Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 6619 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 6619 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 12/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso 29197/2021 proposto da:
NOME COGNOME, già Presidente dell’RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME e domiciliata ex lege presso la Cancelleria della Corte di Cassazione in Roma, INDIRIZZO
Pec:
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE;
– intimata – avverso la sentenza n. 895/2021 del TRIBUNALE di TERAMO, depositata in data 7/10/2021;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 26/10/2023 dal Cons. NOME COGNOME
Rilevato che:
Il Giudice di Pace di Nereto, in accoglimento parziale della domanda risarcitoria proposta da NOME COGNOME, nella qualità di Presidente pro-tempore della RAGIONE_SOCIALE, nei confronti di RAGIONE_SOCIALE, accertò l’inadempimento di quest’ultima ad un accordo intercorso tra le parti, (trasfuso in un verbale di conciliazione), in base al quale la RAGIONE_SOCIALE, ricevute dalla utente le cartelle esattoriali o gli avvisi di accertamento emessi dall’ente impositore, l a avrebbe sollevat a dall’onere di pagamento della tassa di concessione governativa in relazione a fatture degli anni 2008-2011; ritenne testualmente ‘l’invio dei documenti vi è stato mentre la corresponsione del rimborso è mancata’ e per l’effetto condannò RAGIONE_SOCIALE al pagamento della somma di € 1.333,24 a titolo di rimborso, oltre interessi legali e spese del giudizio;
a seguito di appello di RAGIONE_SOCIALE il Tribunale di Teramo, con sentenza pubblicata in data 7/10/2021, ha accolto il gravame ritenendo che la sentenza di prime cure era nulla per mancanza di motivazione, avendo omesso ogni debita esposizione dei fatti di causa, RAGIONE_SOCIALE contrapposte ragioni difensive e RAGIONE_SOCIALE risultanze documentali complessivamente acquisite al giudizio e per aver motivato in modo apparente sulle ragioni poste a base del ritenuto inadempimento della società appellante. Il Tribunale ha altresì ritenuto che, a prescindere dalla correttezza RAGIONE_SOCIALE somme in concreto riconosciute dal Giudice di Pace alla AVV_NOTAIO a titolo di risarcimento del danno patrimoniale, la sentenza di condanna andava riformata per non avere l’utente provato la sussistenza di un danno, ovvero l’avvenuto versamento RAGIONE_SOCIALE somme pretesamente indebite;
avverso la sentenza, che ha condannato NOME COGNOME alle spese del doppio grado, la stessa ha proposto ricorso per cassazione sulla base di due motivi;
l’intimata non ha svolto attività difensiva in questa sede;
il ricorso è stato assegnato per la trattazione in Adunanza Camerale sussistendo i presupposti di cui all’art. 380 bis c.p.c.
Considerato che:
con il primo motivo di ricorso -violazione e falsa applicazione degli artt. 116 e 132 c.p.c. (artt. 360 nn. 3 e 4 c.p.c.) -la ricorrente censura la sentenza nella parte in cui ha ritenuto apparente la motivazione del Giudice di Pace, ed afferma che, per rappresentare l’inadempimento di RAGIONE_SOCIALE alle obbligazioni assunte con il verbale di conciliazione, null’altro il Giudice doveva accertare se non che l’invio RAGIONE_SOCIALE cartelle di pagamento sulle quali calcolare l’importo dovuto vi fosse stato e se l ‘ente avess e provveduto al rimborso;
il motivo è inammissibile per violazione dell’art. 366 n. 6 c.p.c. in quanto non individua né riproduce gli atti processuali, i documenti e il contenuto specifico dell’atto di conciliazione su cui esso si fonda e non consente pertanto a questa Corte di poter valutare le censure sulla base della sola prospettazione del motivo;
con il secondo motivo di ricorso -violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. mancata o erronea valutazione di documenti e fatti decisivi per il giudizio oggetto di discussione tra le parti (art. 360, n. 5 c.p.c.)- la ricorrente lamenta che la sentenza ha ritenuto non provato né allegato l’avvenuto versamento RAGIONE_SOCIALE somme da parte dell’utente quando, in base alle previsioni dell’accordo conciliativo , era la RAGIONE_SOCIALE a dover emettere la liberatoria dall’onere del pagamento della tassa di concessione governativa previo invio da parte di essa ricorrente RAGIONE_SOCIALE copie RAGIONE_SOCIALE cartelle esattoriali emesse dall’RAGIONE_SOCIALE
Entrate in relazione alle fatture emesse nell’anno 2008, 2009, 2020, 2011;
il motivo è inammissibile;
la violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. è prospettata senza rispettare i criteri indicati da Cass. n. 11892 del 2016, ribaditi, in motivazione espressa, sebbene non massimata, da Cass. Sez. Un., n. 15698 del 2016 ed ora, ex multis , da Cass., Sez. Un., n. 20867 del 2020: ‘ In materia di ricorso per cassazione, la violazione dell’art. 115 c.p.c. può essere dedotta come vizio di legittimità solo denunciando che il giudice ha dichiarato espressamente di non dover osservare la regola contenuta nella norma, ovvero ha giudicato sulla base di prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli, e non anche che il medesimo, nel valutare le prove proposte dalle parti, ha attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre; la violazione dell’art. 116 c.p.c. è ammissibile solo ove si alleghi che il giudice, nel valutare una prova o, comunque, una risultanza probatoria, non abbia operato – in assenza di diversa indicazione normativa -secondo il suo “prudente apprezzamento”, pretendendo di attribuirle un altro e diverso valore oppure il valore che il legislatore attribuisce ad una differente risultanza probatoria (come, ad esempio, valore di prova legale), oppure, qualora la prova sia soggetta ad una specifica regola di valutazione, abbia dichiarato di valutare la stessa secondo il suo prudente apprezzamento, mentre, ove si deduca che il giudice ha solamente male esercitato il proprio prudente apprezzamento della prova, la censura è ammissibile, ai sensi del novellato art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., solo nei rigorosi limiti in cui esso ancora consente il sindacato di legittimità sui vizi di motivazione ‘ (così ex multis , Cass., Sez. Un., n. 20867 del 2020; Cass., 6-3, n. 18092 del 31/8/2020);
quanto al preteso omesso esame di fatto decisivo si rileva che esso non integra un ‘fatto storico’ decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti ma una valutazione giuridica circa le obbligazioni dell ‘una e dell’altra parte e dunque si situa al di fuori dell’attuale paradigma dell’art. 360, co. 1 n. 5 c.p.c.;
questa Corte, a partire dalle sentenze gemelle S.U. n. 8053 e 8054 del 2014, ha affermato: ‘ l’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., riformulato dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia). Ne consegue che, nel rigoroso rispetto RAGIONE_SOCIALE previsioni degli artt. 366, primo comma, n. 6, e 369, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ., il ricorrente deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività”, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie ‘ ;
alle suesposte considerazioni consegue la declaratoria di inammissibilità del ricorso;
non occorre provvedere sulle spese perché l’intimata non ha svolto attività difensiva in questa sede;
La Corte dichiara il ricorso inammissibile.
A i sensi dell’art. 13, co. 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello versato per il ricorso, a norma del comma 1 bis del citato art. 13, se dovuto;
così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Terza Sezione