Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 31509 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 31509 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 08/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso 8847-2021 proposto da:
COGNOME, domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 763/2020 della CORTE D’APPELLO di LECCE, depositata il 14/01/2021 R.G.N. 2/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 08/10/2024 dal Consigliere Dott. NOME
Oggetto
Opposizione a decreto ingiuntivo
R.G.N. 8847/2021
COGNOME
Rep.
Ud. 08/10/2024
CC
NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con la sentenza in epigrafe indicata, la Corte d’appello di Lecce rigettava l’appello proposto da COGNOME COGNOME contro la sentenza del Tribunale di Brindisi n. 820/2017, con la quale era stato revocato il decreto ingiuntivo chiesto ed ottenuto dal COGNOME nei confronti della RAGIONE_SOCIALE per il pagamento della somma di € 15.609,00, oltre accessori, e, in accoglimento della domanda riconvenzionale spiegata da detta società, l’opposto era stato condannato al pagamento di € 157.064,00, somma da cui doveva detrarsi l’importo di € 15.609,82.
Avverso tale decisione COGNOME NOME ha proposto ricorso per cassazione, affidato a cinque motivi.
L’intimata ha resistito con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo il ricorrente ‘denuncia: a) in relazione all’art. 360, n. 3, violazione e falsa applicazione dell’art. 2736 cod. civ. e dell’art. 116 cod. proc. civ.; b) in relazione all’art. 360, n. 5, cod. proc. civ., omessa motivazione e omesso esame di un punto decisivo della controversia’. Rileva ‘che la Corte d’appello non ha accolto l’istanza di produzione documentale ed avrebbe dovuto rifissare per la discussione e/o per l’anticipato deferimento all’A.U. del giuramento decisorio sui fatti posti a fondamento della propria domanda giudiziale’.
Con un secondo motivo deduce ‘Violazione ed omessa motivazione in ordine alla chiesta produzione documentale
ampiamente articolata in ordine alla necessità di sua allegazione in risposta alla comparsa di controparte’.
Un terzo motivo è rubricato come segue: ‘Violazione di legge non essendovi alcun indebito oggettivo sulle somme elargite a titolo di rimborso forfettario’.
Con un quarto motivo il ricorrente denuncia ‘Violazione di legge: inapplicabilità dell’indebito oggettivo’.
Con un quinto motivo deduce: ‘Illogicità della sentenza violazione di legge contraddittorietà. Errore di fatto di applicazione normativa; Illogicità contraddittorietà della sentenza in violazione di legge sulla applicabilità al caso di specie della normativa sul pubblico impiego. Non necessarietà della delibera assembleare per la rimunerazione ex art. 2389 c.c.’.
6. Il ricorso è inammissibile.
Secondo le Sezioni unite di questa Corte, il ricorso per cassazione deve essere redatto in conformità ai principi di chiarezza e sinteticità espositiva, occorrendo che il ricorrente selezioni i profili di fatto e di diritto della vicenda sub iudice posti a fondamento delle doglianze proposte, in modo da offrire al giudice di legittimità una concisa rappresentazione dell’intera vicenda giudiziaria e delle questioni giuridiche prospettate e non risolte o risolte in maniera non condivisa, per poi esporre le ragioni delle critiche nell’ambito della tipologia dei vizi elencata dall’art. 360 c.p.c.; tuttavia l’inosservanza di tali doveri può condurre ad una declaratoria di inammissibilità dell’impugnazione soltanto quando si risolva in una esposizione oscura o lacunosa dei fatti di causa o pregiudichi l’intellegibilità delle censure mosse alla sentenza
gravata, così violando i requisiti di contenuto-forma stabiliti dai nn. 3 e 4 dell’art. 366 c.p.c. (così Cass., sez. un., 30.11.2021, n. 37552).
Sempre per le Sezioni unite, inoltre, il ricorso per cassazione deve essere articolato in specifiche censure riconducibili in maniera immediata ed inequivocabile ad uno dei cinque motivi di impugnazione previsti dall’art. 360, comma 1, c.p.c., sicché, pur senza la necessaria adozione di formule sacramentali o l’esatta indicazione numerica di uno dei predetti motivi, è indispensabile che le censure individuino con chiarezza i vizi prospettati, tra quelli inquadrabili nella tassativa griglia normativa (in tal senso Cass., sez. un., 8.11.2021, n. 32415).
Ebbene, il ricorso in esame risulta concepito e redatto in chiaro contrasto con i suddetti principi di diritto.
9.1. Anzitutto in tale atto d’impugnazione appare del tutto deficitaria ‘l’esposizione sommaria dei fatti di causa’, richiesta dall’art. 366, comma primo, n. 3) c.p.c. (nel testo vigente all’epoca di proposizione del ricorso per cassazione).
Più in particolare, la parte del ricorso rubricata ‘Fatto’ si apre dando molto sinteticamente conto del perché la Corte di appello aveva rigettato l’appello, senza però nemmeno specificare, tra l’altro, quali causali avessero, rispettivamente, la somma di cui era stato ingiunto il pagamento con il decreto revocato già dal primo giudice e quella oggetto della domanda riconvenzionale di condanna spiegata dell’opponente, accolta dallo stesso giudice.
Nel ricorso in esame, tuttavia, non solo è senz’altro graficamente assente una parte dell’atto dedicata
all’esposizione sommaria dei fatti di causa, ma la stessa non è affatto desumibile in modo chiaro dallo svolgimento dei singoli motivi d’impugnazione (cfr. Cass., sez. III, 28.6.2018, n. 17036)
Invero, una sia pur ‘concisa rappresentazione dell’intera vicenda giudiziaria e delle questioni giuridiche prospettate e non risolte o risolte in maniera non condivisa’ non è dato poter trarre dallo stesso svolgimento dei cinque motivi proposti
Più nello specifico, il primo motivo, che fa cumulativamente riferimento ai differenti mezzi di cui all’art. 360, comma primo, n. 3) e n. 5) c.p.c. (peraltro, imbattendosi in questo secondo caso nella preclusione di cui all’art. 348 ter, comma quarto, c.p.c. in presenza di c.d. ‘doppia conforme’), non specifica quale ‘produzione documentale’ la Corte d’appello non avrebbe ammesso, né precisa quando e come, e su quale formula, sarebbe stato deferito all’amministratore unico della società opponente un ‘gi uramento decisorio sui fatti posti a fondamento della domanda’ (fatti, questi, del resto, parimenti non precisati in tale motivo); neppure precisa se e quali provvedimenti la Corte di merito avesse adottato a riguardo.
In disparte, allora, l’inammissibilità ex se di detta censura, priva anche dei requisiti di specificità/autosufficienza del ricorso per cassazione, è evidente che essa non è in grado d’integrare neanche parzialmente un’esposizione, sia pur sommaria, dei fatti di causa.
E analoghe considerazioni valgono per il secondo motivo, pure ex se inammissibile (mancandovi l’indicazione sia del mezzo di ricorso che delle norme in ipotesi violate), che
allude ad una ‘seguente documentazione’ mai specificata anche negli ulteriori motivi di ricorso.
Non diversamente nel terzo motivo è prospettata un’imprecisata ‘violazione di legge’, sostenuta sull’assunto che non vi sarebbe ‘alcun indebito oggettivo sulle somme elargite a titolo di rimborso forfettario’; assunto, a sua volta, esposto in una successiva trattazione senz’altro non chiara e non in grado di specificare i fatti di causa (v. pagg. 8-15 del ricorso).
Pure nel quarto motivo è dedotta (sempre senza alcuna indicazione normativa in rubrica) una non precisata ‘violazione di legge’ per ‘inapplicabilità dell’indebito oggettivo’, in base ad altre non pertinenti considerazioni (v. pagg. 15-18 del ricorso).
Infine, il quinto motivo, come già risulta dalla sua rubrica innanzi premessa, sembra denunciare promiscuamente sia anomalie motivazionali dell’impugnata sentenza che violazioni di norme di diritto, ma in termini che non risultano distinti, e men che meno chiariti, nello sviluppo della censura (v. pagg. 18-25 del ricorso).
Restano, in definitiva, confermate le anticipate ragioni d’inammissibilità dell’intero ricorso (oltre che dei singoli motivi dello stesso).
Il ricorrente, in quanto soccombente, dev’essere condannato al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese di questo giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, ed è tenuto al versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in € 200,00 per esborsi ed € 5.500,00 per compensi professionali, oltre al rimborso forfettario delle spese generali nella misura del 15%, IVA e CPA come per legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.
Così dec iso in Roma nell’adunanza camerale