Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 5695 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 5695 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 04/03/2025
sul ricorso 22110/2020 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE PUGLIA E BASILICATA RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dall ‘avvocato NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
COGNOME rappresentato e difeso da ll’avvocato NOME COGNOME
– controricorrente e ricorrente incidentale – nonché verso
COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME
– controricorrente al ricorso incidentale – avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO di ROMA n. 3022/2020 depositata il 22/06/2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 29/1/2025 dal Cons. Dott. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La Corte di appello di Roma, con la sentenza riportata in esergo, pronunciando sull’impugnazione di NOME COGNOME avverso la decisione che in primo grado ne aveva respinto le domande in danno della Banca Popolare di Puglia e Basilicata, nonché del direttore della dipendenza di questa sita in Barletta NOME COGNOME in relazione al rapporto di intermediazione finanziaria intercorso con la convenuta, rigettato ogni altro motivo di gravame, ha accolto l’appello limitatamente alla domanda intesa a far accertare la nullità per violazioni degli obblighi di forma di talune operazioni, consistite segnatamente in sei operazioni di vendita di obbligazioni societarie, dei cui ordini la banca aveva omesso di chiedere la verificazione a fronte del disconoscimento operatone dal Lorusso, e di una operazione di acquisto di obbligazioni WorldCom, di cui la banca aveva omesso di produrre in giudizio il relativo ordine.
La cassazione di detta sentenza è ora reclamata in via principale dalla banca, con tre mezzi, seguiti da memoria, ai quali resiste il Lorusso con controricorso in cui svolge anche ricorso incidentale affidato a trentadue motivi, al quale replicano con controricorso la banca e con controricorso e memoria il COGNOME.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il primo motivo del ricorso principale -con il quale si censura l’impugnata decisione nella parte in cui, in parziale accoglimento
dell’appello proposto dal COGNOME, questa omette la menzione e l’esame della sentenza di primo grado, così violando l’art. 118 disp. att. cod. proc. civ. -è inammissibile per difetto di specificità, posto che nella formulazione di esso la ricorrente si astiene dall’illustrare la conferenza della censura, tanto più a fronte della congrua ed adeguata motivazione che assiste il deliberato della sentenza qui impugnata.
3. Il secondo motivo del ricorso principale -con il quale si censura l’impugnata decisione nella parte in cui fa discendere dalla mancata proposizione dell’istanza di verificazione elementi di prova a favore dell’appellante, malgrado il profluvio di argomenti di segno contrario che, ove debitamente considerati, avrebbero evidenziato la palese strumentalità del disconoscimento operato dal Lorusso, così violando l’art. 216 cod. proc. civ. -è inammissibile, poiché in disparte dal non ottemperare al comando in guisa del quale la violazione delle norme di diritto deve essere denunciata mediante specifiche argomentazioni intellegibili ed esaurienti, intese a motivatamente dimostrare in qual modo determinate affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata debbano ritenersi in contrasto con le indicate norme regolatrici della fattispecie o con l’interpretazione delle stesse fornite dalla giurisprudenza di legittimità ( ex plurimis , Cass., Sez. I, 29/11/2016, n. 24298), il motivo è palesemente versato in fatto e presuppone una rivisitazione degli aspetti fattuali della vicenda, nonché dei pedissequi sviluppi istruttori, preclusa a questa Corte giacché la valutazione dei fatti e la selezione delle fonti di prova compete unicamente al giudice di merito e non è aggredibile in questa sede sotto il profilo della violazione qui denunciata.
4. Il terzo motivo del ricorso principale -con il quale si censura l’impugnata decisione per omesso esame di un fatto decisivo per aver il decidente, da un lato, omesso di considerare la
contraddittorietà delle richieste attoree, le prove documentali e, più in generale, le risultanze istruttorie, nonché gli esiti dei giudizi penali intentati in danno del Lorusso e, dall’altro, fatto discendere la nullità dell’acquisto delle obbligazione WorldCom dalla mancata produzione in giudizio dell’ordine cartaceo -è doppiamente inammissibile, vuoi per estraneità al vizio cassatorio denunciato, atteso che per fatto decisivo deve intendersi un fatto storico principale o secondario avente incidenza costitutiva, modificativa o estintiva sul diritto azionato, onde non vi rientrano pacificamente le mere risultanze istruttorie; vuoi perché, non diversamente da quanto si è detto con riferimento al secondo motivo di ricorso, si è in presenza di un apprezzamento in fatto che non è notoriamente rimeditabile in questa sede.
5. Il ricorso incidentale -alla cui disamina non ostano le pregiudiziali opposte dai resistenti, atteso che l’atto è sottoscritto anche dal Lorusso in proprio ai sensi dell’art. 86 cod. proc. civ. ed è stato depositato prima che il medesimo fosse raggiunto dal provvedimento interdittivo all’esercizio della professione -si presta ad un preliminare ed assorbente rilievo di inammissibilità in considerazione del fatto che esso non soddisfa il requisito di ammissibilità di cui all’art. 366, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., che nel testo applicabile alla specie ratione temporis prevedeva che il ricorso dovesse “contenere, a pena di inammissibilità … 3) l’esposizione sommaria dei fatti di causa”.
L’atto relativo, che si compone di 198 cartelle, contiene, infatti, nel breve volgere di cinque pagine (da pag 6 a pag. 11) solo un sintetico compendio dello svolgimento processuale della vicenda, ma si astiene dal dare qualsiasi delucidazione sugli antefatti di causa che vi hanno dato origine, quando è noto che il requisito di che trattasi « può ritenersi sussistente solo quando nel contesto dell’atto si
rinvengano gli elementi indispensabili per una precisa cognizione dell’origine e dell’oggetto della controversia, dello svolgimento del processo e delle posizioni che vi hanno assunto le parti» (Cass., Sez. III, 8/01/2010, n. 76).
L’essenzialità di tale indicazione, quantunque non ordinariamente richiesta nella redazione del controricorso, giacché esso, costituendo l’atto a mezzo del quale si replica al ricorso, si salda all’esposizione in fatto contenuta in quest’ultimo, tanto che l’art. 370, comma 2, cod. proc. civ. prescrive che l’art. 366 cod. proc. civ. si applichi al controricorso “in quanto possibile”, è viceversa ineludibile quando il controricorso racchiuda in sé anche un ricorso incidentale. In tal caso esso «deve contenere, in ragione della sua autonomia rispetto al ricorso principale, l’esposizione sommaria dei fatti della causa ai sensi del combinato disposto degli artt. 371, comma 3, e 366, comma 1, n. 3, c.p.c., sicché è inammissibile ove si limiti ad un mero rinvio all’esposizione contenuta nel ricorso principale e non sia possibile, nel contesto dell’impugnazione, rinvenire gli elementi indispensabili per una precisa cognizione dell’origine e dell’oggetto della controversia, dello svolgimento del processo e delle posizioni assunte dalla parti, senza necessità di ricorso ad altre fonti» ( ex plurimis , Cass., Sez. III, 21/09/2015, n. 18483).
La circostanza, di cui il collegio ha inteso farsi preliminarmente interprete, rappresentando che il ricorso incidentale del Lorusso manca totalmente dell'”esposizione sommaria dei fatti di causa”, ne mina ab imis l’ammissibilità ed osta, dunque, al suo scrutinio.
Ciò premesso il collegio non crede, per questo, di non poter comunque rilevare come, anche ad un esame condotto nel merito delle singole censure, la prognosi che, si rassegna in linea generale non debba essere confermata anche in questa più ridotta sede.
7. E dunque con il primo motivo del ricorso incidentale si deduce la violazione dell’art. 345 cod. proc. civ. sul presupposto che la sentenza impugnata avrebbe erroneamente dichiarato inammissibili le produzioni documentali eseguite con la memoria di replica, quantunque la loro formazione fosse successiva all’incardinamento del giudizio d’appello e ricorresse perciò una causa non imputabile.
Il motivo non ha pregio.
E’ ben vero che l’art. 345 cod. proc. civ., nel testo applicabile ratione temporis non esclude la produzione di nuovi documenti quando la loro produzione nel giudizio di primo grado non sia stata resa possibile per una causa non imputabile alla parte, ma, in disparte dal rilievo che l’allegazione qui operata non sarebbe autosufficiente, atteso che è pur sempre onere della parte che si dolga della violazione indicarne gli elementi fattuali in concreto, specificando di quali documenti si tratti e quale ne sia il contenuto -concetto osteso in relazione al non diverso requisito della indispensabilità un tempo presente nel testo antevigente alla novellazione della norma (Cass., Sez. II, 13/07/2017, n. 17399), ma da ritenersi operante anche in relazione al requisito della non imputabilità -, va osservato che, quanto agli unici documenti di cui il motivo fa menzione (le duplici sentenze penali emesse del Tribunale e della Corte di appello di Roma), il decidente ne ha rilevato l’incoferenza poiché rese «a definizione del procedimento di querela di falso promosso da altro soggetto», sicché l’asserita violazione sarebbe improduttiva di conseguenze processuali e per questo andrebbe ritenuta inammissibile per palese difetto di interesse del deducente.
8. Il secondo motivo del ricorso incidentale deduce la violazione dell’art. 117 TUB, dell’art. 23 TUF e degli artt. 214, 216 e 221 cod. proc. civ. e degli artt. 2712 e 2719 cod. civ. sul presupposto che la sentenza impugnata avrebbe inopinatamente delibato la validità del
contratto quadro quantunque fosse stato formato su carta intestata di un istituto bancario diverso dall’ente convenuto, recasse un numero diverso da quello corrispondente al dossier titoli intestato al ricorrente, non fosse munito di sottoscrizione da parte della banca e la banca, a fronte del disconoscimento operatone dal ricorrente, non ne avesse chiesto la verificazione.
Il motivo non ha pregio.
Esso è affetto da una pregiudiziale ragione di inammissibilità, evidenziabile sotto il profilo del difetto di specificità, in quanto, a fronte delle specifiche motivazioni con cui la Corte di appello ha rigettato le analoghe doglianze già declinate avanti a sé, l’odierno motivo si limita alla loro mera reiterazione senza esternare alcun proponimento critico ed in tal modo contravviene al comando secondo cui la parte non può limitarsi a riproporre le tesi difensive svolte nelle fasi di merito e motivatamente disattese dal giudice dell’appello, senza considerare le ragioni offerte da quest’ultimo, poiché in tal modo si determina una mera contrapposizione della propria valutazione al giudizio espresso dalla sentenza impugnata che si risolve, in sostanza, nella proposizione di un “non motivo”, come tale inammissibile ex art. 366, comma 1, n. 4, cod. proc. civ. ( ex plurimis , Cass., Sez. I, 24/09/2018, 22478)
9. Il terzo motivo del ricorso incidentale deduce la violazione dell’art. 23 TUF sul presupposto che la sentenza impugnata avrebbe erroneamente omesso di dichiarare la nullità per difetto di forma degli ordini di vendita impartiti per via telefonica quantunque non fosse stato sottoscritto alcun contratto di popel vox né, tantomeno, il modulo «di acquisto», e l’ordine telefonico non fosse stato sottoposto a doverosa perizia fonica; il quinto motivo del ricorso incidentale deduce la violazione dell’art. 23 TUF sul presupposto che la sentenza impugnata avrebbe apoditticamente affermato che il
ricorrente non avesse contestato le «cennate operazioni», quantunque dette operazioni fossero state eseguite all’insaputa del ricorrente e mediante l’apposizione di firme apocrife; l’ottavo motivo del ricorso incidentale si deduce la violazione degli artt. 21 e 23 TUF e degli artt. 1176, 1375 e 2043 sul presupposto che la sentenza impugnata avrebbe erroneamente ritenuto insussistente la responsabilità contrattuale ed extracontrattuale dei convenuti quantunque costoro avessero agito in conflitto di interessi ed in violazione dei generali doveri di diligenza, correttezza e trasparenza, astenendosi dal fornire al ricorrente le informazioni concernenti il rischio sotteso alle operazioni effettuate e così impedendogli di compiere una scelta consapevole; il nono motivo del ricorso incidentale deduce la violazione dell’art. 21 TUF, degli artt. 1176 e 2236 e dell’art. 47 Cost. e dell’obbligo del neminem laedere sul presupposto che la sentenza impugnata avrebbe erroneamente ritenuto «generici» i motivi di gravame dedotti con riferimento all’acquisto delle obbligazioni RAGIONE_SOCIALE, in particolare escludendo che fosse stata dedotta la circostanza che se il ricorrente fosse stato adeguatamente informato avrebbe desistito dall’acquisto, non disponendo la restituzione delle somme investite anche con riguardo agli altri ordini di acquisto pure dichiarati nulli e astenendosi dal rilevare la nullità anche di tutte le altre operazioni, malgrado l’omessa registrazione degli ordini telefonici, la presenza di firme manifestamente apocrife e l’omessa documentazione per iscritto delle operazioni, operazioni tutte generatrici di uno specifico danno patrimoniale analiticamente denunciato anche con riferimento alla vicenda WorldCom, dei cui sviluppi i convenuti avevano omesso di informare il ricorrente, così ancora violando gli obblighi su di loro incombenti; il decimo motivo del ricorso incidentale deduce la violazione dell’art. 23 TUF degli artt. 1176 e 2236 e dell’art. 47 Cost. e dell’obbligo del neminem laedere sul presupposto che la sentenza
impugnata avrebbe erroneamente trascurato il fatto che al ricorrente non era stata mai consegnata «copia del contratto di deposito titoli a lui intestato», in quanto quello sottoscritto su carta intestata di altro istituto bancario non era stato mai sostituito con un nuovo contratto intestato alla convenuta, a nulla rilevando in contrario quanto affermato in sentenza circa l’avvenuta successione, a seguito di fusione, della convenuta nell’istituto bancario di cui si erano utilizzati i moduli, stante la mancanza di qualsiasi comunicazione in proposito ed avuto altresì riguardo all’ intuitus personae che è alla base del contratto in parola, così come avventatamente si era ritenuto, contro ogni evidenza, che le sottoscrizione apposte sulla modulistica fossero state prese dal fratello del ricorrente; l’undicesimo motivo del ricorso incidentale deduce la violazione dell’art. 60 del regolamento intermediari, degli artt. 1176 e 2236 e dell’art. 47 Cost. e dell’obbligo del neminem laedere sul presupposto che la sentenza impugnata avrebbe omesso di considerare che al ricorrente non solo non era stata fornita copia del contratto di deposito ed amministrazione, ma pure che nello stesso non erano presenti «tutti gli elementi essenziali per lo svolgimento dell’attività di raccolta e negoziazione» degli ordini; il dodicesimo motivo del ricorso incidentale deduce la violazione degli artt. 60 e 61 del regolamento intermediari, degli artt. 1176 e 2236 e dell’art. 47 Cost. e dell’obbligo del neminem laedere sul presupposto che la sentenza impugnata avrebbe apoditticamente giudicato irrilevanti le argomentazioni svolte a sostegno dei motivi di appello in punto all’omessa consegna delle «attestazioni degli ordini di acquisto» dei valori mobiliari WorldCom ed MCI e di tutte le operazioni generatrici di una minusvalenza oggetto di contestazione; il quattordicesimo motivo del ricorso incidentale deduce la violazione dell’art. 28 del regolamento intermediari, degli artt. 1176 e 2236 cod. civ. e dell’art. 47 Cost. e dell’obbligo del neminem laedere sul presupposto che la
sentenza impugnata avrebbe omesso di considerare che i convenuti non avevano fornito «alcuna adeguata informazione» sui rischi sottesi alla specifica operazione di concambio delle obbligazioni RAGIONE_SOCIALE e alle altre operazioni di investimento concluse nel medesimo arco temporale oggetto di contestazione, a nulla rilevando in proposito l’avvenuta successione della convenuta in luogo dell’istituto di cui si era utilizzata la modulistica e «la ricostruzione» della composizione del portafoglio titoli in ragione della quale si potesse ritenere l’operazione RAGIONE_SOCIALE adeguata; il quindicesimo motivo del ricorso incidentale deduce la violazione dell’art. 28 del regolamento intermediari, degli artt. 1176 e 2236 cod. civ. e dell’art. 47 Cost. e dell’obbligo del neminem laedere sul presupposto che la sentenza impugnata avrebbe omesso delibare la «gravissima violazione di legge» in cui erano incorsi la banca ed il Tipputi nell’astenersi dal dare comunicazione all’attore della perdita intervenuta nel capitale investito nella misura superiore al 30%; il sedicesimo motivo del ricorso incidentale deduce la violazione dell’art. 21 TUF, degli artt. 1176 e 2236 e dell’art. 47 Cost. e dell’obbligo del neminem laedere sul presupposto che la sentenza impugnata avrebbe omesso di considerare che gli intermediari nella prestazione dei servizi finanziari devono comportarsi con diligenza, correttezza e trasparenza, obblighi comportamentali disattesi dai convenuti che «hanno omesso di agire con la diligenza dell’operatore qualificato», in tal modo pregiudicando lo specifico interesse patrimoniale fatto valere dal ricorrente, già leso, secondo quanto analiticamente denunciato per ciascuna di esse, dalle operazioni di disinvestimento operate senza la sua autorizzazione; il diciassettesimo motivo del ricorso incidentale deduce la violazione dell’art. 27 del regolamento intermediari, degli artt. 1176 e 2236 e dell’art. 47 Cost. e dell’obbligo del neminem laedere sul presupposto che la sentenza impugnata avrebbe omesso di considerare che i
convenuti erano incorsi nella violazione del divieto che preclude «tassativamente» le operazioni ad alto rischio a cui costoro avevano dato seguito senza che riguardo ad esse, peraltro pure viziate da conflitto di interessi, si fossero premuniti della richiesta autorizzazione dell’investitore; il diciottesimo motivo del ricorso incidentale deduce la violazione dell’art. 29 regolamento intermediari, degli artt. 1176 e 2236 e dell’art. 47 Cost. e dell’obbligo del neminem laedere sul presupposto che la sentenza impugnata avrebbe omesso di considerare che i convenuti erano tenuti a segnalare «l’inadeguatezza dell’operazione» WordCom in considerazione delle dimensioni dell’investimento, della natura altamente rischiosa dei titoli oggetto dell’operazione di concambio, dei titoli ulteriormente negoziati e del fatto che il ricorrente non fosse un investitore professionale; il diciannovesimo motivo del ricorso incidentale deduce la violazione dell’art. 119 TUB, degli artt. 1176 e 2236 e dell’art. 47 Cost. e dell’obbligo del neminem laedere sul presupposto che la sentenza impugnata avrebbe omesso di motivare «convenientemente» circa la mancata evasione della richiesta inoltrata alla banca di consegnare tutta la documentazione afferente l’acquisto delle obbligazioni RAGIONE_SOCIALE e segnatamente l’ordine di acquisto sottoscritto dall’investitore; il ventesimo motivo del ricorso incidentale deduce la violazione dell’art. 21 TUF, dell’art. 26 regolamento intermediari, degli artt. 1176 e 2236 e la violazione ancora degli obblighi gravanti sulla banca in forza del contratto di custodia ed amministrazioni e dell’obbligo del neminem laedere sul presupposto che la sentenza impugnata avrebbe omesso di motivare «convenientemente» circa la perdita secca patita dal ricorrente in occasione della conversione delle obbligazioni RAGIONE_SOCIALE in azioni MCI; il ventunesimo motivo del ricorso incidentale deduce la violazione degli artt. 21 e 23 TUF, degli artt. 1176, 1375, 2033 e 2043 sul presupposto che la sentenza impugnata avrebbe omesso di
considerare che «l’illecita condotta dei convenuti» aveva privato il ricorrente della possibilità di accedere al parziale risarcimento disposto dalla SEC a favore dei titolari delle obbligazioni Worldcom e alla class action nei confronti di Citigroup; il ventiduesimo motivo del ricorso incidentale deduce la violazione degli artt. 21 e 23 TUF, degli artt. 1176, 1375, 2033 e 2043 sul presupposto che la sentenza impugnata avrebbe omesso di considerare la denunciata violazione dell’art. 26 regolamento intermediari per non aver dato la banca «tempestiva esecuzione delle disposizioni di vendita impartite dall’attore»; il ventitreesimo motivo del ricorso incidentale deduce la violazione dell’art. 2 delle norme che regolano il deposito titoli sul presupposto che la sentenza impugnata avrebbe omesso di considerare che l’operazione concernente le obbligazioni RAGIONE_SOCIALE, implicando l’esercizio del diritto di opzione, poteva essere disposta «soltanto a seguito di ordine scritto» del depositante, fermo restando che, anche in applicazione delle disposizioni della circolare interna della banca, all’operazione si rendevano comunque applicabili le norme del regolamento intermediari; il ventiquattresimo motivo del ricorso incidentale deduce la violazione degli artt. 21 e 23 TUF, degli artt. 1176, 1375 e 2236 sul presupposto che la sentenza impugnata avrebbe omesso di considerare «la palese contraddittorietà ed infondatezza in fatto ed in diritto della tesi difensiva della banca in ordine alla validità della modulistica contrattuale» impiegata nell’occasione, posto che da un lato si sarebbe dovuto chiamare in causa l’istituto bancario a cui era succeduta la convenuta e dall’altro non troverebbe spiegazione perché nei confronti di alcuni investitori, trovantisi nella stessa condizione del ricorrente, si fosse proceduto alla stipula di un nuovo contratto; il venticinquesimo motivo del ricorso incidentale deduce la violazione dell’art. 28 regolamento intermediari sul presupposto che la sentenza impugnata avrebbe omesso di considerare come, anche
ad onta della modulistica utilizzata intestata ad altra banca, gli obblighi assunti dalla banca convenuta sottoscrivendo i documenti relativi imponevano l’adozione di una «condotta diligente, corretta e trasparente nell’interesse dei clienti» al fine di far conseguire a costoro il miglior risultato di gestione possibile; il ventiseiesimo motivo del ricorso incidentale deduce la violazione dell’art. 29 regolamento intermediari sul presupposto che la sentenza impugnata avrebbe omesso di «valorizzare» il rifiuto del COGNOME di dare corso alla disposizione di vendita delle azioni MCI ed il tardivo riconoscimento della banca che l’ordine doveva essere eseguito; il ventisettesimo motivo del ricorso incidentale deduce la violazione degli artt. 1218 e 2043 cod. civ. sul presupposto che la sentenza impugnata avrebbe omesso di considerare che la responsabilità dei convenuti -e segnatamente del COGNOME in relazione alle mansioni rivestite ed ai compiti affidatagli -si rendeva «apprezzabile» tanto sotto il profilo della responsabilità contrattuale quanto sotto il profilo extracontrattuale in ragione della denunciata inosservanza degli obblighi informativi gravanti sugli intermediari; il ventottesimo motivo del ricorso incidentale deduce la violazione del regolamento intermediari in tema di adeguatezza delle operazioni sul presupposto che la sentenza impugnata avrebbe omesso di considerare che le operazioni oggetto di contestazione erano «operazioni inadeguate» sotto un triplice profilo afferente all’oggetto, alle dimensioni e alla frequenza; il ventinovesimo motivo del ricorso incidentali con cui si deduce la violazione degli artt. 1218 e 2043 cod. civ. sul presupposto che la sentenza impugnata avrebbe omesso di considerare che, malgrado le reiterate istanze in tal senso di esso ricorrente, i convenuti si erano astenuti di trasmettere il richiesto certificato di minusvalenza cagionandogli di conseguenza «ulteriori gravissimi danni» per avergli precluso di poter fruire del previsto beneficio fiscale; il trentesimo motivo del ricorso incidentale deduce
la violazione degli artt. 2697, 1218 e 2043 cod. civ. sul presupposto che la sentenza impugnata sarebbe incorsa in errore allorquando «apoditticamente» afferma che nella specie non era stato provato, in relazione alle operazioni contestate, né le violazioni, né il danno, né il nesso di causalità; ed il trentunesimo motivo del ricorso incidentale con cui si deduce la violazione dell’art. «5 DPR N. 513/1997», sul presupposto che la sentenza impugnata sarebbe incorsa in errore allorquando non si avvede che i documenti afferenti le operazioni in quanto documenti informatici «sono privi di qualsivoglia rilevanza giuridica», difettando dei requisiti minimi che garantiscono la provenienza e l’integrità.
Tutti i sopradetti motivi esaminabili congiuntamente, stante l’unitarietà della censura, non hanno pregio.
A fronte, infatti, delle chiare ed esaustive motivazioni enunciate dalla sentenza impugnata sulle questioni di principio -ove si esprime, tra l’altro, l’avviso, su alcune delle doglianze sollevate, che «trattasi, invero, di motivi che o contengono deduzioni assolutamente generiche, non sempre logicamente conseguenziali e coerenti; o si limitano a riproporre questioni costituenti oggetto di altri motivi di appello; o ancora, sono privi di qualsiasi riferimento specifico alle parti della sentenza che si intendono appellare e alla rilevanza delle circostanze da cui deriva la violazione di legge ai fini della decisione impugnata essendo rivolti piuttosto a contestare le deduzioni svolte dalle controparti», ponendosi perciò in urto con il precetto della specificità del motivo di appello -i motivi ora in disamina, quando in relazione all’enunciato appena trascritto non siano destinati ad infrangersi sullo scoglio del difetto di autosufficienza ( ex plurimis , Cass., Sez. I, 6/09/2021, n. 24048), si rivelano manifestamente privi di contenuto critico in quanto si sostanziano nella mera riproposizione delle medesime ragioni di doglianza già sottoposte al
vaglio del giudice di merito e non si confrontano con quanto, a confutazione di esse, ha già precisato quel giudice, così incorrendo nella violazione del parametro della specificità ed evocando ancora una volta la categoria del “non motivo”, cui già si è fatto richiamo disaminando il secondo motivo del ricorso incidentale. Di più, i motivi in parola postulano, poi, una rimeditazione del sindacato istruttorio operato dal medesimo decidente e una rimodulazione degli esiti sfavorevoli di esso, nell’auspicio che il rinnovato apprezzamento delle risultanze di causa, che in tal modo si viene a sollecitare in questa sede, possa risultare di più immediata soddisfazione per il suo postulatore. Non vede, tuttavia, costui che così, però, si piega il giudizio di cassazione a finalità ad esso estranee, dato che esso non è concepibile come un terzo grado del giudizio di merito in cui si possa sperare di porre riparo alla pretesa ingiustizia della sentenza impugnata ( ex plurimis , Cass., Sez. U, 29/03/2013, n. 7931); e, sopratutto che, processualmente, si contravviene alle regole che ne governano lo svolgimento, non essendo infatti consentito, diversamente rendendosi la censura appunto inammissibile, che sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di legge, di mancanza assoluta di motivazione e di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio si celi il non surrettizio fine di dar corso alla rivalutazione dei fatti storici già compiuta dal giudice di merito ( ex plurimis , Cass., Sez. U, 27/12/2019, n. 34476).
i restanti motivi del ricorso incidentale non si sottraggono al medesimo giudizio che ne esclude la scrutinabilità.
Così il quarto motivo del ricorso incidentale -con cui si deduce la violazione dell’art. 23 TUF sul presupposto che la sentenza impugnata avrebbe erroneamente ritenuto che «l’importo» reclamato dal ricorrente era stato quantificato assumendo parametri
di calcolo del tutto arbitrari ed implicanti il raffronto tra il corrispettivo ritratto dalle vendite dei titoli ed il valore che gli strumenti finanziari avevano ad una data successiva individuata unilateralmente, quantunque si fosse fatta valere la responsabilità contrattuale ed extracontrattuale dei convenuti, l’obbligo restitutorio riguardasse tutte le operazioni contestate e non fosse stata spiegata la ragioni per cui non era stata disposta la perizia fonica -quando già non debba ricondursi nell’alveo delle doglianze di analoga natura di cui si è trattato al punto 9, si espone a plurimi rilievi di inammissibilità, tutti prospettabili sotto il profilo del difetto di specificità. Nella sua illustrazione, infatti, si sovrappongono ragioni di dissenso promiscuamente declinate (l’affermazione contestata riguarda la domanda risarcitoria e non la domanda restitutoria), non coerentemente riconducibili al tessuto motivazionale della sentenza (la domanda restitutoria non è stata accolta perché non proposta) e, quando non dirette a sollecitare una rinnovazione del sindacato istruttorio (perizia fonica), non omologabili allo statuto di censurabilità per cassazione degli errori di diritto che postula come è noto -e come si è ricordato in calce al secondo motivo del ricorso principale -che il vizio sia denunciato mediante specifiche argomentazioni intellegibili ed esaurienti, intese a motivatamente dimostrare in qual modo determinate affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata debbano ritenersi in contrasto con le indicate norme regolatrici della fattispecie o con l’interpretazione delle stesse fornite dalla giurisprudenza di legittimità.
Analogamente, il sesto motivo del ricorso incidentale -con cui si deduce la violazione dell’art. 23 TUF sul presupposto che la sentenza impugnata avrebbe erroneamente omesso di far discendere ogni conseguenza restitutoria o risarcitoria dalla declaratoria di nullità
degli ordine di «compravendita di titoli azionari ed obbligazionari con firme disconosciute e comunque apocrife del ricorrente» -non si confronta con le ragioni della decisione, attese le motivazioni adottate dal giudice di appello nel declinare tanto la domanda risarcitoria perché priva di riferimenti sindacabili e quanto la domanda restitutoria perché non proposta.
Anche il settimo motivo del ricorso incidentale -con cui si deduce la violazione dell’art. 23 TUF sul presupposto che la sentenza impugnata avrebbe erroneamente ritenuto che fosse onere del ricorrente provare il nesso di causalità tra inadempimento degli obblighi informativi ed il danno lamentato, quantunque fosse riconoscibile al riguardo una presunzione legale di sussistenza del nesso di causalità -; e il tredicesimo motivo del ricorso incidentale -con cui si deduce la violazione dell’art. 28 del regolamento intermediari, dell’art. 119 TUB e degli artt. 1176 e 2236, dell’art. 47 Cost. e dell’obbligo del neminem laedere sul presupposto che la sentenza impugnata avrebbe erroneamente delibato il motivo di appello in punto di danno e di nesso di causalità giudicando generica l’allegazione del primo ed indimostrato il secondo -si espongono ad analoghi preclusivi rilievi. Poiché per quanto possa esser vero che l’asimettria informativa che governa il rapporto tra intermediario ed investitore genera, ove sia accertata una violazione degli obblighi gravanti sul primo, una presunzione iuris tantum circa la sussistenza del rapporto causale tra inosservanza degli obblighi e danno lamentato, l’assunto che se ne ricava -che tutt’al più può avere qui rilevanza a mente dell’art. 384, comma 4, cod. proc. civ. -si rivela comunque privo di effetti, in tal modo evidenziando il difetto di interesse in capo al deducente, dal momento che la Corte di appello ha escluso la riconoscibilità, nella specie, di un danno risarcibile per
le ragioni già infondatamente contestate, in particolare, con il sesto motivo di ricorso.
Ancora così anche l’ottavo motivo del ricorso incidentale che deduce la violazione degli artt. 21 e 23 TUF e degli artt. 1176, 1375 e 2043 sul presupposto che la sentenza impugnata avrebbe erroneamente ritenuto insussistente la responsabilità contrattuale ed extracontrattuale dei convenuti quantunque costoro avessero agito in conflitto di interessi ed in violazione dei generali doveri di diligenza, correttezza e trasparenza, astenendosi dal fornire al ricorrente le informazioni concernenti il rischio sotteso alle operazioni effettuate e così impedendogli di compiere una scelta consapevole. In disparte, per vero, dal fatto che la censura non si accorda con il tenore della decisione, atteso che la Corte di appello ha negato la sussistenza della dedotta responsabilità risarcitoria in ragione della mancata prova del nesso di causalità tra l’inadempimento denunciato ed il danno lamentato, che è generica e che si concreta nell’indiretta sollecitazione alla rinnovazione del sindacato istruttorio, tutti rilievi che conducono a dare atto della sua inammissibilità per difetto del requisito di specificità, è comunque assorbente, in questa direzione, la considerazione che la Corte di appello ha escluso la sussistenza di un danno risarcibile, di talché non aggredendosi vittoriosamente questo profilo, come si è visto a commento del sesto motivo di ricorso, ogni ulteriore doglianza sviluppata in tema non può trovare alcun seguito.
Da ultimo è così anche per il trentaduesimo motivo del ricorso incidentale -con cui si deduce la violazione degli artt. 91 e 92 cod. proc. civ. sul presupposto che la sentenza impugnata avrebbe erroneamente pronunciato la condanna del ricorrente alla rifusione delle spese nei confronti del Tipputi ed altrettanto erroneamente compensato le spese tra il ricorrente e la banca -si rivela
inammissibile, posto che, come si insegna abitualmente il sindacato di legittimità in materia di spese giudiziali trova ingresso nella sola ipotesi in cui il giudice di merito abbia violato il principio della soccombenza ponendo le spese a carico della parte risultata totalmente vittoriosa (Cass., Sez. II, 31/08/2020, n. 18128).
Entrambi i ricorsi vanno dunque dichiarati inammissibili.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo nel rapporto tra il ricorrente incidentale ed il Tipputi; vanno invece integralmente compensate per la reciproca soccombenza nel rapporto tra i ricorrenti.
Ove dovuto sussistono i presupposti per il raddoppio a carico di entrambi i ricorrenti del contributo unificato ai sensi del dell’art. 13, comma 1quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
P.Q.M.
Dichiara il ricorso principale ed il ricorso incidentale inammissibili; compensa le spese di lite tra ricorrente principale e ricorrente incidentale; condanna il ricorrente incidentale al pagamento delle spese di lite in favore di NOME COGNOME in euro 5200,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre al 15% per spese generali ed accessori di legge.
Ai sensi del dell’art. 13, comma 1quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte di entrambi i ricorrenti, ove dovuto, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.
Cosi deciso in Roma nella camera di consiglio della I sezione civile il giorno 29 gennaio 2025.
Il Presidente Dott. NOME COGNOME