Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 35071 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 35071 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 30/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOME COGNOME quale erede di COGNOME NOME, rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME del Foro di Bologna
-ricorrente-
Contro
COGNOME NOME rappresentata e difesa dall ‘Avv. Prof. NOME COGNOME del Foro di Bologna
-controricorrente –
Nonchè
NOME NOME -intimate-
Oggetto: semplice
Società
Avverso la sentenza della Corte di Appello di Bologna n. 2983/2020 pubblicata il 29.9.2020, non notificata.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 18.12.2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1 .-A seguito della morte della Sig.ra NOME COGNOME i suoi cinque figli, NOME, NOME, NOME, NOME e NOME COGNOME divenivano coeredi di alcuni fondi siti nei Comuni di Oria e di Latiano (BR).
Fin da subito, la gestione concreta di tali fondi veniva affidata al fattore NOME COGNOME il quale continuò l’esercizio di un’attività già intrapresa quando la sig.ra NOME COGNOME era in vita.
Successivamente, ai fini di una migliore gestione dei beni, i cinque fratelli costituivano fra di loro una società (RAGIONE_SOCIALE): la carica di amministratore venne affidata alla sig.ra NOMECOGNOME che la esercitava limitatamente alla amministrazione ordinaria, mentre, quella straordinaria, rimase in capo ai cinque fratelli, che la esercitavano congiuntamente.
2.─ A seguito di giudizio divisionale, il Tribunale di Bologna disponeva la divisione dei fondi. Nel corso di tale processo, tanto l’attrice quanto i convenuti (i quattro fratelli e i signori COGNOME, quali, questi ultimi, risultavano condividenti di alcuni dei beni lasciati in eredità) proponevano ulteriori domande.
In particolare, l’attrice avanzava domanda di scioglimento di una società di fatto asseritamente esistente tra i fratelli, una domanda di indebito e una domanda di rimborso delle somme anticipate alla massa. Le sorelle NOME e NOME proponevano anch’esse domanda di restituzione di somme e, in aggiunta, domanda di risarcimento. Tali domande venivano tutte dichiarate inammissibili dal Tribunale perché proposte tardivamente. Le uniche domande che venivano vagliate nel merito erano le domande proposte dai fratelli NOME ed NOME Tra le altre richieste, essi avanzavano domanda
di rendiconto nei confronti di NOME, NOME e NOME, in relazione alla gestione dei fondi da esse effettuate. Su tale domanda il Tribunale si pronunciava dichiarandone l’infondatezza, avendo NOME ed NOME mancato di provare la gestione diretta della cosa comune da parte delle sorelle.
3 .─ Avverso tale sentenza NOME COGNOME proponeva gravame dinanzi alla Corte di appello di Bologna. Si costituivano in giudizio NOME e NOME COGNOME che formulavano anche appello incidentale. La Corte adita con la sentenza qui impugnata, ha rigettato l’appello principale e quello incidentale .
Per quanto qui di interesse la Corte di merito ha precisato che:
l’oggetto dell’atto di impugnazione consiste, sostanzialmente, in una domanda di risarcimento danni esperita nei confronti della revocanda amministratrice NOMECOGNOME dalla cui negligente condotta gestoria sarebbero derivati danni non solo alla società, ma anche ai singoli soci.
Più precisamente, l’esercizio di tale azione è stato subordinato all’accoglimento di due domande preliminari: in primo luogo, una domanda di rendiconto e, in secondo luogo, un’istanza istruttoria, la quale – mediante CTU od interrogatorio formale – avrebbe sopperito alla mancata presentazione dei conti da parte dell’amministratrice inadempiente;
b) benché il primo e il quarto motivo appaiano – in teoria fondati, lo stesso non può dirsi per la domanda principale (di risarcimento danni) a cui essi sono preordinati. L’azione di rendiconto proposta nel giudizio di primo grado non può dirsi coperta da giudicato ex art. 2909 c.c., poiché manca un’identità di petitum e di causa petendi tra questa azione e quella esperita dallo stesso ricorrente nel giudizio R.G. 3022/2001 (conclusosi con sentenza n. 195 del 2011).
Infatti, mentre l’azione proposta in quella sede assumeva a presupposto di fatto il possesso dei beni in comunione tra i fratelli e la concreta gestione che di essi si riteneva fosse stata compiuta dalla
sorella NOME in questa sede muta il titolo in base al quale l’azione viene esercitata, che deve identificarsi nella carica di amministratrice da essa ricoperta in seno alla RAGIONE_SOCIALE
In altri termini, l’azione di rendiconto non viene più esperita ai sensi dell’art. 723 c.c., ma dell’art. 2261 c.c., dove causa petendi non è la semplice gestione dei beni oggetto di condivisione ma la più generica attività di amministrazione della società (società di cui come più volte precisato – NOME è amministratrice e il ricorrente è socio);
l’azione di responsabilità che un socio esercita nei confronti degli amministratori ai sensi dell’art. 2395 c.c. – la quale è prevista espressamente per le società di capitali ma può esercitarsi in via analogica anche nelle società personali – obbliga chi la esperisce a provare quali sono i comportamenti espressamente vietati dalla legge o dallo statuto che l’amministratore abbia posto in essere.
E ‘ vero che tra di essi ben può esservi la violazione del dovere di lealtà e di diligenza cui gli amministratori sono tenuti.
Nondimeno, tale censura non può mai tradursi in un sindacato sul merito dell’attività di gestioni da essi svolta.;
il giudizio sulla diligenza di un amministratore nell’adempimento del suo mandato non può mai investire le sue scelte di gestione (o le modalità o le circostanze di tali scelte).
Si tratta di un principio generalmente conosciuto, che consente di censurare non la mera opportunità o bontà di un’operazione disposta dall’amministratore, ma solo la sua (eventuale) irrazionalità od aleatorietà;
la censura sulla responsabilità di NOME COGNOME per non aver adottato misure idonee a contenere il costo dei braccianti, in modo da salvaguardare la redditività dei fondi, eventualmente anche mediante un affitto degli stessi, non chiarisce perché tali condotte dovrebbero considerarsi in violazione di obblighi legali o statutari.
Del pari infondata è la prospettazione della responsabilità della COGNOME per le cartelle esattoriali ricevute dalla società agricola, sol che si consideri che i debiti in esse contenuti sono stati saldati e che il credito per il rimborso è stato fatto valere dalle sorelle NOME e NOME COGNOME in via riconvenzionale;
f) va respinto l’appello incidentale proposto da NOME e NOME, ai fini della refusione delle spese sostenute per il “mantenimento in vita” della RAGIONE_SOCIALE ed il rimborso delle somme anticipate per la gestione dei fondi (nello specifico, i contributi agricoli unificati dei braccianti e relativo condono previdenziale).
Con riguardo alle somme per il pagamento dei contributi che le istanti assumono aver personalmente sostenuto e di cui chiedono pertanto il rimborso, deve convenirsi con il giudice di prime come appaia del tutto impossibile comprendere, per la maggior parte dei pagamenti allegati, se essi siano stati effettuati avvalendosi di propri fondi personali piuttosto che di quello comune della società. Sulla refusione delle spese sostenute per il “mantenimento in vita” della RAGIONE_SOCIALE, altrettanto corretta è la valutazione del primo giudice circa l’assoluta genericità ed indeterminatezza delle relative richieste, basate su asserzioni prive di qualsiasi riscontro probatorio.
─ COGNOME NOMECOGNOME quale erede di COGNOME NOME, ha presentato ricorso per cassazione con un motivo ed anche memoria.
COGNOME NOME ha presentato controricorso ed anche memoria. COGNOME NOME, COGNOME NOME E COGNOME NOME sono rimaste intimate.
RAGIONI DELLA DECISIONE
La ricorrente deduce:
5. ─ Violazione e falsa applicazione dell’art. 2261 c,c. in relazione all’art. 360,comma 1, n.5, c.p.c. Omesso esame (e dunque illecito motivazionale) circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato
oggetto di discussione tra le parti(obbligo di rendiconto in capo all’Amministratore).
Nullità della sentenza impugnata, laddove esclude ogni responsabilità in capo ai convenuti/resistenti non per assenza di responsabilità (in punto alla responsabilità nessuna migliore o precisa statuizione), ma per mancanza di danno in capo all’attore.
5.1 -Il ricorso è inammissibile per carenza del requisito della sommaria esposizione dei fatti di causa: sono illustrati in modo inidoneo ed insufficiente i diversi passaggi processuali e soprattutto non sono indicati sia i fatti costitutivi che il petitum dell’originaria domanda di primo grado dell’odierno ricorrente .
Il disposto dell’art. 366, comma 1, n. 3, c.p.c. – secondo cui il ricorso per cassazione deve contenere, a pena di inammissibilità, l’esposizione sommaria dei fatti di causa – non risponde ad un’esigenza di mero formalismo, bensì a consentire alla SRAGIONE_SOCIALE di conoscere dall’atto, senza attingerli aliunde , gli elementi indispensabili per una precisa cognizione dell’origine e dell’oggetto della controversia, dello svolgimento del processo e delle posizioni in esso assunte dalle parti; per soddisfare tale requisito occorre che il ricorso per cassazione contenga, in modo chiaro e sintetico, l’indicazione delle reciproche pretese delle parti, con i presupposti di fatto e le ragioni di diritto che le hanno giustificate, delle eccezioni, delle difese e delle deduzioni di ciascuna parte in relazione alla posizione avversaria, dello svolgersi della vicenda processuale nelle sue articolazioni e, dunque, delle argomentazioni essenziali, in fatto e in diritto, su cui si è fondata la sentenza di primo grado, delle difese svolte dalle parti in appello e, infine, del tenore della sentenza impugnata (cass., n. 22575/2019; Cass., n. 12865/2020; Cass., n. 1352/2024).
-Per quanto esposto, il ricorso va dichiarato inammissibile con condanna della ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate come in dispositivo.
P.Q.M .
La Corte dichiara il ricorso inammissibile. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in € 4.500 per compensi e € 200 per esborsi oltre spese generali, nella misura del 15% dei compensi, ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30.5.2002, n.115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, l. 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Prima Sezione