Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 13000 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 13000 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 13/05/2024
RISARCIMENTO DANNI ROVINA DI EDIFICIO
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 32322/2020 R.G. proposto da
RAGIONE_SOCIALE , in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso da ll’AVV_NOTAIO e da ll’AVV_NOTAIO
-ricorrente –
CONTRO
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO
-controricorrente – avverso la sentenza n. 1232/2020 del la CORTE D’APPELLO DI MILANO, depositata il giorno 21 maggio 2020;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 21 dicembre 2023 dal AVV_NOTAIOigliere NOME COGNOME;
Rilevato che
la RAGIONE_SOCIALE, gestrice di un autoparcheggio in Varese, domandò giudizialmente – ai sensi, alternativamente,
dell’art. 2043, dell’art. 2051 o dell’art. 20 53 cod. civ. -la condanna del RAGIONE_SOCIALE Varese al risarcimento dei danni patiti per la chiusura al pubblico transito di INDIRIZZO (strada di recapito di una delle rampe di uscita del parcheggio), dovuta al cedimento del muro perimetrale di un fabbricato di proprietà comunale, pregiudizi consistiti nella minore fruibilità del parcheggio, in maggiori spese per personale occorrente ad assicurare le circolazione, minori ricavi in ragione del diminuito afflusso di utenti nel periodo interessato dalla chiusura;
la domanda è stata disattesa in ambedue i gradi di merito; per quanto ancora di interesse, la decisione in epigrafe indicata, resa in sede di appello, previa qualificazione dell’azione sub specie di responsabilità da rovina di edificio, ha ritenuto non provato né il nesso causale tra l’evento rappresentato ed il danno lamentato , né l’esistenza di danni effettivamente subiti dalla società attrice;
ricorre per cassazione RAGIONE_SOCIALE, sulla base di tre motivi, cui resiste, con controricorso, il RAGIONE_SOCIALE di Varese;
le parti hanno depositato memoria illustrativa;
i l Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nel termine di cui al secondo comma dell’art. 380 -bis. 1 cod. proc. civ.;
AVV_NOTAIOiderato che
il primo motivo deduce la nullità della sentenza per difetto di motivazione, in violazione dell’art. 132 cod. proc. civ., con riferimento all’art. 360, primo comma, num. 4, cod. proc. civ.;
assume parte ricorrente che la Corte d’appello non ha svolto un esame critico dei motivi di appello dispiegati, limitandosi, con acritica motivazione per relationem, ad aderire alla decisione di prime cure;
il motivo è inammissibile e, comunque, infondato;
secondo l’insegnamento consolidato di questa Corte, la motivazione « per relationem » della sentenza pronunciata in sede di gravame è legittima unicamente se e in quanto il giudice d’appello, facendo propri
gli argomenti del primo giudice, esprima, sia pure in modo conciso, le ragioni della conferma della pronuncia in relazione ai motivi di impugnazione proposti, sì da consentire, attraverso la parte motiva di entrambe le sentenze, di ricavare un percorso argomentativo appagante ed esaustivo; a ll’inverso, deve essere cassata la sentenza d’appello allorquando la laconicità della motivazione adottata, formulata in termini di mera adesione, non consenta di ritenere che alla condivisione della decisione di prime cure il giudice di appello sia pervenuto attraverso la disamina e la valutazione di infondatezza dei motivi di gravame, previa specifica ed adeguata considerazione delle allegazioni difensive addotte (sulla motivazione « per relationem », tra le tantissime, Cass. 06/07/2023, n. 19161; Cass. 23/07/2020, n. 15757; Cass. 05/08/2019, n. 20883; Cass. 05/11/2018, n. 28139; Cass. 05/10/2018, n. 24452; Cass. 21/09/2017, n. 22022; Cass. 06/05/2015, n. 9068);
ciò posto, la deduzione in sede di legittimità del descritto vizio motivazionale postula pur sempre l’ammissibilità del motivo di censura, da valutarsi alla luce del principio di specificità (altrimenti detto « di autonomia ») sancito, a pena di inammissibilità del ricorso, dalle prescrizioni dettate dall’art. 366, primo comma, numm. 4 e 6 , cod. proc. civ., declinate, nella loro concreta operatività, alla stregua delle indicazioni della sentenza CEDU del 28 ottobre 2021 (causa Succi ed altri c/Italia), secondo criteri di sinteticità e chiarezza;
siffatti criteri, come scolpiti dal giudice eurounitario, sono realizzati con la trascrizione essenziale e per la parte d’interesse – degli atti e dei documenti richiamati (dei quali deve invece escludersi la necessità di una integrale riproduzione), in guisa da contemperare il fine legittimo di semplificare (e non già pregiudicare) lo scrutinio del giudice di legittimità e, allo stesso tempo, garantire la certezza del diritto e la corretta amministrazione della giustizia, salvaguardando la funzione
AVV_NOTAIO. est. NOME COGNOME
nomofilattica della Corte ( ex multis, Cass. 14/03/2022, n. 8117; Cass. 04/02/2022, n. 3612; Cass. 03/03/2023, n. 6524);
nella specie, l’applicazione di detti princìpi esigeva, per il ricorrente, l’adeguata illustrazione del percorso motivazionale sviluppato dalla pronuncia di prime cure e delle censure ad esso mosse con l’atto di appello, onde porre in condizione questa Corte di poter operare il comparato raffronto tra le due decisioni (di primo e secondo grado) e scrutinare la (pretesa) acritica adesione del giudice d’appello a quello di prima istanza;
tanto però non si riscontra nel ricorso in scrutinio, del tutto mancante della rappresentazione della trama argomentativa della sentenza di primo grado (di cui è riportato unicamente il dispositivo) e recante altresì insufficiente e non adeguata descrizione dei motivi di appello, trascritti solo nell’intitolazione degli stessi;
ne consegue l’inammissibilità del motivo;
solo per completezza si soggiunge che la lettura della impugnata sentenza, ben lungi dal mostrare un rinvio adesivo alla statuizione del precedente grado, evidenzia l’espressione, chiara ed univoca, di un convincimento proprio ed autonomo della Corte d’appello, motivato in maniera diffusa (comunque ampiamente autosufficiente), fondato su ragioni conducenti alla conferma della sentenza impugnata attraverso la valutazione di infondatezza delle allegazioni difensive e delle contestazioni sollevate con il gravame;
il secondo motivo, denunciando violazione e falsa applicazione dell’art. 115 cod. proc. civ. con riferimento all’art. 360, primo comma, num. 3, cod. proc. civ., censura la sentenza nella parte in cui ha ritenuto che soltanto nella memoria di cui all’art. 183, sesto comma, cod. proc. civ. del primo grado l’attore aveva specificato la richiesta risarcitoria, esponendo gli incassi degli anni interessati alla vicenda per dimostrare la diminuzione dei ricavi;
r.g. n. 32322/2020 AVV_NOTAIO. est. AVV_NOTAIO
in senso contrario, la ricorrente assume di aver tempestivamente allegato, nella citazione introduttiva il fatto costitutivo della domanda (ed anche le voci di danno) e di avere nelle memorie della fase di trattazione soltanto specificato fatti secondari e prodotto documenti;
il motivo è inammissibile, per plurime ragioni:
inconferente è, in primis , l’evocazione, a suffragio della doglianza, de ll’art. 115 del codice di rito: l’inosservanza di detta norma abilita alla proposizione dell’impugnazione di legittimità unicamente qualora il giudice, in espressa o implicita contraddizione con la prescrizione della norma, abbia posto a fondamento della decisione prove inesistenti o mai acquisite in giudizio oppure non introdotte dalle parti ma disposte di propria iniziativa fuori dai poteri istruttori officiosi riconosciutigli ( ex aliis, Cass. 26/04/2022, n. 12971; Cass. 01/03/2022, n. 6774; Cass., Sez. U, 30/09/2020, n. 20867; Cass. 23/10/2018, n. 26769);
ancora, per la mancata ostensione del contenuto delle prove documentali asseritamente non valutate, in spregio al requisito della autosufficienza del ricorso per cassazione;
in terzo luogo e in via dirimente, perché sull ‘ idoneità dei documenti (anche di quelli di cui ha affermato la tardiva produzione) a provare la sussistenza dei danni lamentati la Corte d’appello si è , ad ogni buon conto, espressamente pronunciata in senso negativo, disconoscendo la riconducibilità dei minori incassi o guadagni all’evento lesivo e l’esistenza stessa di maggiori costi sostenuti per il personale;
il terzo motivo prospetta « violazione dell’art. 116, primo comma, cod. proc. civ. con riferimento all’art. 360, primo comma, num. 5, cod. proc. civ.. Omesso esame di un fatto decisivo della controversia. Non corretto esercizio del potere di ponderazione delle istanze e delle risultanze probatorie »;
anche questo motivo è inammissibile;
r.g. n. 32322/2020 AVV_NOTAIO. est. AVV_NOTAIO
fuori centro è il richiamo all’art. 116 cod. proc. civ.: per fermo indirizzo di nomofilachia, la violazione di detta norma consente di adire la Corte di legittimità qualora si deduca che il giudice di merito abbia disatteso il principio del libero apprezzamento delle prove in assenza di una deroga normativamente prevista ovvero, all’opposto, abbia valutato secondo prudente apprezzamento una prova o una risultanza probatoria soggetta a diverso regime (Cass., Sez. U, 30/09/2020, n. 20867, cui adde Cass. 31/08/2020, n. 18092; Cass. 18/03/2019, n. 7618; Cass. 10/06/2016, n. 11892);
nel caso in esame, invece, la complessiva argomentazione di parte impugnante si risolve in una istanza di revisione del materiale istruttorio: ma è noto come sia sottratta al sindacato di legittimità la valutazione delle prove operata dal giudice di merito, siccome attività riservata in via esclusiva al suo discrezionale apprezzamento, attività che include la individuazione delle fonti del convincimento, il giudizio di attendibilità e concludenza delle prove, la scelta, tra le complessive risultanze del processo, di quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti (sul tema, Cass. 04/03/2022, n. 7187; Cass. 19/07/2021, n. 20553; Cass. 29/12/2020, n. 29730; Cass. 17/01/2019, n. 1229);
da ultimo, poi, improprio il riferimento alla fattispecie di cui all’art. 360, primo comma, num. 5, cod. proc. civ. per l’asseritamente errata omessa ponderazione delle risultanze probatorie: il fatto decisivo per il giudizio considerato dalla richiamata norma è da intendersi in senso storico-naturalistico, considerato nella sua oggettiva esistenza di concreto accadimento di vita, con esclusione (tra l’altro) di questioni o argomentazioni difensive, elementi istruttori o risultanze probatorie (Cass. 26/04/2022, n. 13024; Cass. 31/03/2022, n. 10525; Cass. 08/11/2019, n. 28887; Cass. 29/10/2018, n. 27415);
il ricorso è inammissibile;
AVV_NOTAIO. est. NOME COGNOME
il regolamento delle spese di lite segue la soccombenza;
atteso l’esito del ricorso, va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente – ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 – di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello pre visto per il ricorso, ove dovuto, a norma dell’art. 1-bis dello stesso art. 13;
p. q. m.
dichiara inammissibile il ricorso;
condanna parte ricorrente, RAGIONE_SOCIALE, alla refusione in favore della controricorrente, RAGIONE_SOCIALE di Varese, delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in euro 8.000 (ottomila) per compensi professionali, oltre alle spese forfetarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori, fiscali e previdenziali, di legge;
a i sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1bis .
Così deciso in Roma, nella Camera di AVV_NOTAIOiglio della Terza Sezione