Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 4877 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 4877 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 23/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 32370/2019 R.G. proposto da NOME COGNOME, elettivamente domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, rappresentata e difesa dall ‘ AVV_NOTAIO
-ricorrente-
contro
NOME COGNOME, rappresentata e difesa dall ‘ AVV_NOTAIO (indirizzo p.e.c. indicato nel controricorso: EMAIL)
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della CORTE D ‘ APPELLO DI CATANIA n. 1124/2019 pubblicata il 16 maggio 2019
Udita la relazione svolta nell ‘ adunanza camerale del 28 novembre dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con sentenza n. 687/2017 del 10 febbraio 2017 il Tribunale di Catania così definitivamente statuiva sulle domande proposte da NOME e NOME COGNOME contro la germana NOME COGNOME: (a)dichiarava che la tettoia realizzata dalla convenuta nel suo
immobile sito in INDIRIZZO alla INDIRIZZO violava la distanza verticale di tre metri, prescritta dall ‘ art. 907 c.c., rispetto al ballatoio del balcone di proprietà di NOME COGNOME; (b)dichiarava che il tubo di gronda apposto sulla medesima tettoia violava la distanza di un metro, imposta dall ‘ art. 889, comma 2, c.c., rispetto al muro divisorio delimitante il confine con la proprietà di NOME COGNOME; (c)per l ‘ effetto, condannava NOME COGNOME al ripristino dell ‘ originario stato dei luoghi mediante la rimozione dei predetti manufatti, o altrimenti al loro arretramento fino alla distanza legale, ponendo a carico della stessa le spese di lite.
L ‘ impugnazione successivamente proposta dalla soccombente era respinta dalla Corte distrettuale di Catania con sentenza n. 1124/2019 del 16 maggio 2019, con la quale veniva disposta la correzione di alcuni errori materiali contenuti nella pronuncia gravata e statuita la condanna dell ‘ appellante al pagamento delle ulteriori spese del grado.
Avverso questa sentenza NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione nei confronti della sola NOME COGNOME, avendo l ‘ impugnante nel frattempo raggiunto un accordo transattivo con il fratello NOME.
NOME COGNOME ha resistito al gravame con controricorso.
Il ricorso è stato avviato alla trattazione in camera di consiglio, ai sensi dell ‘ art. 380bis .1 c.p.c..
La controricorrente ha depositato memoria illustrativa.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso proposto da NOME COGNOME è articolato in due motivi, denuncianti, rispettivamente:
(1)la violazione e la falsa applicazione dell ‘ art. 132 c.p.c. e degli artt. 907, 1062 e 2729 c.c., nonché ( recte : art. 360, comma 1, nn. 3 e 5
c.p.c. -n.d.r.);
(2)la violazione e la falsa applicazione dell ‘ art. 132 c.p.c. e degli artt. 889, 905, 1062 e 2729 c.c., nonché ( recte : art. 360, comma 1, nn. 3 e 5 c.p.c. -n.d.r.).
Con entrambi i predetti mezzi di gravame viene rimproverato alla Corte d ‘ Appello di Catania di aver a torto escluso, sulla scorta di un ‘ erronea valutazione delle emergenze probatorie -e in particolare: della documentazione proveniente dal Comune di Aci Catena; delle dichiarazioni rese dai testimoni escussi in corso di causa; delle risultanze dell ‘ espletata c.t.u.; delle immagini satellitari prodotte in giudizio-, che la tettoia e la grondaia per cui si controverte fossero preesistenti all ‘ atto di donazione per notar NOME COGNOME del 13 marzo 2003, con il quale NOME COGNOME e NOME donarono ai germani NOME, NOME e NOME COGNOME tre distinte unità immobiliari facenti parte del medesimo fabbricato di proprietà di esse donanti.
Si sostiene, in proposito, che una diversa e più corretta ricostruzione della fattispecie concreta, fondata su una lettura alternativa del compendio istruttorio, avrebbe dovuto indurre il giudice distrettuale a riconoscere la configurabilità, nel caso di specie, di una servitù costituita per destinazione del padre di famiglia a favore dell ‘ immobile donato a NOME COGNOME e a carico delle unità immobiliari trasferite a NOME e NOME COGNOME.
Viene, inoltre, lamentato: – che la Corte etnea avrebbe omesso l ‘ esame di ; – che la motivazione della sentenza risulterebbe .
Il ricorso è inammissibile.
Per consolidato orientamento di legittimità, le espressioni violazione o falsa applicazione di legge, di cui all ‘ art. 360, comma 1, n. 3) c.p.c. descrivono i due momenti nei quali si articola il giudizio di diritto, ovvero quello concernente la ricerca e l ‘ interpretazione della norma ritenuta regolatrice del caso concreto e quello afferente all ‘ applicazione della norma stessa, una volta correttamente individuata ed interpretata.
Più precisamente, il vizio di violazione di legge consiste nell ‘ inesatta ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e si risolve nella negazione o affermazione erronea dell ‘ esistenza o inesistenza di una norma, ovvero nell ‘ attribuzione ad essa di un contenuto che non possiede, avuto riguardo alla fattispecie in essa delineata, mentre il vizio di falsa applicazione di legge consiste o nell ‘ assumere la fattispecie concreta giudicata sotto una norma che non le si addice, perché la fattispecie astratta da essa prevista -pur rettamente individuata e interpretata- non è idonea a regolarla, o nel trarre dalla norma, in relazione alla fattispecie concreta, conseguenze giuridiche che contraddicano la pur corretta sua interpretazione.
Non rientra, invece, nell ‘ àmbito applicativo dell ‘ evocato paradigma processuale l ‘ allegazione di un ‘ erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa, la quale è esterna all ‘ esatta interpretazione della norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, sottratta perciò al sindacato di legittimità (cfr. Cass. n. 9293/2023, Cass. n. 21844/2022, Cass. n. 14199/2012, Cass. n. 21944/2020).
Va, inoltre, rilevato che, in ossequio all ‘ onere di specificità dei motivi sancito dall ‘ art. 366, comma 1, n. 4), c.p.c., il ricorrente che denunci un simile vizio è tenuto, a pena d ‘ inammissibilità della censura, a indicare le norme di legge di cui intende lamentare
la violazione, a esaminarne il contenuto precettivo e a raffrontarlo con le affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata, da richiamare espressamente, onde far risaltare che queste ultime non sono rispettose del precetto normativo, non potendosi demandare alla Corte il còmpito di individuare -con una ricerca esplorativa officiosa trascendente le sue funzioni- la norma violata o i punti della sentenza che si pongono in contrasto con essa (cfr. Cass. n. 19822/2023, Cass. n. 37257/2022, Cass. n. 17567/2022, Cass. n. 8003/2022, Cass. Sez. Un. n. 23745/2020).
Nel caso di specie, l ‘ onere deduttivo anzidetto non è stato assolto dalla ricorrente, la quale, attraverso l ‘ apparente denuncia di pretese violazioni di norme di legge e di princìpi di diritto, mira, in realtà -come da lei stessa apertamente ammesso (v. pag. 43 del ricorso)-, a sollecitare una diversa ricostruzione della quaestio facti rispetto a quella operata dalla Corte d ‘ Appello e ad ottenere un riesame del materiale probatorio, allo scopo di farne derivare una decisione diversa da quella cui è pervenuto il giudice distrettuale e conforme alle proprie aspettative.
Si tenta, per questa via, di realizzare la surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un non consentito terzo grado di merito (cfr. Cass. n. 12465/2022, Cass. n. 11261/2022, Cass. n. 8758/2017), così totalmente obliterandosi che il vizio di cui all ‘art. 360, comma 1, n. 3) c.p.c. non può essere mediato dalla riconsiderazione delle risultanze istruttorie (cfr. Cass. n. 33186/2023, Cass. n. 32398/2022, Cass. n. 15568/2020, Cass. n. 27475/2019).
In ordine agli ulteriori profili di censura sviluppati nei motivi in disamina, va osservato quanto segue.
Non può trovare ingresso in questa sede il vizio di omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio e oggetto di discussione fra le parti, in quanto, essendosi in presenza di una duplice conforme pronuncia di merito (cd. ), il ricorso per cassazione è
proponibile soltanto per i motivi di cui ai numeri 1), 2), 3) e 4) dell ‘ art. 360, comma 1, c.p.c., in base al combinato disposto dei commi 4 e 5 dell ‘ art. 348ter c.p.c., applicabile ratione temporis .
Quanto, poi, al lamentato difetto motivazionale della sentenza impugnata, esso è stato inammissibilmente denunciato secondo la vecchia formulazione dell ‘ art. 360, comma 1, n. 5) c.p.c. vigente anteriormente alle modifiche apportate dall ‘ art. 54 D.L. n. 83 del 2012, convertito, con modificazioni, in L. n. 134 del 2012 ( ).
Giova, al riguardo, rammentare che, in base all ‘ attuale testo della citata norma del codice di rito, che qui viene in rilievo, il sindacato di legittimità sulla motivazione deve ormai ritenersi circoscritto alla sola verifica dell ‘ inosservanza del c.d. «minimo costituzionale» richiesto dall ‘ art. 111, comma 6, della Carta fondamentale, individuabile nelle ipotesi -che si tramutano in vizio di nullità della sentenza per difetto del requisito di cui all ‘ art. 132, comma 2, n. 4) c.p.c.- di «mancanza assoluta di motivi sotto il profilo materiale e grafico», di «motivazione apparente» (cioè tale da non rendere percepibile il fondamento della decisione, perchè recante argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguìto dal giudice per la formazione del proprio convincimento: cfr., da ultimo, Cass. Sez. Un. n. 2767/2023 e la giurisprudenza ivi richiamata), di contrasto irriducibile fra affermazioni inconciliabili» e di «motivazione perplessa od incomprensibile», esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di «sufficienza» della motivazione; con la precisazione che l ‘ anomalia motivazionale deve emergere dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali (cfr., ex permultis , Cass. Sez. Un. 19881/2014, Cass. n. 12241/2020, Cass. n. 7090/2022, Cass. n. 8699/2022, Cass. Sez. Un. n. 37406/2022).
Nella fattispecie in esame, la motivazione della sentenza non risulta
affetta da alcuna delle gravi anomalie innanzi indicate, che peraltro nemmeno la stessa ricorrente prospetta.
Per le ragioni esposte, il ricorso va dichiarato inammissibile.
Le spese del presente giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo, con distrazione ex art. 93, comma 1, c.p.c. in favore del procuratore della controricorrente, dichiaratosi antistatario.
Stante l’esito dell’impugnazione, viene resa nei confronti della ricorrente l’attestazione di cui all’art. 13, comma 1quater , D.P .R. n. 115 del 2002 (Testo Unico delle spese di giustizia), inserito dall’art. 1, comma 17, L. n. 228 del 2012.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente a rifondere alla controparte le spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in complessivi 3.200 euro (di cui 200 per esborsi), oltre al rimborso forfettario delle spese generali nella misura del 15% e agli accessori di legge, distraendole in favore dell ‘ AVV_NOTAIO, procuratore antistatario.
Ai sensi dell’a rt. 13, comma 1quater , D.P .R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda