Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 20146 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 20146 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 22/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 8693/2023 R.G. proposto da: COGNOME NOMENOME COGNOME NOME, COGNOME NOME, domiciliazione telematica EMAIL, rappresentati e difesi dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
COGNOME NOME, RAGIONE_SOCIALE, domiciliazione telematica EMAIL, dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che li rappresenta e difende
-controricorrenti-
avverso la SENTENZA di CORTE D’APPELLO LECCE n. 330/2022, depositata il 21/03/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12/04/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che :
NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, hanno proposto ricorso, basato su motivo unico, corredato da memoria, per la cassazione della sentenza n. 330 del 2022 della Corte di appello di Lecce, esponendo che:
-questa Corte, con sentenza n. 31549 del 2018, aveva cassato la decisione della Corte di appello di Lecce n. 263 del 2014, che, nel liquidare il danno subìto dai congiunti di NOME per la sua morte, non aveva tenuto conto del lucro cessante;
-la Corte di appello aveva quindi liquidato la componente di danno in parola ricorrendo al parametro del tasso legale d’interesse, imputando i documentati pagamenti, intervenuti nel 2012, alla sorte capitale e, per l’eccedenza, agli interessi maturati alle rispettive date, determinando la differenza degli interessi ancora dovuti;
hanno resistito con controricorso NOME COGNOME e RAGIONE_SOCIALE;
il Consigliere delegato dal Presidente ha proposto la definizione anticipata del giudizio, per inammissibilità del ricorso in quanto carente della esposizione dei fatti processuali;
i ricorrenti si sono opposti chiedendo la decisione;
rilevato che :
con l’unico motivo si prospetta la violazione o falsa applicazione degli artt. 1193, 1194, 1223, 1283, cod. civ., poiché la Corte di appello avrebbe errato imputando i pagamenti prima al capitale e poi agli interessi invece del contrario, e, posto l’utilizzo del tasso d’interesse come parametro della componente del danno,
mancando di liquidare sul residuo la voce attinente al lucro cessante;
considerato che :
il ricorso è inammissibile;
come già osservato nella proposta di definizione anticipata, il ricorso manca innanzi tutto dell’esposizione compiuta dei fatti processuali, in violazione dell’art. 366, n. 3, cod. proc. civ.;
pur volendo limitarsi al residuo ancora da decidere, trattandosi di giudizio di rinvio, nell’atto di gravame:
-non si raffrontano i principî cassatori, neppure riferiti se non genericamente indicando che avevano vincolato alla liquidazione del lucro cessante (pag. 1), con quanto statuito e motivato dalla Corte di appello in ordine agli interessi c.d. compensativi rispetto agli acconti risultati;
-non si rende in altri termini per nulla comprensibile quanto apoditticamente affermato riguardo al fatto che vi sarebbe stata imputazione degli acconti prima al capitale, e «per l’eccedenza agli interessi maturati alle rispettive date» (pag. 2 del ricorso);
-in questo modo è impossibile comprendere perché residuerebbero somme dovute, e pertanto la potenziale concludenza dell’impugnazione;
inoltre, fermo restando che per il principio di specificità del ricorso per cassazione, codificato nell’art. 366, n. 6, cod. proc. civ., quest’ultimo deve autonomamente dare conto RAGIONE_SOCIALE proprie ragioni senza che sia necessario integrarlo alla luce di altri atti processuali, la Corte di appello (pagg. 9-10) ha esposto tre possibili criteri di liquidazione della posta dovuta a fronte degli acconti pagati, indicando di seguirne uno e ne ha ricostruito i passaggi conclusivi;
il ricorso non si confronta in alcun modo con tutto ciò, limitandosi a mere affermazioni;
né viene spiegato perché, in questo caso, si dovrebbe applicare il criterio d’imputazione evincibile dagli artt. 1193, 1194, cod. civ.;
non a caso questa Corte, pure di recente, ha chiarito che la liquidazione del danno da ritardato adempimento di un’obbligazione di valore, ove il debitore abbia pagato un acconto prima della quantificazione definitiva, deve avvenire: a) rendendo omogenei il credito risarcitorio e l’acconto, e perciò devalutandoli entrambi alla data dell’illecito oppure rivalutandoli entrambi alla data della liquidazione; b) detraendo l’acconto dal credito, e pertanto non imputandolo prima agli interessi in parola; c) calcolando gli interessi compensativi, individuando un saggio scelto in via equitativa, da applicarsi: per il periodo intercorso dalla data dell’illecito al pagamento dell’acconto, sull’intero capitale rivalutato anno per anno; per il periodo che va da quel pagamento fino alla liquidazione definitiva, sulla somma che residua dopo la detrazione dell’acconto, rivalutata annualmente (Cass., 7/08/2023, n. 23927, v. § 2.3., pag. 5, 2° capoverso, lettera b);
in coerenza con il principio di specificità del ricorso in sede di legittimità, è stato ripetutamente sottolineato che quando è denunziata violazione o falsa applicazione di norme di diritto, il vizio della sentenza dev’essere dedotto, a pena di inammissibilità, non solo mediante la puntuale indicazione RAGIONE_SOCIALE norme asseritamente violate, ma anche mediante specifiche argomentazioni, intese a dimostrare in quale modo determinate affermazioni in diritto, contenute nella sentenza gravata, debbano ritenersi in contrasto con le norme regolatrici della fattispecie o con l’interpretazione RAGIONE_SOCIALE stesse fornita dalla dottrina e dalla prevalente giurisprudenza di legittimità (cfr., ad esempio, Cass., 21/08/2020, n. 17570);
nulla di questo emerge nel laconico gravame in scrutinio;
ne deriva ulteriormente che risulta impossibile apprezzare l’ulteriore censura riferita nella parte finale del motivo, secondo cui «il tasso d’interesse è stato utilizzato come parametro per la liquidazione di una ulteriore componente di danno e non come tasso d’interesse vero e proprio, con la conseguenza che in ogni caso sulla componente residua all’esito RAGIONE_SOCIALE imputazioni dei pagamenti eseguiti… si sarebbe dovuta liquidare l’ulteriore componente a titolo di lucro cessante non potendo trovare applicazione in tale fattispecie l’art. 1283 cod. civ.» (ultima pagina 3);
in definitiva, il ricorso si limita ad affermazioni senza spiegare quanto assume oltre che senza confrontarsi con la specificità dei fatti processuali;
le spese debbono seguire la soccombenza così come le previste statuizioni ex art. 96, terzo e quarto comma, cod. proc. civ., di cui sussistono i presupposti per quanto sopra spiegato (cfr., Cass., Sez. U., 13/10/2023, n. 38540, Cass., Sez. U., 27/12/2023, n. 36069);
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti, in solido, alla rifusione RAGIONE_SOCIALE spese dei controricorrenti, in solidarietà attiva, liquidate in euro 4.500,00, oltre 200,00 euro per esborsi, al 15% di spese forfettarie e accessori legali. Condanna altresì i ricorrenti, in solido, al pagamento della somma di 4.000,00 euro in favore dei controricorrenti, in solidarietà attiva, e al pagamento dell’ulteriore somma di euro 1.000,00 in favore della RAGIONE_SOCIALE.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, al competente ufficio di merito, da parte dei ricorrenti, in solido, se dovuto, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso.
Così deciso in Roma, il 12/04/2024.