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Ricorso per cassazione concordato: quando è inammissibile

Una società in liquidazione, dopo aver presentato domanda di concordato preventivo presso il tribunale della sua nuova sede, viene dichiarata fallita dal tribunale della vecchia sede. Di conseguenza, il primo tribunale dichiara inammissibile la proposta di concordato. La Corte d’Appello conferma questa decisione. La Corte di Cassazione, investita della questione, dichiara il ricorso inammissibile. La motivazione principale risiede nel fatto che il provvedimento che dichiara inammissibile una proposta di concordato, senza aprire contestualmente la liquidazione giudiziale, manca di ‘carattere decisorio’. Non risolvendo una controversia su diritti soggettivi con efficacia di giudicato, non può essere impugnato con un ricorso per cassazione concordato ai sensi dell’art. 111 della Costituzione.

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Pubblicato il 27 dicembre 2025 in Diritto Fallimentare, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Ricorso per cassazione concordato: quando non è ammesso

Il ricorso per cassazione concordato rappresenta una delle questioni più tecniche e delicate nel diritto fallimentare e processuale. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha fornito un chiarimento fondamentale sui limiti di ammissibilità di tale ricorso, specialmente alla luce del nuovo Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (CCII). La Corte ha stabilito un principio di diritto cruciale: la decisione della Corte d’Appello che conferma l’inammissibilità di una proposta di concordato, senza però dichiarare l’apertura della liquidazione giudiziale, non è impugnabile in Cassazione. Analizziamo insieme i dettagli di questa importante pronuncia.

I Fatti di Causa

La vicenda processuale è complessa e si snoda tra due diversi tribunali. Una società in liquidazione presenta una domanda di omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti (poi convertita in domanda di concordato liquidatorio) presso il tribunale della sua nuova sede legale. Tuttavia, meno di un anno prima, la società aveva trasferito la sua sede da un’altra città. Proprio il Pubblico Ministero presso il tribunale della vecchia sede, ritenendosi ancora competente, avanza una richiesta di fallimento.

La situazione si complica ulteriormente: il tribunale della vecchia sede dichiara il fallimento della società. Poco dopo, il tribunale della nuova sede, prendendo atto della dichiarazione di fallimento già avvenuta, dichiara il ‘non luogo a provvedere’ sulla domanda di concordato.

La società propone reclamo contro questa decisione, ma la Corte d’Appello lo rigetta, sostenendo che la sentenza di fallimento emessa dal primo tribunale competente prevale, rimuovendo la concorrenza tra i procedimenti. Contro questa decisione, la società presenta infine ricorso in Cassazione.

La questione di ammissibilità del ricorso per cassazione concordato

Il nodo centrale su cui la Suprema Corte è chiamata a pronunciarsi non riguarda il merito della competenza tra i due tribunali, ma una questione preliminare e dirimente: è ammissibile un ricorso per cassazione concordato avverso un provvedimento che si limita a confermare l’inammissibilità di una proposta di concordato, senza aprire la liquidazione giudiziale?

La difesa della società sosteneva la possibilità di impugnare la decisione della Corte d’Appello. Tuttavia, sia il Procuratore Generale che la parte controricorrente ne hanno eccepito l’inammissibilità.

Le Motivazioni della Cassazione

La Corte di Cassazione, con una motivazione approfondita, ha dichiarato il ricorso inammissibile. Il ragionamento si fonda su un concetto cardine del diritto processuale: il ‘carattere decisorio’ dei provvedimenti impugnabili con ricorso straordinario ai sensi dell’art. 111, comma 7, della Costituzione.

Secondo la Corte, un provvedimento ha carattere decisorio solo quando è in grado di incidere su diritti soggettivi con la particolare efficacia del giudicato, ovvero risolvendo una controversia tra parti contrapposte in modo definitivo. Il procedimento regolato dall’art. 47 del Codice della Crisi d’Impresa (CCII), che porta alla declaratoria di inammissibilità della proposta di concordato, non presenta queste caratteristiche.

Anche se coinvolge l’audizione del debitore e dei creditori, non si configura come una vera e propria controversia contenziosa. Si tratta piuttosto di un’interlocuzione tra le parti e il giudice, finalizzata a una verifica preliminare delle condizioni di ammissibilità della proposta. La decisione che ne scaturisce, quindi, ‘incide’ sui diritti, ma non li ‘decide’ in modo irrevocabile.

La Corte ha precisato che questo provvedimento ha natura definitiva (non essendo appellabile ulteriormente) ma non decisoria. Di conseguenza, a prescindere dalla forma adottata (sentenza anziché decreto, come nel caso di specie), esso non è suscettibile di ricorso straordinario per cassazione. La possibilità di riproporre la domanda in presenza di nuove circostanze rafforza ulteriormente questa interpretazione.

Conclusioni

La Suprema Corte ha fissato un importante principio di diritto: la decisione della Corte d’Appello che, ai sensi dell’art. 47, comma 5, CCII, conferma la declaratoria di inammissibilità di una proposta di concordato già resa dal tribunale, senza dichiarare l’apertura della liquidazione giudiziale del debitore, non è soggetta a ricorso straordinario per cassazione. Questo perché il provvedimento, pur essendo definitivo, è privo del necessario carattere decisorio. Questa sentenza chiarisce i confini dell’impugnabilità nel nuovo diritto della crisi d’impresa, orientando gli operatori del settore sui corretti rimedi processuali a loro disposizione.

Perché il ricorso alla Corte di Cassazione è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché il provvedimento impugnato (la decisione della Corte d’Appello che confermava l’inammissibilità della proposta di concordato) era privo di ‘carattere decisorio’. Non risolveva una controversia su diritti soggettivi con efficacia di giudicato e, pertanto, non era suscettibile di ricorso straordinario per cassazione ai sensi dell’art. 111 della Costituzione.

Cosa significa che un provvedimento manca di ‘carattere decisorio’?
Significa che il provvedimento, pur incidendo sulla posizione delle parti, non risolve una controversia in modo definitivo e irrevocabile, come farebbe una sentenza passata in giudicato. Nel caso specifico, la declaratoria di inammissibilità della proposta di concordato è una valutazione procedurale che non preclude la possibilità di ripresentare la domanda in futuro, qualora le circostanze cambino.

In base a questa sentenza, è possibile impugnare in Cassazione una decisione che dichiara inammissibile una proposta di concordato?
No, se la decisione si limita a dichiarare l’inammissibilità della proposta senza contestualmente disporre l’apertura della liquidazione giudiziale (il vecchio fallimento). Il provvedimento non ha la natura di una decisione su diritti soggettivi che possa essere sottoposta al vaglio della Corte di Cassazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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