottata, non essendosi gli intimati costituiti con controricorso.
In applicazione dell’art. 13, comma 1 quater , d.P.R. n. 115 del 2002, si deve dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello richiesto per l’impugnazione proposta, se dovuto.
P.Q.M.
la Corte
dichiara inammissibile il ricorso;
dà atto, in applicazione dell’art. 13, comma 1 quater , d.P.R. n. 115 del 2002, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo
unificato, pari a quello richiesto per l’impugnazione proposta, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Prima Sezione civile