Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 11312 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 11312 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 29/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 4589/2022 R.G. proposto da
COMUNE di CALATAFIMI SEGESTA , in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dagli Avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME come da procura in calce al ricorso, domiciliato ex lege come da domicilio digitale;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del rappresentante legale pro tempore , rappresentata e difesa dagli Avv.ti NOME COGNOME e NOME
Oggetto: Factoring -Cessione del credito -Dedotta inesistenza del credito per fornitura di energia elettrica in favore di un Comune -Pretesa violazione art. 115 c.p.c. in relazione al principio dell’onere della prova -Asserito travisamento.
CC 17.02.2025
Ric. n. 4589/2022
Pres NOME COGNOME
Est. I. COGNOME
COGNOME, in forza di procura speciale allegata al controricorso, elettivamente domiciliata in Roma INDIRIZZO presso lo studio COGNOME e come da domicilio digitale;
-controricorrente-
avverso la sentenza n.3399/2021 della Corte d’appello di Milano pubblicata in data 19 novembre 2021; udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 17 febbraio
2025 dalla Consigliera Dott.ssa NOME COGNOME
Ritenuto che
Il Tribunale di Milano, con sentenza n. 9283/19, revocava il decreto ingiuntivo n. 34693/16 emesso nei confronti del Comune di Calatafimi Segesta, in favore di Banca Sistema s.p.a. per il pagamento dell’importo di € 638.089,43, oltre interessi, relativo a forniture di energia da parte di Enel Energia s.p.a. e di ENI s.p.a., i cui crediti erano stati ceduti a Banca Sistema s.p.a., ritenendo non provato il credito, risultando dovuto soltanto l’importo di un’unica fattura per € 72,78, per cui condannava l’opponente al pagamento di tale somma e la parte opposta alla rifusione delle spese processuali del grado;
Banca Sistema s.p.a. proponeva impugnazione dinanzi la Corte d’appello di Milano ; si costituiva il Comune appellato chiedendo il rigetto del gravame; la Corte d’appello di Milano, con la sentenza qui impugnata, accoglieva l’ impugnazione, confermando il decreto ingiuntivo e condannando l’appella ta a rifondere all’appella nte le spese del doppio grado;
avverso la sentenza d’appello, il Comune di Calatafimi Segesta ha proposto ricorso per cassazione sulla base di cinque motivi d’impugnazione; ha resistito con controricorso Banca Sistema s.p.a.;
la trattazione del ricorso è stata fissata in adunanza camerale in data 17.02.2025 ai sensi dell’art. 380 -bis 1 c.p.c.;
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hanno depositato rispettive memorie sia parte ricorrente sia parte controricorrente;
Considerato che
in via pregiudiziale, va disattesa l’eccezione sollevata dalla parte ricorrente di mancato rilascio e deposito della procura di parte controricorrente poiché la procura è debitamente depositata in atti, sottoscritta dagli Avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME e datata 11 marzo 2022;
venendo al merito del ricorso, con il primo motivo, il Comune ricorrente denuncia, la ‘ Violazione dell’art. 115 c.p.c. I° comma ultima parte con riferimento all’art. 2697 cod. civ., e con riferimento agli articoli 167 I° comma e 183 VI° Comma c.p.c. -applicazione dell’art. 360 I° comma n. 3 ‘ ; ribadisce l’inesistenza del l’originario credito vantato da Eni s.p.a. verso il Comune di Calatafimi ed oggetto della cessione a Banca Sistema s.p.a. per inesistenza della stessa prestazione generatrice della pretesa creditoria ceduta; in particolare, evidenzia di averne eccepito, sin dal primo grado, l’inesistenza a partire dal 1 ° gennaio 2012; al riguardo, assume che la Corte d ‘a ppello abbia erroneamente ritenuto che la specifica contestazione dei fatti, rilevanti ai fini dell’accertamento del diritto, dedotti da una parte nel processo con il primo atto introduttivo, potrebbe avvenire anche con la memoria di replica a conclusionale e non entro il termine, da ritenersi perentorio, della udienza per la precisazione delle conclusioni di cui all’art. 189 c.p.c.;
2.1. il motivo è inammissibile per una serie di concorrenti ragioni;
anzitutto, esso è inammissibile in quanto critica il punto della motivazione della sentenza impugnata ove la Corte d’appello si era limitata a dare conto del fatto che la parte odierna resistente: «aveva prontamente contestato la fondatezza delle deduzioni della parte opponente oltre che la rilevanza ed efficacia probatoria della
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Est. I. COGNOME documentazione ex adverso esibita. Con particolare riferimento alla missiva inviata da RAGIONE_SOCIALE al Comune, rilevava che la stessa era priva di data, di sottoscrizione ed addirittura di indicazione dell’estensore e dei poteri di spendere il nome di RAGIONE_SOCIALE; il tutto oltre che incompleta quanto alle pagine» (pag. 3 della sentenza impugnata, trascritta a pag. 9 in ricorso); punto della decisione che non fa parte della sua motivazione, ma è parte solo di un’attività enunciativa svolta dalla Corte milanese per riferire la prospettazione assunta dalla parte;
giova al riguardo richiamare il consolidato principio di diritto, secondo cui: ‘Il motivo d’impugnazione è rappresentato dall’enunciazione, secondo lo schema normativo con cui il mezzo è regolato dal legislatore, della o delle ragioni per le quali, secondo chi esercita il diritto d’impugnazione, la decisione è erronea, con la conseguenza che, in quanto per denunciare un errore bisogna identificarlo e, quindi, fornirne la rappresentazione, l’esercizio del diritto d’impugnazione di una decisione giudiziale può considerarsi avvenuto in modo idoneo soltanto qualora i motivi con i quali è esplicato si concretino in una critica della decisione impugnata e, quindi, nell’esplicita e specifica indicazione delle ragioni per cui essa è errata, le quali, per essere enunciate come tali, debbono concretamente considerare le ragioni che la sorreggono e da esse non possono prescindere, dovendosi, dunque, il motivo che non rispetti tale requisito considerarsi nullo per inidoneità al raggiungimento dello scopo. In riferimento al ricorso per cassazione tale nullità, risolvendosi nella proposizione di un “non motivo”, è espressamente sanzionata con l’inammissibilità ai sensi dell’art. 366 n. 4 cod. proc. civ.’ (Cass. n. 359 del 2005 e successive conformi, fra cui, con espressa riproduzione del principio di diritto, sebbene non massimata quanto ad esso, Cass., Sez. Un. n. 7074 del 2017);
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sotto altro profilo, il motivo si rivela inammissibile in quanto nell’illustrazione si fa un rinvio del tutto generico ad atti processuali, per dimostrare il tenore della prospettazione difensiva della banca resistente; infatti, si omette sia la riproduzione diretta, sia una riproduzione indiretta del contenuto che dovrebbe dimostrare l’assunto, limitandosi parte ricorrente ad un generico rinvio agli atti processuali; con riguardo alla riproduzione indiretta si rileva che la genericità della prospettazione rende il rinvio agli atti a sua volta generico, con la conseguenza che il motivo è anche affetto da manifesta violazione dell’onere di indicazione specifica degli atti su cui si fonda, risolvendosi i riferimenti ad essi, per la loro genericità nel senso appena indicato, in una violazione dell’art. 366 n. 6 c.p.c. ;
si deve, inoltre, aggiungere che in ricorso (nelle ultime due righe della pagina 10 e nelle prime quattro della successiva), si lamenta che vi sarebbe stata una contestazione tardiva del documento n. 10, perché avvenuta con la memoria di replica alla conclusionale, nel senso che non sarebbe stato riconosciuto di provenienza da Eni, ma l’assunto evoca , a torto, il rilievo del principio di non contestazione, in quanto si duole solo di meri argomenti -quelli oggetto della sopra riportata riproduzione – che la controparte avrebbe svolto circa il tenore del documento, il che è del tutto estraneo alla logica del principio di non contestazione, afferendo al mero valore probatorio del documento;
3. con il secondo motivo di ricorso, si denuncia la ‘ Violazione dell’art. 360 comma 1, n. 4 c.p.c. con riferimento alla violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. -nullità della sentenza ‘ ; il Comune ricorrente lamenta in primo luogo, nuovamente, evidentemente ascrivendolo alla dedotta violazione delle norme processuali evocate, quanto oggetto del primo motivo; in secondo luogo, si duole che la Corte d’appello abbia avuto ‘ una falsa percezione della realtà ‘ in ordine alla inesistenza del fatto, invece
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positivamente accertato dagli atti e documenti di causa, e cioè che dal primo gennaio 2012 all’Eni è subentrata RAGIONE_SOCIALE s.p.aRAGIONE_SOCIALE nonché in ordine alla circostanza della cessazione della somministrazione al 31/12/2011 ed ancora che sia incorsa nella erronea lettura dei contratti stipulati con RAGIONE_SOCIALE s.p.a. (documenti collocati al n. 17 della produzione di primo grado di parte opponente);
3.1. il secondo motivo è manifestamente inammissibile;
esso si risolve, quanto al primo profilo, in una sollecitazione a valutare il documento n. 10 – in ragione della caratteristiche indicate dalla Corte di merito siccome evidenziate dalla resistente, cioè la mancanza di data, di sottoscrizione e l’incompletezza – in modo difforme da come essa l’ha valutata ed in tal modo la censura risulta irrispettosa dei criteri di deduzione della violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. indicati dalla giurisprudenza di questa Corte (cfr. Cass. n. 11892 del 2016, criteri ribaditi da Cass. Sez. U, 05/08/2016 n. 16598, con motivazione espressa, sebbene non massimata sul punto, e tra tante da Cass. Sez. 6 – 3, 23/10/2018 n. 26769, nonché, questa volta con massimazione, da Cass., Sez. Un., n. 20867 del 2020);
con riferimento alla censura di ‘falsa percezione della realtà’ evocata nel motivo in esame sotto il profilo del c.d. travisamento della prova, si rileva che -a prescindere dai profili di inosservanza dell’onere riproduttivo ex art. 366 n. 6 c.p.c., nuovamente assolti con generici rinvii agli atti, si rileva che quanto si sostiene si pone del tutto al di fuori dei limiti che le Sezioni Unite di questa Corte (Cass. Sez. U, 05/03/2024, n. 5792) hanno assegnato al c.d. travisamento della prova, affermando che «il travisamento del contenuto oggettivo della prova ricorre in caso di svista concernente il fatto probatorio in sé, e non di verifica logica della riconducibilità dell’informazione probatoria al fatto probatorio, e trova il suo istituzionale rimedio nell’impugnazione per revocazione per errore di fatto, in concorso dei presupposti richiesti dall’articolo 395, n. 4, c.p.c., mentre, ove il
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Est. I. Ambrosi fatto probatorio abbia costituito un punto controverso sul quale la sentenza ebbe a pronunciare, e cioè se il travisamento rifletta la lettura del fatto probatorio prospettata da una delle parti, il vizio va fatto valere, in concorso dei presupposti di legge, ai sensi dell’articolo 360, nn. 4 e 5, c.p.c., a seconda si tratti di fatto processuale o sostanziale»;
invero, la prospettazione svolta nell’illustrazione del motivo esprime solo la richiesta di una «verifica logica della riconducibilità dell’informazione probatoria al fatto probatorio » ed in tal modo risulta estranea alla nozione di travisamento indicata dalle Sezioni Unite, impingendo sempre in una errata invocazione degli artt. 115 e 116 c.p.c.
invero, dalla sentenza impugnata è evidente tale contrasto di giudizi resi sulla ‘nota di provenienza ENI’ (doc. 10 del ricorrente) e sulla ‘proposta di contratto’ (doc. 12 del ricorrente) – documento quest’ultimo che, nella prospettazione dell’ Ente locale costituirebbe l’asserito contratto di fornitura stipulato con altro distributore RAGIONE_SOCIALE– , risultando chiaro che si tratti, invece, per entrambi, di una valutazione logica dell’informazione probatoria tratta dalla documentazione allegata, riseptto a cui, peraltro, non va trascurata, da un lato, la rilevata incompletezza del doc. 10 (riproducente solo la pag. 3 del documento composto da 3 pagine) e, dall’altro, l’attestazione contenuta nell’epigrafe del d oc. 12 recante la mera dicitura ‘proposta di contratto’;
4. con il terzo motivo di ricorso, si lamenta la ‘ Violazione dell’art. 360 I° comma n. 4 c.p.c. con riferimento all’articolo 132 comma 2 n. 4 c.p.c. e 112 c.p.c. -assenza totale della motivazione, o motivazione esclusivamente apparente -nullità della sentenza ‘; il Comune ricorrente assume come la sentenza impugnata manchi totalmente di motivazione nel ritenere assorbite le questioni sulla irregolarità ed invalidità dei contratti assumendo che le cessioni tra Eni e Banca Sistema s.p.a. riguarderebbero solo crediti e non
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Est. I. Ambrosi contratti di fornitura; tale affermazione sarebbe priva di senso logico e giuridico, stante che l’eccepita nullità del contratto travolge la esistenza del credito fondato sul contratto nullo; infine, osserva che Banca Sistema ha esercitato una azione di adempimento contrattuale;
4.1. anche la censura dedotta con il terzo mezzo si rivela inammissibile, poichè risulta evidente dalla sua stessa confezione che con essa si tende a formulare un vizio di motivazione, per un verso, non più denunciabile secondo il vigente dettato dell’art. 360 comma 1 n. 5 (insufficienza) e per l’altro, insussistente (nullità della sentenza) atteso che la motivazione resa dal giudice d’appel lo, lungi dall’essere nulla ( assente o apparente) ripercorre l’ iter decisorio del giudice di prime cure, spiegando le ragioni per le quali non lo condivide, senza incorrere nel lamentato vizio di cui all’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4) e articolo 360, comma 1, n. 4) c.p.c.;
il motivo è del tutto inidoneo ad essere ricondotto al paradigma dell’art. 132, secondo comma n. 4 c.p.c., giacché evoca elementi aliunde rispetto alla motivazione della sentenza impugnata, il che è escluso dalla giurisprudenza di questa Corte (cfr. Cass., Sez. Un., n. 8053 e 8054 del 2014);
n ello specifico, la Corte d’appello ha sottolineato, fornendo una motivazione chiaramente percepibile, che il Comune non aveva contestato di aver usufruito del contratto di fornitura da cui si è originato il credito e non aveva fornito «una plausibile spiegazione» di alcuni pagamenti comunque effettuati ad ENI per gli anni 2013 e 2014, sebbene avesse, nel contempo, «genericamente affermato la cessazione della vigenza dei relativi contratti a decorrere dal 31.12.2011» (pag. 5 della sentenza impugnata) e ha concluso con l’affermare che le questioni relative alla irregolarità e invalidità dei contratti risultavano assorbite poiché le cessioni de quibus , debitamente documentate sin dal ricorso per decreto ingiuntivo,
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RAGIONE_SOCIALE COGNOME avevano ad oggetto solo i crediti e non i contratti di fornitura (pag. 6 della sentenza impugnata);
5. con il quarto motivo di ricorso, si denuncia la ‘ Violazione dell’articolo n. 360 comma 1 n. 3 c.p.c. con riferimento all’erronea e falsa applicazione dell’articolo 191 del decreto legislativo n. 267 del 2000 -nullità del contratto di fornitura con ENI e nullità della cessione di credito ex artt. 1418 e 1346 c.c. ‘ ; il Comune ricorrente lamenta che la Corte avrebbe dovuto ritenere e dichiarare la nullità del contratto stante che lo stesso era stato assunto in violazione della norma sopra richiamata, e specificamente, in assenza di copertura finanziaria e conseguentemente affermare la inesistenza della pretesa creditoria di cui all’opposto decreto ingiuntivo;
5.1. Il quarto motivo è anch’esso inammissibile;
con il dedotto vizio di violazione di legge delle norme procedimentali relative all’assunzione di obbligazioni contrattuali da parte degli enti locali, da cui discenderebbe la nullità del contratto di fornitura energetica, il Comune ricorrente pretende, in questa sede, un nuovo giudizio di merito in contrapposizione a quello formulato dal giudice di merito, debitamente motivato e, pertanto, insindacabile in sede di legittimità (Cass. 04/07/2017, n. 16467; Cass.23/05/2014, n. 11511; Cass. 13/06/2014, n. 13485; Cass. 15/07/2009, n. 16499);
giova in proposito evidenziare che con la censura in esame, il Comune ricorrente pone una questione di cui la sentenza non si occupa e lo fa senza indicare in alcun modo se e dove era stata introdotta nel giudizio di merito e riproposta in appello;
dalla lettura del provvedimento impugnato si evince un riferimento alle difese in appello del Comune, in cui si coglie l’evocazione dell’art. 191 e si indica la relativa questione come riproposta ai sensi dell’art. 346 c.p.c. (cfr. inizio del punto 9, pag. 4), ma sulla base del solo esame del ricorso essa viene prospettata
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come nuova e trattandosi, peraltro, di questione di diritto basata su circostanze di fatto, come tale non è rilevabile d’ufficio da questa Corte;
fermo il valore dirimente di quanto appena osservato, se anche fosse possibile fare leva in thesi sulla sentenza, per superare la carenza contenutistica del ricorso, dovrebbe rilevarsi allora che il Comune avrebbe dovuto denunciare omesso esame ai sensi dell’art. 112 c.p.c. e che nell’illustrazione non si colgono gli elementi per desumere una simile censura alla stregua dei dettami affermati dall’indirizzo consolidato di questa Corte ( Cass. Sez. Un., n. 17931 del 2013).
6. Con il quinto motivo di ricorso, si denuncia la ‘ Violazione dell’articolo n. 360 comma 1 n. 3 c.p.c. con riferimento all’erronea e falsa applicazione degli articoli 70 del R.D. n. 2440 del 1923, in relazione all’art. 9, allegato E, della L. 20 marzo 1865, n. 2248 -art. 70 del R.D. n. 2440 del 1923, comma secondo – art. 117 del D. Lgs. n. 163 del 2006 ‘; in particolare, si osserva che la Corte avrebbe dovuto accertare e dichiarare che l’Ente locale aveva, entro i 45 giorni successivi alla notifica della cessione, notificato al cedente e al cessionario l’atto di opposizione, pertanto , la cessione era nei suoi confronti inefficace, con la conseguenziale illegittimità dell’opposto decreto ingiuntivo ;
6.1. il quinto e ultimo motivo è anch’esso inammissibile;
ebbene, il Comune ricorrente invoca una normativa e una giurisprudenza (Cass. Sez. 1, 27/09/1996 n. 8525) concernenti il divieto di cessione del contratto ‘in corso di esecuzione’ con la pubblica Amministrazione mentre, la fattispecie in esame riguarda una cessione del credito regolata dalla disciplina codicistica (art. 1260 c.c. e ss.);
il Comune ricorrente anche con la censura in esame prospetta una questione di cui la sentenza non si occupa e lo fa
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senza indicare in alcun modo se e dove era stata introdotta nel giudizio di merito e riproposta in appello;
sulla base del solo esame del ricorso essa si dovrebbe ritenere anche qui nuova, trattandosi sempre di questione di diritto basata su circostanze di fatto e come tale non rilevabile d’ufficio da questa Corte;
anche qui si rileva che il provvedimento impugnato, nel riferire la difesa in appello, contiene un riferimento (nella penultima proposizione della pag. 4 sotto il punto 9), alla tematica del rilievo dell’art. 70, comma secondo, del r.d. n. 2440 alle difese in appello del Comune e sempre si indica la relativa questione come riproposta ai sensi dell’art. 346 c.p.c. e, nuovamente, va ripetuto, sempre fermo il valore dirimente di quanto sopra osservato, che, se anche fosse possibile fare leva in thesi sulla sentenza, per superare la carenza contenutistica del ricorso, dovrebbe rilevarsi anche in questo caso che il Comune avrebbe dovuto denunciare l’omesso esame ai sensi dell’art. 112 c.p.c. e che nell’illustrazione non si colgono gli elementi per desumere una simile censura dei dettami affermati dall’indirizzo consolidato di questa Corte (Cass. Sez. Un., n. 17931 del 2013).
7. il Collegio rileva, infine, che il quarto ed il quinto motivo non potrebbero avere diversa sorte anche se si intendesse che la sentenza impugnata abbia fatto un riferimento alle questioni indicate come riproposte là dove ha osservato che «le altre questioni relative alla irregolarità ed invalidità dei contratti non debbono essere esaminate e sono assorbite, posto che le censure riguardano solo crediti e non contratti di fornitura» (pag. 6 della sentenza impugnata, nelle prime tre righe);
ebbene, con riferimento alle censure mosse con i motivi in esame il Comune ricorrente non ha criticato in alcun modo questa motivazione, giusta o sbagliata ch’essa sia, di modo che essa si è irrimediabilmente consolidata;
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8. il ricorso va dichiarato inammissibile;
le spese del presente giudizio seguono il principio della soccombenza e si liquidano come da dispositivo;
ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, si deve dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del Comune ricorrente , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 -bis del citato art. 13, ove dovuto (Cass. Sez. U. 20/02/2020 n. 4315).
Per questi motivi
La Corte dichiara inammissibile il ricorso;
condanna il Comune ricorrente al pagamento delle spese processuali in favore della parte controricorrente che si liquidano, in favore di ciascuna, in complessivi Euro 7.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie al 15% ed accessori di legge;
ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, si deve dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del Comune ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 -bis del citato art. 13, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione