Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 23287 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 23287 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 14/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso 24445-2024 proposto da:
NOMECOGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOMECOGNOME DI NOME COGNOME NOMECOGNOME tutti rappresentati e difesi dall’avvocato NOME COGNOME
– ricorrenti –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1944/2024 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 08/05/2024 R.G.N. 1337/2023;
Oggetto
Licenziamento disciplinare per giusta causa
R.G.N.24445/2024
COGNOME
Rep.
Ud13/05/2025
CC
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 13/05/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Con la sentenza in epigrafe indicata la Corte d’appello di Napoli rigettava l’appello proposto dai sette lavoratori sopra detti contro la sentenza del Tribunale della medesima sede n. 3426/2023 che, previa riunione dei procedimenti da loro introdotti con separati ricorsi, aveva rigettato quei ricorsi, volti a sentir dichiarare l’illegittimità del trasferimento presso il Ministero delle Finanze disposto per ognuno di loro dalla RAGIONE_SOCIALE e a sentir annullare e dichiarare privo di giusta causa e/o giustificato motivo il licenziamento, parimenti ad ognuno di loro intimato dalla datrice di lavoro, per assenza ingiustificata dal lavoro nei giorni dall’11.1.2021 al 27.1.2021, a seguito dei suddetti trasferimenti.
Per quanto qui interessa, dopo aver dato conto dei motivi d’appello dei lavoratori, la Corte territoriale giudicava, in primo luogo, priva di pregio l’osservazione degli attori, per la quale l’ordine di trasferimento doveva indicare ‘nel suo interno anc he l’indicazione delle ragioni oggettive per le quali i comparenti dovevano essere rimossi dalla loro teorica posizione lavorativa i guisa da assicurare il buon fondamento del provvedimento’.
Per la Corte, inoltre, alcun rilievo, ai fini della legittimità del trasferimento, presentava la circostanza che i lavoratori fossero in ferie o comunque diversamente incollocati al lavoro, perché la pendenza di tali situazioni non ostava alla determinazione datoriale, se sorretta da adeguate ragioni tecniche, organizzative o produttive, di disporre una nuova sede
lavorativa; e per la Corte appunto sussistevano tali esigenze, poste a base dell’impugnato trasferimento, come riscontrate dall’istruttoria svolta in primo grado.
Secondo la Corte, ancora, alcun rilievo presentavano, ai fini della verifica della legittimità del trasferimento, le pur comprensibili difficoltà personali dei lavoratori a raggiungere la nuova sede, al riguardo rilevando unicamente l’effettività delle esigenze poste dall’art. 2103 c.c. e, in tale contesto, in disparte che parte datoriale aveva fornito la prova dell’insussistenza di sedi disponibili nella regione Campania, anche il controllo di tale profilo fuoriusciva dalla valutazione giudiziale, se non ravvisabile una lesione della correttezza e della buona fede.
In conclusione, era stato disposto un trasferimento che appariva, per quanto non conveniente per i lavoratori, legittimo e tanto non consentiva ai lavoratori di validamente eccepire, com’è invece possibile a determinate diverse condizioni, l’inadempimento datoriale, ai sensi dell’art. 1460, comma 2, c.c.
Avverso tale decisione i sette lavoratori soccombenti hanno proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi.
Ha resistito l’intimata con controricorso e successiva memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo i ricorrenti denunciano ‘Violazione e falsa applicazione della norma di diritto (art. 360 n. 3 cpc) in rapporto all’art. 115 cpc stante la violazione del principio dispositivo e con riferimento altresì al disposto degli artt. 36
comma 3, 24 e 111 cost.ne’. Censurano la sentenza della Corte d’appello dove ha considerato che: ‘Alcun rilievo, poi, ai fini della legittimità del trasferimento, presenta la circostanza che i lavoratori fossero in ferie o comunque diversamente incollocati al lavoro, la pendenza di tali situazioni non ostando alla determinazione datoriale, se sorretta da adeguate ragioni tecniche, organizzative o produttive, di disporre una nuova sede lavorativa’. Deducono che: ‘Non v’è dubbio che la risposta così resa non è rapportabile al contendere agitato dalle parti atteso che doveva essere solo accertata la ritualità e la fondatezza della posizione difensiva di controparte in ordine al capo di gravame interposto con riferimento all’effettivo contenuto criptico dedotto e se i lavoratori erano in ferie o meno’.
2. Con un secondo motivo denunciano ‘Violazione e falsa applicazione della norma di diritto (art. 360 n. 3 cpc) in rapporto all’art. 112 cpc per il quale il giudice deve pronunciare su tutta la domanda’. Secondo i ricorrenti si doveva ‘soltanto considerare la ricorrenza dell’ipotetico contratto di appalto ed il suo contenuto tale da giustificare il contestato trasferimento. La sentenza di primo grado omette di rendere un contenuto di risposta su questo aspetto del contendere stante la carenza di ogni deduzione in questo merito né comunque il predetto contratto, fonte e ragione del contestato trasferimento, è stato mai prodotto in giudizio. Sul punto nella parte motiva la predetta decisione si limita ad inferire che i ricorrenti dovevano prestare la loro opera nel predetto ipotetico nuovo contratto di appalto senza tuttavia porsi il problema della effettiva ricorrenza di questa circostanza che doveva essere provata ex adverso sul piano documentale tenuto conto della qualità del committente. La sentenza della C orte d’appello di Napoli reitera tale contenuto
omissivo in ordine all’accertamento della ricorrenza di questa circostanza in forma totalitaria atteso che nulla espone e deduce in questo merito ad onta della sua rilevanza siccome di fondamento della legittimità del trasferimento che dovrebbe essere giustificato dalla ricorrenza di questo nuovo contratto stipulato da RAGIONE_SOCIALE con il MEF sede di Roma che dovrebbe avere importato l’esigenza di ricollocazione nello stesso dei ricorrenti’.
Con un terzo motivo denunciano ‘Violazione e falsa applicazione di norme di diritto (art. 360 n. 3 cpc) in rapporto all’art. 112 cpc di obbligo della corrispondenza del chiesto al pronunziato’. Impugnano ‘la sentenza in relazione alla omissione dell’acc ertamento della ricorrenza di posti utili di collocazione dei ricorrenti nella provincia di Napoli nelle specifiche circostanze espresse nell’atto introduttivo del giudizio di primo grado riproposto come specifico motivo di appello nel giudizio di secondo grado’.
4. Il ricorso è inammissibile.
Rileva il Collegio che il n. 3) del comma primo dell’art. 366 c.p.c. (sul ‘Contenuto del ricorso’ per cassazione), come sostituito dall’art. 3, comma 27, lett. d), n. 1), d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149, a decorrere dal 1° gennaio 2023, recita: ‘la chiara esposizione dei fatti della causa essenziali alla illustrazione dei motivi di ricorso’.
A sua volta il n. 4) del medesimo comma cit., come sostituito dalla medesima disposizione suddetta, recita: ‘la chiara e sintetica esposizione dei motivi per i quali si chiede la
cassazione, con l’indicazione delle norme di diritto su cui si fondano’.
5.1. A norma, poi, dell’art. 35, comma 5, dello stesso d.lgs. n. 149/2022, come modificato dall’art. 1, comma 380, lett. a), l. 29 dicembre 2022, n. 197, tali disposizioni si applicano ai giudizi introdotti con ricorso notificato a decorrere da tale data, e il ricorso per cassazione in esame è stato notificato in data 6.11.2024, e quindi ben dopo l’1 dicembre 2023.
Nota, del resto, il Collegio che le Sezioni unite di questa Corte, già prima di tale ‘novella’, avevano insegnato che il ricorso per cassazione deve essere redatto in conformità ai principi di chiarezza e sinteticità espositiva, occorrendo che il ricorrente selezioni i profili di fatto e di diritto della vicenda sub iudice posti a fondamento delle doglianze proposte, in modo da offrire al giudice di legittimità una concisa rappresentazione dell’intera vicenda giudiziaria e delle questioni giuridiche prospettate o risolte in maniera non condivisa, per poi esporre le ragioni delle critiche nell’ambito della tipologia dei vizi elencati dall’art. 360 c.p.c.; tuttavia l’inosservanza di tali doveri può condurre ad una declaratoria di inammissibilità dell’impugn azione soltanto quando si risolva in una esposizione oscura e lacunosa dei fatti di causa o pregiudichi l’intelligibilità delle censure mosse alla sentenza gravata, così violando i requisiti di contenutoforma stabiliti dai nn. 3 e 4 dell’art. 366 c.p.c. (così Cass., sez. un., 30.11.2021, n. 37552).
Ebbene, rileva in primo luogo il Collegio che già la ‘Breve esposizione in fatto della vicenda per cui è causa’, contenuta ricorso (alle pagg. 2-4), non risulta affatto rispondente al requisito di una chiarezza funzionale ‘alla illustrazione dei motivi
di ricorso’. Tale parte dell’atto, difatti, si risolve essenzialmente in quanto sostenuto dai lavoratori circa i trasferimenti dai quali erano stati interessati, mancandosi, tra l’altro, di specificare: le date dei singoli provvedimenti di trasferimento, come delle contestazioni disciplinari loro mosse e dei successivi licenziamenti loro intimati, quali fossero le precise domande formulate a riguardo, nonché almeno una sintesi delle ragioni per le quali la Corte di merito aveva respinto il loro appello contro la decisione di primo grado.
Con precipuo riferimento, poi, al primo motivo, rispetto allo specifico passaggio motivazionale censurato dai ricorrenti (presente alla fine di pag. 3 della sentenza), non è dato comprendere sotto quale profilo questi ultimi reputino violato o falsament e applicato l’art. 115 c.p.c., non deducendosi che la Corte di merito avrebbe posto a fondamento della propria decisione prove non ‘proposte dalle parti’. E lo stesso è a dirsi per il principio del contraddittorio ex art. 111 Cost., pure evocato dai ricorrenti, al pari degli art. 24 e 36, comma terzo, Cost.
8.1. Nel passo di motivazione in questione, del resto, la Corte territoriale non ha posto in discussione che i lavoratori allora appellanti fossero in ferie all’epoca del trasferimento, ‘o comunque diversamente incollocati al lavoro’, ma ha ritenuto che ta li condizioni non fossero ostative ‘alla determinazione datoriale, se sorretta da adeguate ragioni tecniche, organizzative o produttive, di disporre una nuova sede lavorativa’. Trattasi, quindi, di una valutazione in punto di diritto e che in tale chiave poteva essere censurata in questa sede di legittimità.
In relazione al secondo ed al terzo motivo di ricorso, rileva il Collegio che in entrambe le censure è dedotta la ‘violazione e falsa applicazione di norme di diritto’ ex art. 360, comma primo, n. 3), c.p.c., ‘in rapporto all’art. 112 c.p.c.’.
La violazione di quest’ultima norma, tuttavia, integrando error in procedendo , doveva essere a rigore dedotta ex art. 360, comma primo, n. 4), c.p.c.
9.1. Vero è che, secondo un consolidato orientamento di questa Corte, nel caso in cui il ricorrente lamenti l’omessa pronuncia, da parte dell’impugnata sentenza, in ordine ad una delle domande o eccezioni proposte, non è indispensabile che faccia esplicita menzione della ravvisabilità della fattispecie di cui al n. 4 del primo comma dell’art. 360 c.p.c., con riguardo all’art. 112 c.p.c., purché il motivo rechi univoco riferimento alla nullità della decisione derivante dalla relativa omissione (così, tra le altre, Cass. n. 41790/2021; n. 624/2021; n. 9478/2020).
Nelle due censure in esame, tuttavia, non si riscontra alcun ‘univoco riferimento alla nullità della decisione derivante’ dalle omissioni di pronuncia denunciate.
Circa il secondo motivo, inoltre, mette conto aggiungere che, come emerge dai passi sopra riferiti che dovrebbero enucleare il contenuto della censura, l’omessa pronuncia circa ‘la ricorrenza dell’ipotetico contratto di appalto ed il suo contenuto tale da giustificare il contestato trasferimento’, secondo l’attuale prospettazione dei ricorrenti, era già imputabile alla decisione di primo grado, ma i ricorrenti non specificano se e con quale motivo d’appello avessero
impugnato quella sentenza; sicché la censura difetta comunque di autosufficienza.
I ricorrenti, in quanto soccombenti, devono essere condannati al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese di questo giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, e sono tenuti al versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna i ricorrenti al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in € 200,00 per esborsi e in € 3.200,00 per compensi professionali, oltre rimborso forfetario delle spese generali nella misura del 15%, IVA e C.P.A. come per legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.
Così dec iso in Roma nell’adunanza camerale del 13.5.2025.
La Presidente
NOME COGNOME